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Akenat
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Registrato: 04/05/05 11:37
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 1:28 pm    Oggetto: Gli articoli di Akenat Rispondi citando

Cari amici, accogliendo un suggerimento dell'amico Simon, apro questo topic in cui andr? a inserire alcuni dei miei articoli fumettistici pubblicati sulle riviste con le quali ho collaborato in passato.
La versione che leggerarete ? quella recuperata dai file originali, che in alcuni (rarissimi) casi sono stati lievemente editati dai redattori.
Lascio a voi il piacere di commentarli. Comiciamo con questo articolo sul PICCOLO RANGER, pubblicato su Dime Press n. 18 prima serie:


IL PICCOLO RANGER:
KIT TELLER E’ ANCORA VIVO!
di Angelo Palumbo


Quando muore un eroe dei fumetti?
Quando i suoi albi non vendono pi?, risponderanno i pi? concreti fra voi. Nulla di pi? vero. Eppure, esistono personaggi che sopravvivono anche alla chiusura delle loro collane: questo avviene quando un eroe continua a vivere nel ricordo dei lettori, quando centinaia di giovani invocano con insistenza una ristampa delle sue avventure, quando su di lui continuano a scriversi saggi e articoli e quando alle fiere fumettistiche ci sono collezionisti disposti a sperperare fior di milioni pur di recuperare i suoi albi.
Uno di questi eroi ? Kit Teller, noto a tutti come il Piccolo Ranger e creato nel 1958 dal compianto sceneggiatore Andrea Lavezzolo e da Francesco Gamba per la Casa Editrice Audace di Sergio Bonelli. Anche se l’ultimo albo di questo personaggio western ? uscito nel lontano febbraio 1985, molti lettori ricordano ancora con nostalgia le sue avventure, perci?, a buon diritto, Kit pu? festeggiare nel 1998 il suo quarantesimo compleanno.

Storia editoriale
Quella del Piccolo Ranger non ? mai stata una serie dal successo strepitoso, tuttavia ha saputo conquistarsi una buona fetta di pubblico, che le ha consentito di restare in edicola per circa ventisette anni, dapprima nel formato a striscia e poi nei volumi giganti denominati “Gli albi del Cow boy”. Alla base del buon gradimento della testata sono principalmente la grande professionalit? di Lavezz?lo (si pronuncia con l’accento sulla penultima sillaba), gi? autore di personaggi di successo come Gim Toro, e lo straordinario talento grafico di Gamba. Lavezzolo scrive quasi tutte le avventure di Kit per circa quindici anni (sostituito solo in poche occasioni da un Guido Nolitta alle prime armi), poi, nel 1973, in coincidenza con un calo delle vendite, si ritira dalla professione. A raccoglierne l’eredit? ? Decio Canzio, allora redattore e oggi direttore editoriale della Sergio Bonelli Editore. In soli cinque anni, Canzio sceneggia un numero incredibile di avventure e apporta alla collana una serie di innovazioni tali da far raddoppiare le vendite. Nel 1978, oberato dagli impegni editoriali, affida il compito di scrivere le storie di Kit a Giorgio Pezzin, stimato autore disneyano, poi affiancato dai giovani dello Staff di If (gruppo a cui, in questi anni, appartiene anche Marcello Toninelli) e dal compianto Ennio Missaglia. Disegnatore principe della serie, invece, ? sempre Francesco Gamba, che nel corso degli anni ? affiancato da validi illustratori come il cugino Pietro, Birago Balzano, l’indimenticabile Franco Bignotti, l’instancabile Lina Buffolente, il bravo Luigi Merati e gli eccellenti Giuseppe Montanari ed Ernesto Grassani. Sempre sul piano grafico, la collana gigante vanta il primato di ben quattro strepitosi copertinisti: quasi tutte le cover dal n. 1 al 145 sono realizzate a tempera dal compianto Franco Donatelli; dal n. 101 al 119, a Donatelli si alterna Bruno Faganello, che disegna nove splendide copertine. Dal n. 146 al 185, sono realizzate con tecnica pittorica da Luigi Corteggi, ex-art director bonelliano. A partire dal n. 186, il ruolo di copertinista passa a Gamba, gi? autore di tutte le cover degli albi a striscia. Negli anni ottanta, in concomitanza col tramonto del western e l’inizio di una lunga crisi del fumetto, le vendite della collana subiscono un devastante crollo, cos?, pochi anni dopo la scomparsa di Lavezzolo (avvenuta a Genova il 16 novembre 1981), la grande avventura di Kit Teller si conclude con il n. 255 (“Rangers, addio!”), firmato da Nolitta e Gamba. Ma il personaggio non finisce nel dimenticatoio: nel 1992, in piena epoca di Dylan Dog e Nathan Never, la nostalgia dei lettori spinge l’Editore a pubblicare un albo speciale del Piccolo Ranger, realizzato da Mauro Boselli e Francesco Gamba, con allegata un’esauriente analisi della collana firmata da Gianni Brunoro. Tra il 1995 e il 1996, la Dardo ristampa a tiratura limitata e in grande formato le prime avventure di Kit e Stefano Mercuri cura un colossale saggio sul personaggio. Tutto ci? a dimostrazione di come questo eroe d’altri tempi abbia saputo farsi amare a lungo.

