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Asta CATAWIKI Tex e Zagor
Ken Parker (2)
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Angelo1961
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 10:40 am    Oggetto: Rispondi citando

Ma voi che sapete tutto di lui, mi spiegate quale sia l'incompatibilità temporale tra questa storia e Faccia di Rame? Che inconguenza c'è?
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Archer
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 12:20 pm    Oggetto: Rispondi citando

Ho finito la storia questa mattina e sono ancora molto provato Sad
Commentero' pi' in la', per ora mi sento solo di dire che non e' un episodio piacevole ma credo che non ci si potesse aspettare di leggere l'ultimo episodio ed esserne divertiti, anche se io, in tutta onesta', non mi aspettavo questo epilogo. Di sicuro l'ho trovato toccante e non sono riuscito a pensare ad altro per tutta la mattina.

L'ho trovata una storia, per certi versi, necessaria e giusta. Puo' non piacerci quello che e' diventato Ken e neppure il modo in cui la storia si conclude, ma credo che qui si entri nel campo delle critiche che Burattini chiama "il lettore che lamenta che l'autore non ha scritto la storia come lui (il lettore) l'avrebbe voluta". Credo che ognuno di noi avrebbe immaginato un'ultima storia diversa e su misura, ma Berardi l'ha pensata cosi'. Avrebbe potuto ad esempio

SPOILER

dirci qualcosa su Teddy - Ken avrebbe potuto ricevere una lettera, o averlo incontrato durante la permanenza in carcere - ma appunto sono scelte dell'autore. In questa conclusione piuttosto amara non c'e' spazio per momenti consolatori. Puo' non piacere, ma e' una scelta dell'autore.

***
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Archer
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 12:20 pm    Oggetto: Rispondi citando

Sulle incongruenze temporali, provo a capirci qualcosa. Gioco ovviamente con le date e sono consapevole che e' "soltanto" un fumetto e non un trattato di storia. Ma con Ken questo giochino delle date e' stato tentato gia' tante volte e voglio partecipare anch'io. Perche' no? Wink

Dall'analisi di Faccia di rame che Manetti aveva fatto a suo tempo su UBC (http://www.ubcfumetti.com/kp/ipotesi.htm) sappiamo che Ken viene arrestato "al massimo, nei primi mesi del 1883" e l'ultimo riferimento temporale presente in quell'albo e' la data di morte di Ishi nel 1886. Ken viene ritratto, in quella storia, visitare la tomba dell'amico ma non sono presenti riferimenti temporali specifici; Manetti concludeva che quello era il Ken piu' anziano visto nella saga (fino ad allora). Fino a prima dell'uscita di questo ultimo albo, sapevamo quindi che Ken usciva di fatto di prigione (si recava a visitare la tomba di Ishi morto dopo il suo arresto) ma non sappiamo quando si sia svolta la scena finale di Faccia di rame.
Fin dove arriva il mattino si svolge nel 1908. Ken non specifica quando sia uscito di prigione, ma dice di esserci rimasto vent'anni (potrebbe essere un'approssimazione pero') ed esserne uscito per l'indulto del nuovo presidente.
Questo riferimento al nuovo presidente e' fondamentale, secondo me. Il 1908 e' l'anno in cui viene eletto Presidente degli Stati Uniti William Taft, che pero' giura ed entra in carica nel 1909. Quindi non e' lui ad indultare Ken.
Prima di Taft era stato in carica per due mandati Roosevelt (che come Presidente ha in effetti emanato 981 atti di clemenza). Visto il riferimento al nuovo Presidente, l'indulto di Ken dovrebbe essere avvenuto a seguito della prima elezione, nel 1901, di Roosevelt (che firmo' il suo primo atto di clemenza individuale nel 1903, ma questo e' probabilmente irrilevante).
Quindi Ken puo' essere stato arrestato a fine 1882 come dice Manetti e probabilmente indultato dal neo-eletto Roosevelt a ridosso del 1901: sono effettivamente circa 20 anni di carcere (come dice lui) ma anche circa sette anni di liberta' in cui matura l'ulteriore disillusione e la stanchezza che vediamo ora in quest'ultimo albo. Cio' puo' ben spiegare le supposte incongruenze con gli ultimi albi della serie che alcuni rilevavano. Cio' lascia anche un ulteriore "buco" di 7 anni nella vita di Ken in cui non sappiamo, ne' probabilmente sapremo mai, cosa gli sia successo, cosa l'abbia ulteriormente provato, perche' non e' riuscito a rivedere Teddy.

