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UN LORD A DARKWOOD - Recensione di GIAMPIERO BELARDINELLI

 

Un Lord a Darkwood , Zagor Gigante n. 483 (Zenith n. 534)

Gente di frontiera , Zagor Gigante n. 484 (Zenith n. 535)

Soggetto e sceneggiatura di Luigi Mignacco

Disegni di Alessandro Chiarolla

Copertine di Gallieno Ferri

Ottobre/Novembre 2005 - 188 tavole

Quarta storia di Mignacco, un numero già sufficiente per trarne delle considerazioni, certo non definitive, del suo approccio con il complesso mondo zagoriano. Lo sceneggiatore mostra di aver recepito l’alone mitico che, a distanza di oltre quaranta anni di vita editoriale, ancora circonda il personaggio. Non a caso l’avventura prende il via da Pleasant Point, luogo primigenio della saga zagoriana. L’inizio è scoppiettate e divertente, con un ammiccamento voluto all’incipit boselliano di Uno straniero a Pleasant Point (Zagor Gigante n. 385): Mignacco ripropone lo stesso indiano - con il suo calumet e lo sguardo serafico e distaccato - e la classica scazzottata, subito sedata dal nostro Zagor. Una trovata già vista, ma scritta con arguzia, e l’avventura prende il via…

Zagor e Cico, di ritorno dal loro lungo viaggio e sulla via del rifugio della palude, decidono di aiutare Lord Albert Lancaster (e il suo assistente O’Rourke) nella ricerca del figlio, che da tempo non dà sue notizie.

Questo classico spunto offre allo sceneggiatore l’occasione per mostrarci il contrasto tra la raffinata mentalità dell’aristocrazia inglese e la rude scorza degli uomini della Frontiera americana. In mezzo a questi due estremi si pone Zagor, che quando occorre sa ricorrere a modi altrettanto rudi, ma allo stesso tempo mostra una sensibilità rara per un uomo d’azione. Mignacco ha realizzato un racconto che è una sorta di sinfonia d’amore dedicata a Darkwood, che dinanzi agli occhi di Lord Lancaster mostra entrambi i suoi lati: quello suggestivo e poetico degli scorci naturali e quello terribile di certi uomini che vi abitano. Senza i cattivi, però, il nostro Zagor non avrebbe ragione di esistere. Dinanzi ai malvagi di questo racconto, lo Spirito con la Scure mostra la sua indomita tenacia e la sua abilità di uomo della foresta, di autentico e moderno tarzanide. In effetti, in questi ultimi anni, ci manca lo Zagor “aereo”.

Dopo aver compiuto una full immersion nei classici topoi darkwoodiani, il raduno dei trapper in primis, Mignacco sposta l’avventura sui binari di un mini-giallo, non particolarmente intricato, con tanto di riconoscimento di un familiare disperso. In questa seconda fase, l’autore prende come modello un’“antica” avventura misternoiana, Amazzonia (Mr No nn. 2-3, luglio-agosto 1975), di Nolitta e Donatelli. In quel classico nolittiano, Ted Morasby era partito per l’Amazzonia alla ricerca del padre… il quale infine rinuncia alla vita dirigenziale e decide di restare tra gli indios. Mignacco concepisce la stessa soluzione finale, ribaltando i ruoli. È una situazione che sa appunto di già visto e quindi appare un po’ scontata, ma è indubbio il fascino di un personaggio come Adam Lancaster, che ha cercato e trovato la propria identità.

Il lavoro grafico di Chiarolla è come sempre felice nella resa degli scenari naturali. E il suo Zagor si muove agile e potente come un ghepardo che sta per piombare sulla preda.


Il Voto ***1/2

Legenda
* Pessimo
** Scarso
*** Sufficiente
**** Buono
***** Ottimo
****** Capolavoro