Eroe bambino
Il Piccolo Ranger ? il prodotto di un’epoca ben precisa: quella degli “eroi bambini”. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, dopo il successo del Piccolo Sceriffo, si assiste a una vera e propria ondata di eroi che nell’aspetto non dimostrano pi? di quattordici o quindici anni, ma sono capaci di compiere le imprese pi? incredibili. Sono gli anni in cui il fumetto ? destinato soprattutto ai ragazzini e probabilmente il successo di questi piccoli eroi nasce da un processo di profonda identificazione fra lettore e protagonista. In questo periodo, un eroe come Tex deve ancora conoscere il suo boom, mentre Capitan Miki, il giovanissimo Ranger del Nevada creato nel 1951 dal trio EsseGesse, vanta una gran popolarit? e una folta schiera di lettori. Il Piccolo Ranger va quindi ad aggiungersi ai numerosi “super bambini” che imperversano nelle edicole in questi anni e nasce soprattutto come emulo di Capitan Miki. Apparentemente, il personaggio di Lavezzolo ha ben poco di originale: gi? il suo nome di battesimo ? fortemente convenzionale, visto che ? lo stesso del Piccolo Sceriffo e deve essere quasi sinonimo di “ragazzo del West”, se Gianluigi Bonelli non ha potuto fare a meno di chiamare Kit anche il figlio di Tex (pur avendo gi? introdotto un pard dell’eroe con quel nome). Sono poi numerose le analogie con Capitan Miki, al quale Kit somiglia anche fisicamente. Miki appartiene a un reinventato corpo dei Rangers del Nevada, mentre Kit a quello dei Rangers del Texas; Miki vive a Fort Coulver, un avamposto di stampo militare molto simile a quello in cui ? di stanza Kit; Miki ? fidanzato con Susy (figlia del comandante del Forte), che somiglia molto a Claretta, fidanzata di Kit; entrambi gli eroi vestono una divisa (mentre, nella realt? storica, i Texas Rangers indossavano abiti civili) e vantano un’abilit? e un’intelligenza fuori dal comune. Entrambi vivono avventure che spesso travalicavano i confini del western tradizionale e si arricchiscono di aspetti umoristici. L’originalit? del Piccolo Ranger va ricercata altrove, negli stilemi narrativi adottati da Andrea Lavezzolo. Come ha ben evidenziato Brunoro nel volumetto “La storia del Piccolo Ranger”, l’autore si ? formato soprattutto sui romanzi d’appendice e questo lo ha portato a trasferire nei suoi fumetti i moduli stilistici e contenutistici del feuilleton ottocentesco. Tra le peculiarit? di questo stile v’? una forte attenzione alla componente sentimentale, al tema degli affetti familiari e agli intrecci aggrovigliati. Pertanto, gi? con altri eroi come Geky Dor o Kinowa, Lavezzolo non scrive storie di semplice azione, cerca sempre di scavare nell’animo e nei sentimenti dei personaggi, mettendone in risalto l’umanit?. Per farlo, ricorre a ritmi narrativi lenti, distesi e usa in maniera massiccia le didascalie, per meglio approfondire gli stati d’animo dei personaggi, ma anche per esplicitare e commentare l’azione. In pratica, nelle avventure scritte da Lavezzolo, c’? una figura in pi?, quella del narratore. A queste particolarit? si aggiungono un’incredibile pignoleria descrittiva e un linguaggio ricercato, ricco di arcaismi, che oggi risulterebbe inammissibile in un fumetto e, tuttavia, imprime un fascino caratteristico alla lettura.
Da queste premesse scaturiscono tutte le differenze fra Kit e il suo principale modello. Le avventure di Capitan Miki hanno il rapido ritmo tipico della EsseGesse, quelle di Kit scritte da Lavezzolo mostrano invece un andamento pi? placido e sono ricche di dialoghi, divagazioni e flash back esplicativi. Le storie di Miki sono piene di scazzottate e sparatorie, mentre quelle di Kit presentano meno azione e intrecci pi? patetici, che non di rado si concludono con una rappacificazione fra contendenti o con un matrimonio (come nei feuilleton, la presenza femminile nella serie ? massiccia). Le avventure di Miki sono agili e di facile fruizione, mentre quelle di Kit risultano spesso intricate, piene di misteri e interrogativi. Altra fondamentale differenza consiste nel fatto che, mentre Capitan Miki non invecchia e si muove in un mondo gi? ben definito nei primi albi, Kit ? un personaggio in divenire. Al suo esordio ? poco pi? di un bambino, cresciuto presso il Forte dei Rangers ove ? di stanza il padre; diviene a sua volta Ranger dopo la misteriosa e infamante sparizione del genitore e inizia a partecipare ad alcune missioni, nelle quali rivela ben presto una notevole abilit? con le armi e non comuni doti d’astuzia, accompagnate a un forte senso del dovere e della lealt?. Riesce quindi a ritrovare il padre, ne dimostra l’innocenza e intraprende una sfolgorante carriera, che culmina con la promozione a Capitano. Nel corso delle sue missioni, Kit conosce numerosi personaggi, che ne arricchiscono il microcosmo e creano nella serie una sorta di continuity, rafforzata dall’abitudine di Lavezzolo di porre in alcune storie premesse da sviluppare in seguito. E intanto, anche se in maniera quasi impercettibile, l’eroe cresce e il suo aspetto e il suo look mutano. Quando Lavezzolo smette di sceneggiarne le avventure, Kit non ? pi? il bambino dalle guance rosee dei primi albi, ma un giovane di diciassette anni. E nelle avventure successive, ideate da Decio Canzio, continua a crescere e finisce col perdere quasi definitivamente l’appellativo di “Piccolo Ranger”. Ulteriore elemento che distingue Kit da altri personaggi ? la sua umanit?. Quella del piccolo eroe capace di affrontare ogni sorta di pericolo con l’abilit? e la freddezza di un adulto ? di per s? una situazione poco credibile e, per questo, Lavezzolo fa in modo che il suo personaggio, per quanto abile, dinamico e intelligente, non rinneghi la natura di “bambino” che gli ? propria. Contrariamente a Miki, che spara meglio di Wild Bill ed ? capace di stendere qualsiasi bestione gli si pari davanti, Kit non ? invincibile: Lavezzolo gli fa affrontare ogni avventura tenendo sempre presenti i limiti costituiti dalla giovane et? dell’eroe. Se incontra un energumeno grande e grosso, Kit viene sopraffatto e per cavarsela deve necessariamente ricorrere all’astuzia o all’aiuto dei compagni d’avventura. Proprio a causa di questi limiti, Lavezzolo fa s? che nelle storie vi sia un certo gioco di squadra, per cui il Piccolo Ranger non ? quasi mai protagonista assoluto, ma ? coadiuvato dai suoi colleghi o da occasionali alleati. Kit ostenta inoltre voluti tratti di ingenuit? e verecondia tipici del bravo ragazzo, talvolta anche di timidezza, soprattutto di fronte alle avvenenti fanciulle che spesso incontra (e che Gamba caratterizza sempre con tocchi di sensualit?). Claretta ? per lui soprattutto una compagna di giochi, dalla quale Kit si defila non appena sente pronunciare la parola matrimonio. Simili sfumature del carattere dell’eroe vengono esplicitate nei numerosi spaccati di vita quotidiana nel Forte, che Lavezzolo ama proporre ai lettori.
Quella del Piccolo Ranger costituisce insomma una lettura diversa dal solito, per molti aspetti “adulta”, forse non esaltante, ma sicuramente particolare. In seguito, quando Decio Canzio rileva il personaggio, le storie assumono un ritmo pi? dinamico, moderno e si arricchiscono di riferimenti letterari e cinematografici. Lo stesso Kit diviene molto pi? vigoroso e protagonista, ma non si trasforma in un clone di Capitan Miki, anche perch? ormai la moda degli “eroi bambini” ? al tramonto. Facendolo crescere, Canzio sottrae a Kit l’ingenuit? da ragazzino e gli conferisce un carattere pi? smaliziato, saccente e ironico. Il suo eroe ? spesso duro, intransigente, non ha peli sulla lingua ed ? capace di profonde riflessioni. E’ un personaggio con un’anima e non privo di difetti, visto che Canzio ne accentua l’impulsivit? e sviluppa in lui una certa passione per il gentil sesso, che lo porta, in un paio di occasioni, a tradire Claretta. E’ questo il periodo d’oro delle avventure di Kit Teller. In seguito, nelle mani di altri sceneggiatori, l’eroe perde un po’ di queste sfaccettature e diviene essenzialmente un uomo d’azione, un raddrizzatore di torti, pi? propenso a sparare che a parlare. Nell’ultima avventura, firmata da Guido Nolitta (che nei primi anni sessanta aveva fornito una versione particolarmente grintosa dell’eroe), il corpo dei Rangers viene sciolto e Kit acquista con i suoi pi? cari amici un ranch, per poter continuare a vivere a briglia sciolta nelle grandi praterie. Ma, anche se ora fa il mandriano e ha sposato la bella Claretta, non ? diventato uno qualunque; lo ha dimostrato Boselli nel bell’albo speciale pubblicato nel 1992 (e purtroppo rimasto un unicum), in cui, anche senza divisa, colui che un tempo fu il Piccolo Ranger continua a battersi per la giustizia.