Postilla ulteriore: nel Montana l'indulto puo' essere concesso anche dal Governatore. Ken parla di "presidente" ma potrebbe usare il termine in modo impreciso. A piu' o meno 20 anni di distanza dal 1882/83 sono stati eletti governatori del Montana Robert B. Smith nel 1897, Toole nel 1901 e Norris nel 1908 (l'elezione effettiva avvenne pero' in novembre, mentre prima era era in carica come "facente funzioni" - probabilmente sarebbe stato troppo tardi per celebrare l'elezione con un indulto e far essere Ken libero in cosi' breve tempo). C'e' ancora il 1901 come data possibile, ma la scarcerazione potrebbe essere anticipata al 1897. Io resto dell'opinione che si tratti di Roosevelt nel 1901, ma in ogni caso sappiamo ora per certo che l'ultima storia non e' immediatamente successiva alla scarcerazione, e sappiamo di avere un buco nella biografia di Ken che va dagli undici ai sette anni.
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Ultima modifica di Archer il Lun Apr 13, 2015 2:42 pm, modificato 1 volta in totale
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 12:58 pm    Oggetto: Rispondi citando

Mi spingo poi oltre nella riflessione.
Se e' vero che Ken rimane libero per sette anni prima della conclusione della saga, allora quando in quest'ultimo albo afferma di

SPOILER

non aver visto Teddy per 20 anni cio' non significherebbe che non l'ha piu' visto dal momento dell'arresto, ma che al contrario l'ha rincontrato in prigione, piu' o meno quando aveva gia' speso sette anni in carcere. Qualcuno che ha l'albo Le avventure di Teddy Parker sottomano ricorda se conteneva indicazioni cronologiche di qualche tipo? Se questa ricostruzione e' plausibile, allora Teddy potrebbe aver raggiunto Ken in prigione. Ovviamente, il proposito di aiutarlo ad evadere si sara' presto rivelato illusorio e irrealizzabile per il pur volentoroso ragazzino. Ma cosa si saranno detti padre e figlio? Come mai quello sara' poi destinato a rimanere il loro ultimo incontro?
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 2:05 pm    Oggetto: Rispondi citando

Complimenti ad Archer per lo sforzo nel ricostruire una continuity credibile.

La mia impressione dopo aver letto la storia?

Questo problema e questo sforzo Berardi non se lo è minimamente posto. Solo pochi mesi fa (un anno o poco più) aveva un progetto totalmente diverso, come testimonia l'intervista al Secolo XIX.
Alla fine per un motivo imprecisato ha cambiato idea in corsa... e in corsa (ma io direi "di corsa"...) ha scritto questa storia posticcia, riciclando peraltro l'intero Canto di Natale già pubblicato.

Ovviamente non sarà così, visto che gli autori sono loro e non io. Ma *PER ME* questa è una storia di fantasia, non una storia dello stesso Ken Parkerche abbiamo visto fino a Canto di Natale.
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 2:23 pm    Oggetto: Rispondi citando

Il progetto esposto nell'intervista al Secolo XIX rimane anche per me un motivo di rammarico, piu' che un punto interrogativo. Io pero' credo che il motivo non sia "imprecisato", ma probabilmente, come gia' nel caso del progetto Panini citato in questo stesso volume, non si sia trovato l'accordo per una collaborazione piu' lunga. Forse le vendite di questa serie non sono abbastanza buone da giustificare un prosecuzione di piu' ampio respiro, forse gli impegni di Berardi con Julia si sono rivelati piu' gravosi del previsto, forse i due autori non hanno trovato stimoli sufficienti per riprendere la collaborazione storica interrotta ormai da 20 anni. Probabilmente, visto che ne' Berardi ne' Milazzo sono particolarmente estroversi o interattivi con i fan sul web, non siamo destinati a saperlo.

