IL VILLAGGIO DEL MISTERO - Recensione di GIAMPIERO BELARDINELLI
Il villaggio del mistero, Zagor Gigante n. 472 (Zenith n. 523)
Oscure presenze, Zagor Gigante n. 473 (Zenith n. 524)
Soggetto e sceneggiatura di Moreno Burattini
Disegni di Marco Torricelli
Copertine di Gallieno Ferri
Novembre/Dicembre 2004 -
188 tavole
La prima parte dell'avventura ha un inizio classico e tradizionale, anche nel disegno, per poi assumere atmosfere ansiogene e squisitamente horror. Infatti, il motivo di sottofondo del racconto è la ricerca di due pericolosi fuorilegge, i quali finiscono inevitabilmente per scontrasi con i Nostri: un po' come nell'avventura Il fuoco dal cielo. Le sequenze più inquietanti sono quelle in cui i coloni giunti dalla Moldavia scoprono il cadavere impiccato del sacerdote: in questa scena c'è una maligna e orripilante ferocia apocalittica, cioè l'intenzione di far intendere ai vivi che, in qualsiasi momento, la morte è padrona dei nostri destini.
Il racconto può considerarsi un interludio in attesa della grande saga che ci terrà compagnia fino a maggio. Burattini ha giostrato abilmente con gli ingredienti a sua disposizione e ha architettato una soluzione intelligente: la minaccia arriva dai vivi e, come nel romanzo Mucchio d'ossa di Stephen King , i morti si pongono come barriera contro la malvagità degli umani. Lo sceneggiatore ha creato un meccanismo in cui il realismo non smentisce l'irreale. La vicenda, soprattutto, evidenzia come l'intolleranza sia il prodromo del fanatismo. C'è infatti un richiamo a stragi come quelle consumate in Algeria, dove migliaia di persone sono state trucidate a colpi di machete. Il racconto è un piccolo compendio dell'approccio di Burattini alla serie: storie anche inquietanti o fantastiche, ma sempre venate da una solida base di engagement, cioè di impegno civile. Nel racconto Zagor è ancora una volta risolutivo ed è dotato di uno spiccato intuito nonché di una notevole apertura mentale: infatti, comprende le potenzialità della vecchia Hanu e la invita ad evocare gli spiriti dei morti uccisi dai Cajun. Burattini sembra suggerirci che la realtà non è sempre così come ci appare dinanzi ai nostri occhi e che, al di là delle barriere del tempo e dello spazio, il trascendente convive accanto a noi.
I disegni di Torricelli si adattano alle atmosfere della sceneggiatura, un segno più robusto nelle scene western e un tratteggio più fitto e sottile nelle sequenze horror. La qualità più evidente del lavoro grafico di Torricelli è infatti la continua metamorfosi stilistica. Le sequenze in cui i coloni moldavi giungono nel villaggio deserto sono una piccola antologia del fumetto dell'orrore, quello maturo e consapevole. Il villaggio è stato ricostruito dall'autore con un attenzione certosina che, però, non va a discapito di quell'atmosfera di morte che lo sceneggiatore ha voluto trasmettere ai lettori.
Il Voto
****
Legenda
* Pessimo
** Scarso
*** Sufficiente
**** Buono
***** Ottimo
****** Capolavoro