Il mondo del Piccolo Ranger
Intorno a Kit Teller si muove un colorito mondo di comprimari, nato dal gusto di Lavezzolo per l’azione corale. Fulcro di questo vivace mondo ? il Forte dei Rangers, situato da qualche parte del Texas e vero e proprio baluardo della legge contro le ingiustizie. Qui risiedono molti dei personaggi che affiancano Kit nelle sue missioni. Il pi? famoso e amato dai lettori ? senza dubbio il Ranger Frankie Bellevan, un bizzoso vecchietto dai lunghissimi baffi a manubrio. Frankie ha un passato da biscazziere e un presente da millantatore, bevitore e pasticcione; tuttavia, nonostante questi piccoli difetti e la comicit? che si sprigiona dalla sua figura, il Nostro ne sa realmente una pi? del diavolo e, in molteplici occasioni, si dimostra un valido pard per il Piccolo Ranger, tanto che ormai se ne considera il maestro. Con il passare del tempo, quello fra Kit e Frankie diventa un sodalizio esclusivo, soprattutto con Canzio, che interpreta al meglio il duplice ruolo avventuroso e umoristico del personaggio. Nelle avventure scritte da Pezzin, invece, il baffuto Ranger ? soprattutto una spalla comica. Prima dell’arrivo di Frankie, Kit era affiancato nelle sue missioni da Kaspar O’Hara, vicecomandante del Forte. Il Comandante ? invece William Adams (questo dovrebbe essere il suo nome, anche se non ? mai stato pronunciato ufficialmente), un personaggio anziano e ricco di umanit?, che per tutti i Rangers ? pi? un padre che un superiore (non somiglia neanche lontanamente a Edward Reiser o “Ciao Cara”). Nel Forte vive inoltre Cin Lao, un simpatico cuoco cinese. Pur presentando gli aspetti caricaturali con cui una volta erano dipinti i Cinesi (tra cui l’immancabile elle al posto della erre), Cin ? una figura dinamica e risoluta, sebbene utilizzata soprattutto negli interludi di vita quotidiana. Vera star di questi bozzetti ? per? Claretta Morning, fidanzata dell’eroe. Claretta ? figlia di Rosa, vivandiera del Forte e vedova di un Ranger, e, fin dall’inizio della serie, ha un debole per Kit. Lavezzolo l’ha dipinta in modo abbastanza convenzionale (la classica ragazzina con le trecce bionde e l’abito lungo) e le ha conferito connotati dolci e patetici. La fanciulla trascorre le sue giornate fra i libri, le faccende domestiche e i giochi con i suoi animali (un cane, un cavallino e un coguaro!), in attesa che Kit torni dalle sue missioni. E’ gelosa, permalosa e con la fissa del matrimonio sin da tenera et?, ma non riesce a rendersi antipatica, forse per il candore con cui schiocca baci sulla guancia del suo ritroso innamorato. Con il passare degli anni, ? divenuta comunque un personaggio pi? energico e fisicamente appetibile, la degna moglie di un eroe. Nel Forte si muovono altre notevoli figure di Rangers: “Denti” Bill, l’antipatico della compagnia, invidioso del successo di Kit ma fondamentalmente buono; Brandy Gim, un simpatico beone che da anni tenta inutilmente di impalmare la grassa e piacente Rosa Morning; Ibrahim Bamboula, un Ranger di colore, che, in origine, era soprattutto una figura caricaturale (basti pensare che del suo volto nero si vedevano solo gli occhi e i labbroni), ma, in seguito, ha assunto tutt’altra dignit?. Altri due personaggi di spicco fanno capolino al Forte: il primo ? Moses Teller, padre di Kit (contrariamente alla stragrande maggioranza degli eroi, il Nostro non ? orfano), una figura molto discreta che ? praticamente finita nel dimenticatoio dopo l’addio di Lavezzolo; la seconda ? Annie Quattropistole, un’incredibile avventuriera che, dopo aver “seppellito” sette mariti, tenta di convolare a nozze col povero Frankie. E’ una delle figure umoristiche pi? riuscite di Lavezzolo: vecchia, brutta, decisamente poco femminile, Annie sfoggia un carattere aggressivo e irascibile e un personalissimo vocabolario fatto di fantasiosi insulti (“cracchignollo” il pi? famoso) e impossibili esclamazioni (come “mi venga la trebisonda pneumatica”!). Con personaggi del genere, resi in maniera a dir poco eccezionale dal versatile Francesco Gamba, Lavezzolo ha dato libero spazio alla sua vena umoristica, fondamentalmente diversa da quella nolittiana (basata su gag dal forte impatto visivo); pi? che sulle situazioni, Lavezzolo gioca sui tic dei suoi personaggi, sulle loro manie e sul loro linguaggio. Nel corso della saga, non sono mancate altre figure ricorrenti o comunque particolarmente caratterizzate, che in qualche modo possono essere accostate ai monomaniaci zagoriani. Una di queste ? Sumabatra, un fachiro dai poteri paranormali molto simile al nolittiano Ramath (nato diversi anni dopo); ricordiamo anche Knikkerbokker, bizzarro fotoreporter, Tim Holt, stravagante e distratto naturalista, Jeronimus Wenzel, stralunato psicologo esperto in ipnosi, e il professor Bernstein, un fenomenale ittiologo che ? riuscito a insegnare a parlare a due delfini. Si tratta di personaggi forse oggi improponibili, legati al gusto macchiettistico dell’epoca, ma sicuramente memorabili.