La mia sensazione e' che tanti appassionati avrebbero voluto sapere che Ken alla fine di tutto tornava a correre libero e felice, Berardi ha invece inteso concludere la serie (intesa anche come avventura editoriale) prima ancora della continuity del personaggio.
A ogni avventura conclusiva si puo' sempre aggiungere un ulteriore "dopo", una nuova evoluzione narrativa: pensate al Piccolo Ranger che Boselli ha ripreso in mano nel 1992, per esempio, a Twin Peaks di cui potrebbe mettersi ora in cantiere la terza serie, o alle tante serie di Jonathan Steele. Ma KP ha gia' avuto tante nuove incarnazioni editoriali e probabilmente Berardi voleva mettere un punto fermo definitivo.
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 2:45 pm    Oggetto: Rispondi citando

Questo è assolutamente un dato di fatto, Archer: ne sono convintissimo.

E' il "come" che mi lascia perplesso Laughing

NB: a scanso di equivoci lo ripeto ancora una volta. NON avrei gradito un lieto fine nè tantomeno consolatorio. Ma un MINIMO di impegno nel tirare le fila alle trame in sospeso (che poi in realtà è solo la ricerca di Theba, più il viaggio sulla tomba di Ishi... in mezza paginetta volendo poteva risolvere), e magari nel rappresentare un Ken meno nichilista e passivo (come infatti NON era stato pochissimo tempo prima durante la vendetta in carcere).

E' ovvio che i suoi (e i miei Sad ) ideali sono usciti sconfitti dalla Storia (per ora Wink ) Io non mi aspettavo affatto l'happy ending. Ma un finale con Ken Parker sì...
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 2:59 pm    Oggetto: Rispondi citando

Sono d'accordo con te su un punto e in disaccordo su un altro.

Disaccordo: io credo che tra la vendetta di Canto di Natale e quest'albo non trascorra "pochissimo tempo" ma, appunto, anni, e giustifico in questo modo il Ken nichilista e passivo come dici tu. In realta' Berardi in qualche modo anticipava gia' questo sviluppo narrativo nella famosa intervista, quando rifletteva sul fatto che Ken e' sempre stato in qualche modo l'alter ego dei suoi pensieri e sogni e non poteva, quindi, riprenderlo quarantenne. Personalmente, questo era il cambiamento che piu' mi aspettavo e temevo: il "nuovo" Berardi disilluso e non piu' sognatore e' gia' evidente, sulle pagine di Julia, da anni e io l'avevo scritto proprio in questo topic alla notizia della ripresa della serie. A mio modo di vedere, poiche' KP e' "necessariamente" la cassa di risonanza dei pensieri di GB, il Ken nichilista era un prezzo necessario che dovevamo pagare per poter rivederlo in azione. L'unica alternativa sarebbe stata non leggere piu' niente di nuovo, non avendo a disposizione la macchina del tempo per riportare Berardi indietro ai suoi quarant'anni.

Sono invece d'accordo con la riflessione che almeno la linea narrativa di Teddy si sarebbe potuta chiudere. A dire il vero, sono tanti i personaggi di cui non abbiamo piu' saputo nulla (Pat, Fanny, Belle) ma, come si dice, c'est la vie: Ken non ne ha saputo piu' nulla e quindi nemmeno noi. In un certo senso, si potrebbe dire lo stesso di Teddy: Ken lo ha perso di vista e bisogna ammetterlo e accettarlo. Gia' in Boston aveva dovuto faticosamente ricucire il loro rapporto e non e' detto che dopo vent'anni di ulteriore assenza cio' fosse ancora possibile. In un'epoca in cui non c'erano social networks, telefoni cellulari e GPS, Ken ha semplicemente perso di vista per sempre un figlio amato ma con cui, in realta', aveva potuto condividere solo pochi mesi nell'arco dell'intera vita. E' una cosa che, nella vita, gli e' andata male.
Io almeno me la sono spiegata cosi'. Pero' sono d'accordo con te, che da un punto di vista puramente formale, aver pubblicato un intero albo dedicato al viaggio di Teddy meritava che questa linea narrativa trovasse una qualche conclusione.
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 3:06 pm    Oggetto: Rispondi citando

Io, invece, ho trovato la storia perfettamente in linea col personaggio, la conclusone della saga perfettamente nello stile narrativo di Berardi ed i disegni nel perfetto stile di Milazzo. Quindi, tutto perfetto, nel suo doloroso epilogo.

