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La maledizione del Poseidon - Recensione di GIAMPIERO BELARDINELLI

Speciale Zagor n. 18

Soggetto di Vittorio Sossi

Sceneggiatura di Moreno Burattini

Disegni e copertina di Gallieno Ferri

Aprile 2006 - 160 tavole


Dopo gli ultimi due deludenti speciali, la collana annuale torna in edicola con un'avventura ideata da Vittorio Sossi (uno degli utenti del forum) e sceneggiata da Moreno Burattini . Già dalla visionaria copertina di Gallieno Ferri si intuiscono le potenzialità del racconto, adattissimo per tentare di catturare e magari fidelizzare il lettore occasionale. Il Fantastico è il filone che più facilmente potrebbe attirare il lettore di passaggio (mediamente giovane: più o meno tra i 20 e i 30 anni). Tra le serie televisive più gettonate ci sono quelle che si incentrano sul mistero, sull'orrido o sul magico; e, guarda caso, nel serial televisivo di culto del periodo, Lost , gli sceneggiatori hanno amalgamato con sapienza tutte e tre le caratteristiche sopraccitate. Lo Speciale, per quanto è possibile, dovrebbe attenersi a questa regola non scritta. Naturalmente non basta intrigare i lettori con trucchi ed effetti speciali, occorre scrivere dei racconti dall'impianto solido e strutturato. Sossi e Burattini hanno centrato l'obbiettivo e hanno confezionato un avvincente e “spericolato” viaggio tra le dimensioni parallele, e hanno volutamente varcato la soglia di una “regione che si trova… ai confini della realtà”.


Nell'ideazione del soggetto Sossi ha omaggiato il classico Zagor 200 , sia nelle atmosfere sia con un esplicito richiamo al fiume Susquehanna (cfr. p. 25), teatro dell'inquietante dramma zombico di sclaviana memoria. E come in quella vicenda troviamo Digging Bill , qui sotto le mentite spoglie del professor Williams , affiancato al cartografo Myer ( questo cognome ricorda il nickname di Sossi) . Il nostro scavatore non riesce quasi mai a mettere mano su un tesoro, però è innegabile che sia sempre più documentato e preciso nelle sue informazioni. Come è poi accaduto nelle sue più recenti apparizioni, gli attuali sceneggiatori hanno valorizzato la lezione di Sclavi ne Il tesoro maledetto .


Il punto di forza del racconto è riscontrabile nelle suggestive atmosfere evocate e nella soluzione architettata dagli autori. Burattini ha ben condotto il soggetto di Sossi e l'idea del limbo metafisico è davvero affascinante. In quelle sequenze si avverte il senso di smarrimento dei Nostri, puntualmente rintuzzato dal vigore di Zagor nel calarsi in quella nuova “irreale realtà”. È certamente vero che le 160 tavole a disposizione degli autori non hanno permesso un adeguato approfondimento psicologico dei molti personaggi, però la figura femminile del racconto è ben calibrata e moderna. La contessa Elisa è una sorta i catalizzatrice di eventi soprannaturali. Dinanzi a tali inspiegabili fenomeni, la giovane donna non reagisce con chiusura e con il rifiuto assoluto dei positivisti, ma con l'idea possibile che, oltre la realtà materiale, si celino fatti che la mente umana potrebbe non comprendere, se non lasciandosi guidare da un ancestrale istinto. E grazie a questa apertura mentale che Elisa non impazzisce dinanzi a “quell'orrore indicibile”. Dopo una lunga preparazione, fatta di atmosfere sospese e inquietanti presenze, i Nostri si trovano catapultati a bordo della seicentesca Poseidon , dinanzi agli antenati di Elisa Van Dorsen e Henry Hamilton , imprigionati in quell'inferno metafisico. Qui il segno di Gallieno Ferri ci trasporta incantati nella dimensione del sogno e dell'avventura sfrenata dove il racconto raggiunge il suo apogeo narrativo. Le facce raggrinzite dei marinai della Poseidon sembrano quasi ammonirci sul delirio di o­nnipotenza che cova nell'animo dell'uomo moderno: il patetico tentativo di sconfiggere la morte. Anche se, nello specifico, i marinai della Poseidon non erano morti ma condannati un eterno invecchiamento senza “riposo”. Nei racconti del soprannaturale più riusciti, non a caso, troviamo il tema della morte e del ritorno dalla morte: tra questi uno dei capolavori letterari di Stephen King , Pet Sematary , in cui lo scrittore compie una profonda riflessione su come essa incida nelle nostre vite fino a sconvolgerle del tutto. Ed è anche una riflessione sull'inadeguatezza di tutte le nostre convinzioni, che vengono spazzate via dal mistero più angosciante che accompagna da sempre l'umana esistenza. E, rispetto a King , compiendo un ampio e per niente irriverente giro tematico, voglio segnalare le profonde intuizioni di Tiziano Terzani che, nel libro-testamento La fine è il mio principio (Longanesi, 2006), osserva: «E se impari a morire vivendo, come ben insegnano i saggi del passato – i sufi, i greci, i nostri amati rishi dell'Himalaya – allora ti abitui a non riconoscerti in queste cose [proprietà, desideri, identità, N.d.A.], a riconoscerne il valore transitorio, ridicolo, impermanente».


La vicenda del capitano Daniel Van Dorsen sembra un severo monito all'illusione di eternità che invece si prefigura come una dannazione in un inferno lastricato di sofferenze: molto meglio la realtà terrena, in cui il decadimento fisco e poi la morte sono il massimo compimento di un'esistenza vissuta con passione e consapevolezza.

Sossi e Burattini , da bravi narratori popolari, sono riusciti ad accompagnare il lettore in un gioco di brividi e divertimento e, allo stesso tempo, hanno inserito un sottotesto in cui l'orrore è visto come una struggente metafora dell'esistenza umana.


Il Voto 8