La grande avventura
Quella di Kit Teller ? nata come serie tradizionalmente western: pertanto, nel suo ruolo di Ranger, il protagonista si trova a salvaguardare l’ordine e la giustizia nel territorio in cui sorge il suo Forte, lottando contro crudeli out-law, difendendo gli onesti allevatori dalle mire dei prepotenti, ripulendo citt? corrotte, scongiurando pericolose rivolte indiane e talvolta anche intervenendo in difesa dei diritti dei pellerossa, presso i quali ? conosciuto e stimato col significativo nome di Coltello Leale. Tuttavia, la collana non mai ha chiuso le porte a tematiche diverse, di carattere esotico o di stampo fantastico. Perci?, gi? nelle storie di Lavezzolo, Kit vive avventure in luoghi diversi dal Texas e, come Zagor, si imbatte in avversari fuori dal comune o decisamente soprannaturali. In una delle sue prime missioni, ad esempio, si scontra con Omodeus, un folle alchimista che trasforma gli uomini in statue di pietra (albo n. 6). Ha poi a che fare con Morty Black, un bandito capace di mutare volto come Magic Face, celebre avversario di Capitan Miki (n. 19). Si batte con i pirati cinesi di Fen-Kiang, un uomo capace di uccidere emettendo un particolare grido (nn. 39, 40, 89-91). Ha modo di incontrare un barone immortale, che sopravvive ai secoli grazie a un preparato a base di sangue umano (nn. 92-94). In un’avventura, Kit si imbatte persino in una colonia di extraterrestri dalle dita palmate e per poco non viene portato su un altro pianeta (nn. 87-89). Le tematiche fantastiche si accentuano con Canzio, che pone in secondo piano la componente western tradizionale per arricchire le vicende di Kit di elementi bizzarri, incredibili e addirittura horrorifici. Le avventure diventano quindi molto meno realistiche, talvolta addirittura improbabili, ma sicuramente pi? coinvolgenti e spettacolari. E Kit si scontra con avversari particolari, spesso in bilico tra il grottesco e l’inquietante, come il repellente “nano belva” (nn. 132-134). Tra le situazioni pi? assurde e appassionanti, ricordiamo la minaccia di una legione di robot assassini (nn. 140-142), la scoperta di misteriosi funghi che trasformano gli uomini in mostri (nn. 149-151), l’esplorazione di una valle popolata da animali preistorici e un’incredibile razza di “rettili sapienti” (nn. 152-154), lo scontro con la setta dei fanatici cavalieri teutonici, veri e propri precursori del nazismo (nn. 156-159). I voli fantastici continuano anche nelle storie degli “eredi” di Canzio (anche se il western tradizionale non viene abbandonato), ma probabilmente i lettori, ormai affezionati al vivace stile del “pap? adottivo” di Kit, non hanno gradito l’arrivo di nuovi autori.
Se volessimo citare alcune delle pi? riuscite avventure pubblicate nell’intero arco di vita del personaggio, non potremmo fare a meno di cominciare da “Verso l’Irlanda” (nn. 73-76), di Lavezzolo e Gamba. In questa storia, Kit parte per l’Irlanda dopo aver scoperto di essere l’erede di un ricchissimo Lord e viene fatto oggetto di un diabolico intrigo. Collegata a questa vicenda ? quella de “I naufragatori” (nn. 76-79), degli stessi autori, in cui Kit, navigando sulla via del ritorno, sgomina una banda di crudeli pirati, i Fratelli dell’Uragano. L’avventura pi? inquietante di Lavezzolo e Gamba ? sicuramente “La legione dei dannati” (nn. 84-86), in cui Kit e Frankie affrontano gli orrori del vudu. Una splendida vicenda realizzata da Canzio e Bignotti ? invece “L’iceberg della morte” (nn. 123-125), in cui Kit e Frankie si imbarcano sulle tracce di un misterioso ladro e fanno naufragio su un iceberg insieme a due spietati assassini. Una delle pi? belle storie dell’affiatata coppia Canzio & Gamba ? invece “L’Olandese Volante” (nn. 138-140), un’epica odissea in treno tra mille pericoli e agguati. Degli stessi autori ? invece una delle pi? “piccanti” avventure di Kit, “Sfida nella citt? fantasma” (nn. 163-165), in cui il giovane Ranger si scontra con tre pericolose fuorilegge, le Babbit Sisters; Kit viene sedotto da una di loro, Bella, e non ? improbabile, come ha sostenuto Stefano Mercuri, che dietro le quinte i due abbiano addirittura fatto l’amore! Fortemente ricca di colpi di scena e approfondimenti psicologici ? “Infamia” (nn. 167-169), un’avventura scritta dalla guest-star Giancarlo Berardi per i disegni di Lina Buffolente (e ottimamente analizzata da Giampiero Belardinelli sul n. 17 di Dime Press). Del tutto particolare ? invece “Rintocchi di morte” (nn. 171-174), in cui un’inconsueta caccia al tesoro si trasforma in una sorta di calderone in cui Canzio e Gamba mescolano tutte le peculiarit? narrative della collana, dagli aspetti pi? bizzarri e grotteschi a quelli pi? drammatici e avventurosi. Sottilmente inquietante ? “Operazione Terrore” (nn. 188-190), di Pezzin e Gamba, ispirata a “Gli Uccelli” di Hitchcock. Di Toninelli e Gamba ? invece “Lo Sparviero” (nn. 216-219), la pi? lunga avventura della serie, incentrata su un crudele villain paranoico. E l’elenco potrebbe continuare, poich? quella del Piccolo Ranger ? una saga veramente appassionante. Certo, il personaggio ? ormai datato e difficilmente reggerebbe il confronto con le attuali produzioni fumettistiche. Eppure, le sue avventure si rileggono ancora con piacere e sono la dimostrazione di come un fumetto umile e senza alcuna pretesa abbia saputo conquistare il cuore dei lettori pi? di certi pretenziosi fumetti di oggi, che vorrebbero passare per moderni e anticonvenzionali, ma, in realt?, sono soltanto illeggibili e assurdi.
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 1:33 pm    Oggetto: Rispondi citando

personalmente non mi ? mai piciuto il personaggio, ma ti faccio i complimenti per il topic...

grande competenza Applause Applause Applause
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Akenat
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 2:21 pm    Oggetto: Rispondi citando

Ti ringrazio molto, Corwin.
Quest'altro articolo dovrebbe invece interessare tutti gli zagoriani. E' apparso sul DARKWOOD MONITOR n. 5:


ZAGOR IN TV
di Angelo PALUMBO


La fine degli anni Settanta rappresent? per Zagor il periodo di massima notoriet?. Fu allora che la collana Zenith tocc? le punte pi? alte di vendita (con una tiratura di ben 225.000 copie) e intorno al personaggio fior? un ricco merchandising: i trasferibili, il diario scolastico e addirittura l’album di figurine. In quel periodo, Zagor spicc? addirittura un balzo in TV.
Nella seconda met? degli anni Settanta, furoreggiava Supergulp, un programma RAI tutto dedicato alla trasposizione televisiva in semi-animazione delle avventure di personaggi a fumetti come L’Uomo Ragno, i Fantastici Quattro, Alan Ford e lo stesso Tex. Stimolato dal successo di questa serie televisiva (che ha veramente segnato un’epoca), il fratello di Sergio Bonelli, Giorgio, decise di dar vita a un programma analogo incentrato esclusivamente sui personaggi pubblicati dal gruppo Cepim-Araldo-Daim Press. Lo realizz? insieme a Ferruccio Alessandri, Mauro Boselli e Dario Ciola e lo battezz? significativamente Tex & Company; nella serie era infatti Tex il personaggio trainante, essendo il pi? venduto della scuderia Bonelli. Ad Aquila della Notte era dedicata la sigla del programma, costituita dal brano “La ballata di Tex Willer” accompagnato da una sequenza animata da Aurelio e Paolo Galleppini.
Come ho gi? avuto modo di scrivere altrove, gli audio-visivi di Tex & Company non erano veri e propri cartoni animati. Quelle portate sul piccolo schermo erano in realt? immagini fisse, tratte direttamente dagli albi a fumetti. Bonelli e gli altri le avevano semplicemente private dei balloons e montate in sequenza cinematografica, per poi “animarle” con movimenti della telecamera, zoomate, kroma-key e altri piccoli espedienti studiati di volta in volta per rendere l’idea del moto. Era una tecnica improvvisata, che intendeva pi? che altro suggerire il dinamismo e non evocarlo: confidava soprattutto nel veloce susseguirsi delle immagini, nel realismo dei suoni e nella capacit? delle trame di catturare l’attenzione dei telespettatori. A dispetto del suo carattere estremamente artigianale, il metodo adottato da Bonelli e soci si rivel? efficace e garant? una buona fruibilit? ai racconti di Nolitta e Ferri, che con la loro agilit? narrativa e leggibilit? grafica si prestavano bene alla trasposizione televisiva. La serie venne prodotta dalla Fono Roma Milano e dalla Sunrise Milano e fu distribuita in varie emittenti private. Era comprensiva di tre episodi di Tex (divisi in pi? puntate), sei racconti autoconclusivi tratti dalla collana Un uomo, un’avventura, una storia di Mister No e una di Zagor. L’avventura del nostro eroe selezionata per il teleschermo fu “Zagor racconta…” (Zenith Gigante 106-107 = TuttoZagor 55-56). Una scelta non certo casuale: oltre a essere una delle pi? belle della collana, questa storia era stata da poco ristampata a colori nell’ormai introvabile cartonato “Zagor, lo Spirito con la Scure” e dunque risparmiava agli autori la fatica di colorarla.
Data l’importanza del personaggio, l’avventura ebbe una presentazione speciale da parte di Giorgio Bonelli e Ferruccio Alessandri, che prima di mandarla in onda introdussero brevemente ai telespettatori il mondo di Zagor attraverso lo splendido florilegio di copertine delle serie pubblicato sul cartonato della Cepim.
Con “Zagor racconta…” si concluse Tex & Company. Tuttavia, il buon successo riscosso dal programma spinse Giorgio Bonelli a realizzare a breve distanza Tex & Company n. 2. La nuova serie venne prodotta dalla Fono Roma Milano e dalla Avelca Video Record per la Coronado Productions SRL. Stavolta per?, gli altri personaggi bonelliani ebbero maggior spazio, soprattutto Zagor, di cui vennero adattate per il teleschermo ben quattro avventure: “L’isola della paura” (Zenith Gigante 62-63 = TuttoZagor 11-12), “I cacciatori di uomini” (Zenith Gigante 80-81 = TuttoZagor 29-30), “Indian Circus” (Zenith Gigante 135 = TuttoZagor 84), e “Il mio amico Guitar Jim” (Zenith Gigante 151 = TuttoZagor 100), il cui titolo fu ritoccato in “Guitar Jim”. Questa volta le storie vennero appositamente colorate dagli artefici del programma, comprese “Indian Circus” e “Guitar Jim”, sebbene fossero tratte da albi gi? a colori. Tutti gli episodi di Zagor erano suddivisi in due puntate della durata di 25 minuti l’una. Nello “Speciale Zagor” curato da Burattini, Manetti e Monti, si legge che fu portata sul teleschermo l’avventura “Iron Man”, ma c’? stata probabilmente una svista. Chi ha fornito l’informazione potrebbe aver confuso l’“uomo d’acciaio” Titan (che compare ne “L’isola della paura”) con il corazzato Iron Man. Capita a molti di chiamare erroneamente col nome di Iron Man l’automa di Hellingen: ? successo perfino nella rubrica “I personaggi del mondo di Zagor” di TuttoZagor n. 74.
Dopo la seconda serie di Tex & Company, non ne furono realizzate altre, a causa degli alti costi di produzione. Le cose sarebbero andate diversamente se gli audiovisivi di Bonelli fossero approdati in RAI, ma purtroppo non fu possibile e il programma venne diffuso solo dalle emittenti private locali (allora il gruppo Mediaset doveva ancora nascere). I cartoni zagoriani restano comunque una realizzazione indimenticabile e senz’altro positiva. E la popolarit? di Zagor, in quegli anni, si accrebbe anche presso gli accaniti divoratori di cartoni animati giapponesi. Indubbiamente la tecnica arrangiata e talora bizzarra con cui era realizzato il programma non poteva competere con quella ben pi? sofisticata dei veri cartoon; ma le avventure di Zagor non erano meno coinvolgenti di quelle di Goldrake e Mazinga.
Gli autori del programma hanno fatto un’ottima selezione riguardo alle storie adattate per il teleschermo, tutte rigorosamente firmate da Nolitta e Ferri. “Zagor racconta…” ? perfetta per far conoscere il personaggio, in quanto evidenzia con finezza psicologica i motivi che lo hanno spinto a intraprendere la sua missione di giustiziere. “L’isola della paura” ? un racconto appassionante e presenta due figure ben familiari ai giovani fruitori di cartoni animati, il mad doctor (Hellingen) e il robot gigante (Titan). “I cacciatori di uomini” ? invece un episodio mozzafiato, che esalta l’abilit? del personaggio e spinge all’identificazione. “Indian Circus” ? l’emblema del ruolo di difensore del popolo rosso assunto da Zagor. Convince un po’ meno la scelta di “Guitar Jim”: non tanto perch? meno valida rispetto ad altre avventure (una per tutte “Odissea americana”), quanto per il fatto che nel programma TV risultava inevitabilmente avulsa dalla continuity in cui ? inserita nella collana (il celebre viaggio di Zagor dei nn. 85-107). Inoltre, la maggior parte dei telespettatori non poteva cogliere in pieno l’importanza del ravvedimento di Guitar Jim su cui ruota la vicenda, non conoscendo le precedenti “malefatte” del personaggio.