Sorrido, pensando a chi immaginava/auspicava l’abbraccio con Tebha/Teddy o le lacrime sulle tombe dei genitori.

Ken non è mai stato né un buon padre, né un buon figlio. E’ doloroso ammetterlo, ma è cosi. La bellezza del personaggio è proprio quella: è pieno di pregi, ma anche di difetti. Per otto anni ha abbandonato i genitori, dopo la morte del fratello, e la frase della mamma in “casa dolce casa” (vado a memoria) “cosi è come avessimo perso due figli, non uno”, rende benissimo l’idea. Poi, il figlio (figlio ?) abbandonato per altrettanto tempo (da “Chemako” a “Boston”). Sono eventi pluriennali e dolorosi della vita di Ken che rendono perfettamente l’idea dei limiti umani della persona (persona, non personaggio).

Io lo immagino così: Ken è uscito dal carcere, anziano, provato nel fisico e nella mente e rassegnato alla “sopravvivenza”, più che alla “vita”. Sa che i genitori sono morti ed il figlio è cresciuto e sistemato (magari è avvocato nello studio legale del marito di Belle, magari è pure sposato e magari Ken è puro nonno). Ha avuto tutte le notizie in carcere, ovviamente. Sa che deve andare a visitare i suoi cari, ma non ha fretta, così come non ha mai avuto fretta di tornare a casa (dolce casa), né di andare a Boston. Sa che lo deve fare e lo farà … prima o poi. Ma soprattutto lo teme. Teme l’impatto “sentimentale” che un incontro di questo tipo potrebbe avere nei confronti di se stesso (sensi di colpa) e degli altri (vergogna). E quindi non rappresenta una priorità. Lo sarebbe per qualsiasi eroe, lui è umano, come noi. Lo avrebbe fatto, prima o poi, se il destino (Berardi) non avesse deciso altrettanto. Prima o poi …

Ma non in quel momento. Non c’era fretta. Non ho difficoltà ad immaginarlo, una volta graziato e fuori dal carcere (era ormai rassegnato all’ergastolo), anziano e malandato, con mille pensieri in testa, diviso tra la voglia di sole e aria (libertà) ed il pensiero di dover fare ciò che per una vita non ha saputo (e voluto) fare. Pur di sbarcare il lunario si aggrega a dei farabutti avanzi di galera (né più né meno di quello che è lui). Lo fa per bisogno, non perché spera di liberare le due donne o per chi sa quale motivo recondito. Non è una storia di Ken, è la storia di Ken. La realtà è quella di un uomo che lascia correre gli eventi e segue la corrente. Si unisce alla banda di fuorilegge solo per mettere un po’ di refurtiva in tasca. Fa il palo alla rapina perché lo vuole fare. Ha bisogno di soldi. Non immagina certo che finisca in strage, la rapina. Una volta che ciò succede, non può certo pensare di divincolarsi. Sa benissimo che la giustizia lo perseguiterebbe di nuovo. Gli eventi che ne conseguono, sino all’epilogo, sono naturali. Non spara contro lo sceriffo ed i suoi aiutanti perché sa che sarebbe ingiusto. Accetterebbe la morte nello scontro a fuoco, ma ciò non accade. Quando scopre che sono rimasti vivi solo in tre … solo in quel preciso momento pensa ed attua la vendetta per i soprusi subiti dalla due donne. Ciò che ne consegue sono solo eventi fortuiti che fanno parte della vita. I personaggi di fantasia ne sono immuni. Le persone no. Doveva capitare, prima o poi, che qualcosa andasse “troppo” male. Capiterà anche a noi, prima o poi. A Tex no. A Zagor no. A noi e a Ken si.

Per finire, l’unica nota stonata (proprio non la capisco) è la madre che spara alla figlia. Da padre, lo ritengo un gesto inconcepibile, persino nell’evolversi incredibile degli eventi che hanno trascinato la povera madre. Sempre che … madre e figlia … padre e figlio … non sia questo un modo (tragico) in cui Berardi ha voluto esprimere l’assurdità di ciò che lui ha fatto, volontariamente. Lui (padre) con Ken (figlio).

So long.

PS. Giugno 1977, c’ero. Aprile 2015, ci sono.
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 3:22 pm    Oggetto: Rispondi citando

Una storia che fa male.

E' vero che la saga di KP - fin dagli esordi - ha abituato i suoi lettori ai colpi allo stomaco... solo che stavolta il cazzotto ha colpito veramente basso.
Fin troppo. Sad
Non sono tra quelli che hanno auspicato per anni il ritorno di Ken in un'ultima avventura d'addio... Per me, la saga avrebbe potuto benissimo concludersi con Faccia di Rame, lasciando ai lettori la facoltà di decidere, con la loro immaginazione, il destino dell'eroe: una dipartita tranquilla tra gli affetti, una morte wagneriana, la partenza verso nuove terre e avventure, l'oblìo tra le pieghe della Storia...
A ciascuno il suo, come si dice.

Non sono nemmeno tra quelli convinti che Ken dovesse avere un finale ottimista, o consolatorio.
Chiunque abbia seguito e amato la travagliata avventura Kenparkeriana sa benissimo che aspettarsi un finale di questo tipo sarebbe come sperare di leggere l'ultima avventura di Tex con il ranger che spara ai tre pards e poi si fa saltare le cervella.
Pura fantascienza.

Al finale di Fin dove arriva il mattino ero preparato.
O meglio: ero preparato al cosa. Non ero preparato al come.

Fatto salvo il diritto degli autori - qualsiasi autore - di scrivere qualunque cosa in qualunque modo, resta la grande domanda:

Davvero Ken Parker meritava un finale così?

Mi servirà un po' di tempo per pensarci su. Una decina d'anni, magari.

E comunque - se non lo si è capito - questa non è una recensione.
E' un epitaffio.

So long, Ken.
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 5:20 pm    Oggetto: Rispondi citando

Alfa ha scritto:
...La realtà è quella di un uomo che lascia correre gli eventi e segue la corrente. Si unisce alla banda di fuorilegge solo per mettere un po’ di refurtiva in tasca. Fa il palo alla rapina perché lo vuole fare. Ha bisogno di soldi. Non immagina certo che finisca in strage, la rapina. Una volta che ciò succede, non può certo pensare di divincolarsi. Sa benissimo che la giustizia lo perseguiterebbe di nuovo. Gli eventi che ne conseguono, sino all’epilogo, sono naturali. Non spara contro lo sceriffo ed i suoi aiutanti perché sa che sarebbe ingiusto. Accetterebbe la morte nello scontro a fuoco, ma ciò non accade. Quando scopre che sono rimasti vivi solo in tre … solo in quel preciso momento pensa ed attua la vendetta per i soprusi subiti dalla due donne.

Non sono assolutamente d'accordo con la tua chiave di lettura.
Che, intendiamoci, è legittima e la rispetto.
Ken Parker non si aggrega alla banda per sbarcare il lunario, KP si aggrega per salvare le donne. Ma è pienamente consapevole di non avere più 30 anni. Di essere un 60enne, pieno di acciacchi, provato da anni di galera.
Attende il momento propizio per provare a salvarle. E ci riuscirebbe, pure.
Ma quello che non ha messo in conto è la beffa finale. Ovvero che la vittima sia stata plagiata (sindrome di Stoccolma) al punto di prendersela con il suo salvatore.
Come le intendi le prime due vignette di pag.51?
Secondo me, KP approfitta della situazione in cui è solo, per facilitare l'inseguimento alla banda da parte dello sceriffo dopo la rapina.
Magari facendo perdere lo zoccolo ad uno dei cavalli.
Insomma, c'era tutta l'intenzionalità di KP di sabotare dall'interno la banda.
A modo suo, certo, non come un Tex che li avrebbe stesi in quattro e quattr'otto appena visti.
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Carlo_Monni
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 7:23 pm    Oggetto: Rispondi citando