Della regia degli episodi zagoriani si ? occupato principalmente Dario Ciola, coadiuvato da Ferruccio Alessandri e da un gruppo di cameramen, tecnici e doppiatori che hanno concretizzato il lavoro. La sua ? stata una buona regia, anche se Ciola era sicuramente meno abile di Giorgio Bonelli, che ha diretto gli episodi di Tex. Anche se ben fruibili, i suoi audiovisivi talvolta zoppicano nella resa delle gag cichiane. Del resto, il ritmo e la velocit? che le caratterizzano richiedevano ben altri mezzi di realizzazione. Non a caso, molte gag sono state tagliate: in “Zagor racconta…”, ad esempio, ? stata eliminata la scenetta iniziale del fulmine; ne “I cacciatori di uomini”, sono state invece tolte le esilaranti sfide fra Cico e i trappers. In ogni caso, lo ribadiamo, il regista si ? dimostrato all’altezza della situazione e ha saputo trasferire con efficacia sul teleschermo le movimentate avventure dello Spirito con la Scure, raggiungendo ottimi risultati negli episodi “Zagor racconta…” e “I cacciatori di uomini”, sicuramente i pi? validi sul piano tecnico. Nel primo, uno degli effetti pi? riusciti ? costituito dagli incubi che tormentano Zagor dopo la sua vendetta. Nell’albo a fumetti c’? solo una striscia muta a mostrarli; nell’audiovisivo, invece, la telecamera effettua degli zoom su ogni personaggio della vignetta, il quale pronuncia una frase ad effetto estrapolata dalle pagine precedenti. Ne “I cacciatori di uomini” va invece apprezzato il ritmo coinvolgente con cui si susseguono le sequenze della caccia all’uomo ai danni di Zagor.
Grosso pregio di questi audiovisivi ? nel fatto che, essendo ricavati direttamente dalle pagine degli albi, non hanno alterato i personaggi e le avventure, cosa che invece accade spesso in Giappone, quando si trasforma un manga in un cartone animato. I testi nolittiani sono rimasti per lo pi? invariati. Gli unici interventi consistono in piccoli ritocchi ai dialoghi (in modo che fossero il pi? possibile “televisivi”) o in tagli funzionali a una migliore fruibilit? del racconto. Oltre a quelli relativi alle gag cichiane, vi segnaliamo, ad esempio, il taglio effettuato nella storia “I cacciatori di uomini”, in cui ? stato eliminato l’incontro con Guitar Jim. Ne “L’isola della paura”, invece, ? stato tolto l’episodio della “Locanda del Lupo”. A Nolitta quelle sequenze erano servite a “riempire” gli albi a striscia che concludevano le avventure, ma nelle trasposizioni televisive erano del tutto inutili.
Un altro degli elementi pi? riusciti dei cartoon zagoriani ? costituito dalle voci dei personaggi. Bonelli e soci si sono avvalsi di doppiatori veramente in gamba, degli autentici professionisti (basti pensare che hanno doppiato anche episodi di Star Trek). La voce di Zagor ? di Enrico Carabelli, il quale ? riuscito a interpretare in modo convincente tutte le sfumature caratteriali del personaggio. La sua voce ? pacata, suadente, ma al momento giusto diventa minacciosa e grintosa. Anche l’urlo di Zagor ? stato reso molto bene: non fa il verso a quello di Tarzan, ma non si confonde neppure con i classici urlacci degli indiani. E’ l’ahyaaakk che tutti i lettori hanno sempre immaginato. A livello di curiosit?, vi facciamo notare che Carabelli ha prestato la sua voce anche a Mister No, Ken Parker e il Comandante Mark negli episodi della serie a loro dedicati, ma sempre con sfumature diverse. E’ un esempio di rara professionalit?. In genere, chi si accosta agli eroi fumettistici per trasferirli sul piccolo o grande schermo, se ne infischia di conoscerli a fondo e non fa nulla per evitare di snaturarli. Chi ha realizzato Tex & Company ha invece cercato di non tradire lo spirito dei personaggi e c’? riuscito molto bene. Piuttosto azzeccata si ? rivelata anche la voce prestata a Cico, che parla tale a quale a Jerry Lewis. Molto valido anche il lavoro dei doppiatori che hanno fatto parlare Wandering Fitzy, il maestro di vita di Zagor, e il fraterno amico Tonka. Belle anche le voci di indimenticabili villains come l’indistruttibile Hellingen, il folle Nicholson e il cinico Rod Mac Carthy. Occorre sottolineare il carattere realistico delle voci dei personaggi: non si tratta delle tipiche voci caricaturali o infantili di molti cartoon. Bonelli e gli altri intendevano realizzare dei veri e propri film disegnati e dunque hanno preso come modello il cinema holliwoodiano, non i cartoni animati. Purtroppo questo intento non ? stato colto dai funzionari RAI, che hanno scartato gli audiovisivi perch? ritenevano che un prodotto destinato ai ragazzi dovesse essere caratterizzato da voci idiote e nasali.
Sono molto realistici anche gli effetti sonori del programma. I tecnici del suono hanno ricreato con efficacia i rumori tipici della foresta, soprattutto il sinistro frusciare delle foglie e gli spaventosi versi delle belve. Molto coinvolgenti risultano anche i caratteristici suoni del vecchio West, come il cupo risuonare degli spari, il fracasso delle scazzottate e il sibilo della scure dell’eroe che fende l’aria.
Ma l’elemento forse pi? valido dei cartoni animati zagoriani ? costituito dalla loro colonna sonora. Il maggior punto debole del fumetto rispetto ad altri media ? proprio nella mancanza di musica, importantissima nel cinema e nella TV per creare le atmosfere e renderle indimenticabili. Provate a immaginare un capolavoro come “Titanic” di James Cameron senza la splendida colonna sonora di James Horner: di certo non sarebbe pi? lo stesso. Grazie a questa trasposizione televisiva, Zagor ha avuto per la prima volta la sua soundtrack. I quattro registi hanno operato per il programma una scelta di pezzi strumentali veramente efficace. Il brano pi? bello ? senza dubbio quello che introduce l’episodio “Zagor racconta…” e ne accompagna i momenti salienti. E’ un motivo triste, ma contiene anche un’ineffabile carica epica che ben si adatta alla figura dello Spirito con la Scure. Questo brano risuona in due delle scene pi? importanti dell’avventura, quella in cui Wandering Fitzy spiega al “figlioccio” il valore non univoco della giustizia e della verit? e quella in cui l’indimenticabile personaggio chiude gli occhi per sempre. Il pezzo (che ricordo di aver sentito anche in un vecchio film dal titolo “La nuova Marilyn”, incentrato su un’infelice emula di Marilyn Monroe) ricorre anche negli altri episodi, ma con una esecuzione un po’ diversa, meno cupa. Anche gli altri brani si sono rivelati efficaci e zagoriani. Il pezzo per armonica che introduce “I cacciatori di uomini” evoca perfettamente l’atmosfera gioiosa dei raduni dei trappers e della vecchia America in genere. Molto bella e fortemente ritmata ? anche la musica che accompagna l’estenuante caccia all’uomo di Nicholson: ricorda un po’ quelle dei vecchi film di Tarzan. Efficaci anche i pezzi che accompagnano il disumano spettacolo dell’“Indian Circus” e la comparsa finale degli Apaches in “Guitar Jim”: quest’ultimo ricorda un po’ le tipiche musiche holliwoodiane che preannunciano un attacco indiano. In “Guitar Jim”, tra l’altro, abbiamo finalmente il piacere di ascoltare i pezzi suonati dall’imprevedibile chitarrista nolittiano.
Da molto tempo ormai, le emittenti private non mandano pi? in onda i cartoni animati di Zagor. Non bisogna meravigliarsene. Riproposti oggi, nell’era del computer e delle immagini digitali, questi artigianali audiovisivi farebbero probabilmente sorridere. Eppure, per gli aficionados, Tex & Company rappresenta quasi una leggenda. I giovani lettori che sentono parlare dei cartoon bonelliani vengono regolarmente assaliti dalla smaniosa curiosit? di conoscerli e non sono pochi i collezionisti che vanno disperatamente a caccia di tutti gli episodi della serie. Indubbiamente non va esagerato il “culto” per questo programma, ma la sua importanza va riconosciuta. Gli audiovisivi di Tex & Company rappresentano l’irripetibile testimonianza di un momento veramente magico per lo Spirito con la Scure e per il fumetto in genere. E, soprattutto, sono l’esempio di un vero atto d’amore verso i personaggi bonelliani, che sono stati portati sullo schermo nel pieno rispetto delle loro caratteristiche. Non ? davvero un caso che uno dei curatori del programma, Mauro Boselli, oggi sia uno dei pi? profondi e apprezzati sceneggiatori di Tex e Zagor.
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Adriano
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 2:37 pm    Oggetto: Rispondi citando