Provo a dire la mia sulla questione date.
Stando alla data indicata sul colophon di "Il marchio dei McCormack" sul volume n. 39 della Mondadori (data che immagino indicata da Berardi e non scelta a caso dai redattori) Ken viene arrestato nel 1883. Theodore Roosevelt viene eletto Vice Presidente nel novembre 1900 ed entra in carica il 4 marzo 1901. Diventa Presidente il 14 settembre dello stesso dopo che il Presidente William McKinley muore in seguito ad un attentato. Si presenta e viene eletto nel novembre 1904. Giura nuovamente come Presidente il 4 marzo 1905.
A pag. 97 di "Fin dove arriva il mattino", Ken dice che dopo l'elezione il nuovo Presidente ha voluto fare un gesto di buona volontà.
A prenderla alla lettera parola per parola ci sono un po' di problemi perché
A) nel 1900 Roosevelt non viene eletto Presidente ma Vice Presidente e quando entra in carica a causa della morte di McKinley è già passato quasi un anno dall'elezione. B) Dopo le elezioni del 1900 William McKinley non era comunque un nuovo Presidente perché era al secondo mandato essendo già stato eletto nel 1896 C) Nemmeno Roosevelt sarebbe stato considerato un nuovo Presidente dopo le elezioni del 1904, visto che era già in carica da almeno 3 anni. D) Con riferimento al periodo in cui è ambientata questa storia "Nuovo Presidente" dopo un'elezione poteva essere solo William McKinley dal 4 marzo 1897 (troppo presto rispetto a quanto dice Ken) o William Howard Taft dal 4 marzo 1909 (troppo tardi rispetto all'ambientazione della vicenda).
La mia idea è che Berardi si sia confuso: lui voleva alludere a Taft sapendo che era stato eletto nel 1908 ma non ha tenuto conto dei tempi tecnici dell'elezione e dell'entrata in carica.
Non c'è via d'uscita: o si ignora il riferimento a "dopo l'elezione" e si tiene da conto solo il riferimento al "nuovo Presidente" e allora Ken è stato liberato a fine 1901 dopo 18 anni di carcere oppure si tiene conto solo del riferimento alle elezioni e allora se ne deduce che Ken è stato liberato nel 1905 dopo 22 anni di carcere.
Non si scappa. Io e Archer siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Laughing

Un'ultima cosa: è evidente, almeno per me, che "Canto di Natale" si svolge diversi anni prima rispetto a "Fin dove arriva il mattino".
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Carlo
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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 10:42 pm    Oggetto: Rispondi citando

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L’avventura è finita; umana o disumana che sia, è giunta al momento finale. Era previsto. Era scritto.
Ken doveva morire, questo è il punto. Doveva finire, e in realtà ce lo aspettavamo tutti. Continuavamo da un lato a volere la prosecuzione delle sue avventure, che si ponesse fine a una conclusione da misero galeotto, come era ridotto a essere il nostro Ken; dall’altro però eravamo tutti terrorizzati all’idea che la parola “fine” stavolta fosse concretamente definitiva.
Credo che in quest’ultima storia non ci sia minimamente alcuna possibilità di fare considerazioni sulle coerenze temporali o sulle coerenze rispetto alla continuity della vicenda personale di Ken e delle persone a lui care; a questo punto Teddy-Theba, Jed e Lucy (genitori) o Belle non contavano più tanto. La questione era tra Ken e i suoi due autori, e doveva essere chiusa. Diciamo che si potrebbe utilizzare una tipica frase da film western di serie B: in questo mondo non c’era abbastanza spazio per tutti e due (tre).
Ken è solo, circondato da estranei, o almeno estranei a noi lettori, avviato verso la sua ineluttabile fine. I suoi autori non sembrano in realtà preoccupati di altro che condurlo verso l’inevitabile, verso quel burrone dal quale hanno definitivamente deciso di farlo precipitare. Probabilmente c’era un “patto scellerato” in tal senso sin dall’inizio, per cui il resto non conta. Ken muore in modo romantico, inevitabilmente poco eroico (almeno considerando chi gli spara), dopo una vicenda in cui di eroico in fondo c’è ben poco. È piegato dagli eventi che lo hanno circondato e sconfitto. Evidentemente si unisce al gruppo dei malviventi allo scopo di salvare le due donne, come tutti noi lettori kenparkeriani inizialmente non facciamo fatica a immaginare e sperare, ma poi ci stupisce nell’adeguarsi pedissequamente alle situazioni indegne che gli si propongono intorno, fino a farsi avanti per “fare la sua parte” al momento della rapina. E noi lì a chiederci cosa stia succedendo.
In realtà alla base c’è il fatto che Ken deve morire: deve morire nel corpo e nell’anima, così come - evidentemente – nel cuore di noi lettori. Il suo mondo, la sua lettura filosofica della vita, la sua capacità di trarre insegnamento da quanto gli accade non esistono più. Secondo il principio per cui il carcere cambia le persone, rendendole fragili e spietate, egli cerca di farci accettare un suo essere diventato accondiscendente anche rispetto ai criminali che lo circondano. È ovvio che la trama avrebbe potuto essere diversa. All’inizio della storia Ken uccide al volo un’anatra col suo fucile: ciò significa che ha ancora un’ottima mira, che avrebbe potuto organizzare una serie di agguati ai banditi, secondo quello stile che nei tempi abbiamo imparato a conoscere, e riuscire nell’intento, o morire nel tentativo. Ma la sensazione è che lui debba morire da antieroe; questo è l’obiettivo che si deve raggiungere. Forse l’intento è veramente quello di cancellarlo anche dai nostri cuori, in modo che noi lettori possiamo finalmente smettere di chiedere al duo Berardi-Milazzo di scrivere e disegnare un’altra storia, di proseguire la saga, di continuare ad affabularci col loro racconto.
La sua storia avrebbe potuto continuare in qualche altro modo? Forse sì. Avrebbe potuto andare a piangere sulla tomba dei suoi genitori, rivedere Belle e suo marito, riallacciare i rapporti con Teddy. Ma poi? Seriamente, avrebbe mai potuto riprendere a cavalcare libero e selvaggio? Indiscutibilmente sfiduciato in qualunque dei valori in cui aveva creduto, come la giustizia, l’amicizia, il reciproco rispetto, quale altro destino avrebbe potuto avere? La sua morte era inevitabile. La sua avventura non poteva, onestamente, finire bene. È discutibile il modo, la brevità della storia finale, il suo essere così esageratamente connessa con la precedente Canto di Natale, quasi ne dovesse essere una sorta di epilogo, anche se in più di un momento non se ne comprende il nesso. È per rincarare in tutti noi il senso di amarezza che ormai pervade il vecchio Ken? In realtà, quella vicenda più che disincanto aveva determinato in lui una forte voglia di reagire, di rimettere almeno alcune piccole cose al loro giusto posto. Ma in ogni caso, l’epilogo del nostro vecchio amico era già scritto, forse già al momento dell’uscita dell’ultimo albo.
Non mi scervellerei più di tanto a cercare connessioni storiche che consentano di collocare temporalmente le varie vicende. Mi sembra evidente che è un problema che gli autori non si sono posti più di tanto. I quattro speciali usciti a suo tempo (a parte forse I condannati) erano appunto “speciali”, o perché risalivano indietro nel tempo (Ai tempi del Pony Express), o perché concentravano l’attenzione su un altro protagonista (Le avventure di Teddy Parker), o perché andavano alla ricerca di filoni alternativi (Faccia di Rame); la sensazione era quella della ricerca di altri sbocchi rispetto all’ineluttabile. Più di una volta si era lasciato capire che non c’era veramente intenzione di tirar fuori Ken da quella galera, si era detto che il mondo non era più adatto a lui e al suo personaggio, e così via. Ciò lasciva capire che tirarlo fuori voleva dire farlo morire. Qualcuno forse si era illuso del contrario, ci aveva sperato, ma a ripensarci, anche conoscendo bene i due autori, non era possibile.
Ken non cavalcherà più, non guiderà più nessuno, non andrà più a caccia, non trasmetterà più i suoi insegnamenti. In realtà resta con noi, che lo abbiamo sempre seguito, che lo abbiamo sempre riletto e riguardato, e continueremo a farlo, perché comunque la sua resta una parabola assolutamente unica nel mondo del fumetto d’avventura, resta un percorso che si può seguire nuovamente ogni volta che si vuole. Forse è poco ottimista, ma di certo è in grado di insegnare tanto, di aprire le menti e di far sognare.
So long, Ken, sono sicuro di ritrovarti sempre lungo la mia strada…