Grande Akenat !!!! Applause Applause Applause apprendo cose di cui ero completamente all'oscuro !
purtroppo mi sono perso i fumetti Zagoriani in Tv mentre all'epoca mi sono goduto quello Texiano di El Muerto !
Very Happy
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 3:12 pm    Oggetto: Rispondi citando

Davvero complimenti, in entrambi i casi denoti una perfetta conoscenza del fumetto oggetto di analisi ed ovviamente una grande passione per lo stesso. Davvero bravo! Applause Applause Applause Applause
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Sergio e Gallieno adesso sono insieme a Darkwood, grazie per tutti i sogni che mi avete regalato.
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 6:26 pm    Oggetto: Rispondi citando

Troppo buoni, grazie davvero. Tanti anni fa vidi anch'io in Tv El Muerto, quando ancora non avevo letto la storia per la prima volta, nella ristampa Tre Stelle. Faceva parte per? del programma SuperGulp, trasmesso, credo, dalla Rai, mentre Tex & Company fu trasmesso solo sulle Tv private.
E ora vi propongo un articolo che ho scritto per Dime Press 17, dedicato alle donne di Berardi e Milazzo. Correva, se non ricordo male, l'anno 1997, quando pubblicai il primo index di Zagor...


CHERCHEZ LA FEMME…
LE DONNE DI BERARDI & MILAZZO
di Angelo Palumbo


Una componente che Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo non hanno mai trascurato nelle loro storie ? sicuramente quella femminile. Nel corso dell’ormai ventennale saga di Lungo Fucile e nelle altre produzioni realizzate ora in coppia e ora singolarmente, i due autori hanno sempre dato molto spazio alle donne: di conseguenza, anche i temi del sesso e (perch? no) dell’erotismo non sono mai stati tab? per loro. Gi? in Terra maledetta, un racconto pubblicato dalla Collana Rodeo nel 1977, Berardi ha inserito qualche scena un po’ maliziosa e, sin dai primi numeri di Ken, non ha avuto remore a mostrare esplicitamente il suo personaggio in rapporti intimi con le donne, cosa che invece in Mister No e nella Storia del West avveniva in maniera pi? velata. Erano i primi segni dell’evoluzione del fumetto bonelliano, che si incamminava a diventare dichiaratamente un prodotto fruibile non solo dai ragazzini; ed era anche l’effetto dell’accresciuta libert? sessuale seguita al Sessantotto.
Giancarlo Berardi ha sempre tenuto a cuore la delineazione dei personaggi femminili e ha trovato in Ivo Milazzo l’interprete grafico ideale. Le donne di Berardi sono lontane dai precedenti stereotipi fumettistici: non somigliano affatto alle classiche eterne fidanzate o alle bambole ingenue che l’eroe deve salvare a ogni pi? sospinto, ma non sono neppure esotiche dark lady votate al male. Sono invece figure fortemente caratterizzate, dalla psicologia complessa, spesso tormentata e ricca di contraddizioni… donne che ci attraggono e, contemporaneamente, ci fanno paura. Berardi le pone spesso in bilico tra il bene e il male, ne fa angeli e demoni al tempo stesso, e, soprattutto, conferisce loro libert? di pensiero, parola e costumi. Lo sceneggiatore ha sempre avuto un tocco delicatissimo con le figure femminili e questo gli consente di affrontare situazioni che, in mano ad altri, potrebbero risultare addirittura scabrose: le sequenze smaccatamente erotiche scritte da Berardi hanno un sapore provocante, ma non risultano oscene e questo grazie anche alla complicit? di Milazzo, che ha sempre saputo giocare con le ombre e i veli. Perci?, sebbene non esclusivamente legati al genere come lo sono Manara o Crepax, Berardi e Milazzo potrebbero tranquillamente essere definiti dei maestri dell’erotismo: un erotismo che gioca sulla seduzione, sul visto e non visto, su ci? che viene offerto agli occhi del lettore e quanto ? lasciato alla fantasia. Un esempio lampante di questa versatilit? dei due autori ? il racconto pubblicato sul Ken Parker Magazine n. 14, Jane, Sweet Jane (un divertissement zeppo di citazioni cinematografiche western), in cui una conturbante prostituta aggancia un cliente particolarmente “affamato” che in realt? ? la celebre Calamity Jane. La mezzatinta di Milazzo ci regala una figura dalla sensualit? prorompente, lo sguardo invitante e le forme irresistibili. E Berardi la fa muovere con una naturalezza cos? disarmante (mostrandoci addirittura un momento di igiene intima), che ? difficile restare imbarazzati. La stessa delicatezza Berardi la evidenzia in Bambina, un altro racconto dalle tinte erotiche pubblicato sul Ken Parker Magazine n. 10 e disegnato stavolta da Maurizio Mantero. E’ la storia di una ragazzina selvaggia che prova i suoi primi turbamenti sessuali stimolata dalla lingua di un leone (che, anzich? sbranarla, se ne innamora). Detta cos? sembrerebbe una cosa oscena, eppure la sceneggiatura ? talmente raffinata da conferire al breve racconto un sapore pi? poetico che malizioso. Tra l’altro, va osservato che la donna di Berardi & Milazzo ? raramente la stangona tutta tette e aderenze che ormai spadroneggia nei fumetti (basti pensare a Legs Weaver e May Frayn); ? invece una figura minuta e dalle forme gentili, spesso rivelate solo nei momenti di intimit?.