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MessaggioInviato: Lun Apr 13, 2015 11:27 pm    Oggetto: Rispondi citando

Rispondo sulla questione-date a Carlo, perché ormai che siamo in ballo balliamo Wink In realtà sono d'accordo che si tratti di una questione sostanzialmente didascalica, ma può nascondere qualche spunto di riflessione comunque.

Non avevo tenuto conto del fatto che Roosevelt, come Carlo ricorda, entra in carica nel 1901 ma viene effettivamente eletto più tardi. Carlo stesso suggerisce che potrebbe comunque trascurarsi l'indicazione dell'indulto concesso dopo l'elezione e prendere per buona la data del 1901. In effetti sappiamo che già nel 1903 Roosevelt concedeva misure di clemenza.
Tuttavia sono d'accordo col ritenere che probabilmente Berardi intendeva, a questo punto, l'elezione di Taft nel 1908. E' più consono con il consueto rigore documentaristico della serie, e comunque potrebbe ritenersi corroborato dal fatto che Ken si trovi ancora nello stesso Stato.
A questo punto però viene meno la mia teoria sul "buco" dei sette anni tra l'uscita di prigione e l'ultima storia, in cui ognuno poteva immaginare Ken incontrare qualunque (o nessuno) dei personaggi storici prima di andare incontro alla sua sorte. Invece no. Mi spiace. Sad

Non ci sono però indicazioni sull'epoca di Canto di Natale, in cui in effetti Ken si mostra molto più energetico e in gamba che in queste ultime pagine. In mancanza di indicazioni precise, è più consono e coerente considerare la vicenda ambientata un certo numero di anni addietro.
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MessaggioInviato: Mar Apr 14, 2015 12:52 am    Oggetto: Rispondi citando

Archer ha scritto:
Rispondo sulla questione-date a Carlo, perché ormai che siamo in ballo balliamo Wink In realtà sono d'accordo che si tratti di una questione sostanzialmente didascalica, ma può nascondere qualche spunto di riflessione comunque.

Non avevo tenuto conto del fatto che Roosevelt, come Carlo ricorda, entra in carica nel 1901 ma viene effettivamente eletto più tardi. Carlo stesso suggerisce che potrebbe comunque trascurarsi l'indicazione dell'indulto concesso dopo l'elezione e prendere per buona la data del 1901. In effetti sappiamo che già nel 1903 Roosevelt concedeva misure di clemenza.
Tuttavia sono d'accordo col ritenere che probabilmente Berardi intendeva, a questo punto, l'elezione di Taft nel 1908. E' più consono con il consueto rigore documentaristico della serie, e comunque potrebbe ritenersi corroborato dal fatto che Ken si trovi ancora nello stesso Stato.


Ma se anche Berardi avesse inteso riferirsi all'elezione di Taft, avrebbe preso una cantonata grossa come una casa perché Taft viene eletto il 3 novembre 1908 ed entra in carica il 4 marzo 1909 ma la storia si svolge nella primavera 1908 cioè molto prima che Taft venisse eletto.
E si ritorna da capo o 1901 o 1905.
Non ci vedo molto rigore documentaristico, purtroppo, ma un vero e proprio errore. Sad
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