Chi dice donna…
Nel corso del loro lungo sodalizio (e, in particolare, nelle storie di Ken), Berardi e Milazzo hanno presentato ai lettori un numero di figure femminili molto variegato ma con alcune caratteristiche comuni. La donna di Berardi ha quasi sempre una personalit? forte e determinata; non di rado, in lei albergano idee di ribellione verso una societ? maschilista, che tende a considerarla inferiore o mero oggetto sessuale. Molte figure femminili apparse nella saga di Lungo Fucile possono essere considerate delle femministe ante litteram: sono pronte a rischiare per ottenere quel che vogliono, conoscono le debolezze degli uomini e fanno spesso un uso spregiudicato del sesso per raggiungere i propri scopi. Seducono con lo sguardo e la gestualit? prima che col corpo e, nelle storie disegnate da Milazzo, i loro abiti lasciano intravedere le sensuali forme grazie a opportune trasparenze. Un esempio ? la bella trafficante Natalie, la cui camicetta fa trasparire il seno dopo un tuffo rinfrescante in un ruscello (KP n. 19, p. 2Cool. Le altre armi che queste donne contrappongono alla prepotenza maschile sono la menzogna e l’ambiguit?. Non di rado, i personaggi femminili di Berardi non sono quello che dicono di essere: come ad esempio Carmen (KP n. 7), una splendida bruna che si fa passare per una patriota messicana, ma in realt? ? un killer. O come Lena Kaltz (KP n. 16), che si spaccia per un medico dalle idee moderne, ma ? invece un’imbrogliona che organizza truffe matrimoniali. O come Betsy (KP n. 4Cool, una giovane opportunista che, dopo aver tradito il fidanzato rimanendo incinta, recita la parte dell’innamorata per fargli credere di essere il padre del bambino. Eppure l’autore non getta una luce negativa su tali figure, anzi sembra tradire un misto di compassione e simpatia verso questa caratteristica quasi inevitabile della natura femminile. Del resto, seppure molto disincantate, le sue donne credono nell’amore e sono pronte a lasciarsi travolgere totalmente da questo sentimento. Sono loro per? a scegliere quando e con chi cedere e lo fanno spesso con disinvoltura, tradendo mariti e fidanzati. Qualcuna di loro cerca solo il piacere fisico e l’appagamento dei sensi, come l’affascinante Lola (ispirata alla Marlene Dietrich de L’Angelo Azzurro), che cambia continuamente amante sotto gli occhi dell’anziano marito Emil (KP n. 39); o come lady Barbara Huntington Scott (KP n. 33), una giornalista che, dopo l’evirazione del marito, passa da un letto all’altro perch? il divorzio non si addice a una donna del suo rango. Quest’ultima, fra l’altro, ? una figura molto importante per la maturazione di Ken, in quanto lo inizia all’amore per la lettura. Entrambe queste donne sono state rese efficacemente da Giorgio Trevisan, che le ha dotate di uno sguardo seducente e di una bellezza d’altri tempi. Altri personaggi cercano nell’amore tenerezza e calore, come Norma Jean, vera e propria sosia di Marilyn Monroe (KP Serie Oro n. 60), che come lei vive il dramma di chi ? desiderata solo perch? “bella e oca” e non per il mondo di pensieri che la anima. Milazzo ha riversato in questo personaggio buona parte del suo talento in fatto di erotismo, dotandolo di movenze provocanti e di un fisico mozzafiato, capace di turbare e intenerire al tempo stesso, come nella sequenza in cui Norma accosta una bimba affamata al seno. Nell’amore credono anche figure come Adah (KP n. 46) e Donna Ashford (KP n. Cool, ma questo sentimento finisce per rovinarle; la prima, una ex-schiava di colore, scopre che il suo uomo l’ha solo sfruttata e finisce in un bordello; la seconda si dona completamente al villain Donald Welsh, che le spara a sangue freddo per salvarsi la pelle. Quando l’amore viene tradito, qualcuna arriva anche a uccidere, come fa, tra le altre, Joan Kline (Nick Raider n. 1Cool.
Pur non prive di aspetti negativi, le donne di Berardi e Milazzo hanno quasi sempre una carica di simpatia che le fa perdonare. Spesso si muovono impacciate nel mondo degli uomini e lo osservano con ironia mista a ingenuit?, come fa, nella sua prima apparizione, Belle McKeever, la donna che ha cresciuto il figliastro di Ken; nel corso della sua drammatica esperienza come prigioniera e poi come moglie del capo degli Ottawa (KP n. 5), sfoggia movenze, atteggiamenti e osservazioni che sfociano in un involontario umorismo. Milazzo riesce a tratteggiare splendidamente queste figure, trasformandone gli sguardi seri e sensuali in espressioni buffe o smarrite.

Le signore del West
Nell’universo femminile di Berardi e Milazzo possiamo individuare una serie di tipologie ricorrenti; una figura molto frequente ? senza dubbio quella della prostituta. Nel corso del suo vagabondare, Ken ha incontrato numerose “ragazze di vita”, gi? a partire dal secondo albo, dove ha una breve storia con Tina, una giovane “dai piedi freddi e il cuore caldo”. La prostituzione era una delle realt? del vecchio West, che Berardi e Milazzo hanno saputo raccontare con toni dolenti e realistici. In molte storie, le ragazze si esibiscono nei saloon, per poi intrattenersi coi “clienti” ai piani superiori; dietro di loro, immancabile, la squallida figura del lenone. Altre volte vivono in vere e proprie case di tolleranza gestite da ex-prostitute grasse e laide (ma spesso dotate di una rozza affettuosit? materna), che si fanno chiamare pomposamente “Madame”. Le prostitute di Berardi e Milazzo non sono le donnine allegre immortalate da Tinto Brass. Sono invece figure malinconiche, che, pur ostentando generose scollature, pizzi e trucchi vistosi, portano sul volto i segni di una vita tutt’altro che allegra. Milazzo le caratterizza come donne attraenti che per? hanno perso la loro freschezza e Berardi conferisce loro una visione disincantata del mondo e dei sentimenti. Eppure non sono personaggi che si piangono addosso: hanno invece un carattere risoluto e indipendente e sanno di vendere il proprio corpo, ma non l’anima. Guardano all’uomo come a un mero strumento professionale e ne conoscono a fondo la psicologia: nel racconto che la vede protagonista, la prostituta nera Adah fa l’elenco delle debolezze dei suoi clienti, evidenziando come gli uomini cerchino nel sesso tenerezza e sicurezza, ma siano sostanzialmente timidi. Adah ? uno dei personaggi in cui Berardi ha riversato tutta la sua capacit? di scavo psicologico della figura femminile e Milazzo, col suo segno essenziale ma fortemente espressivo, ne ha dato una resa efficace, modellandola graficamente come una bellezza nera dalle forme minute e dallo sguardo ora infantile, ora sensuale, ora implacabile. Nonostante tutto, anche queste “ragazze” credono nell’amore e spesso sognano di incontrare un uomo diverso, che le strappi dal bordello e consenta loro di cambiare vita. E’ il caso della stessa Adah, che scopre in Ken un modo di amare dolce e affettuoso; grazie a lui trover? la forza di reagire alle ingiustizie dei bianchi. Sogna di cambiare vita anche Lena Kolber (vecchia amica d’infanzia di Ken), che per mantenere il figlio illegittimo “fa le pulizie di notte”. Nello struggente Casa dolce casa (KP n. 30), il miracolo sembra accadere col ritorno del padre del bambino (anche lui amico di Ken e suo vecchio rivale in amore), ma poi tutto svanisce e l’unica cosa che Lena ottiene ? un pistolettata a tradimento del “pappa”. Perde tragicamente la vita anche Tina, a cui Ken aveva promesso di portarla via con s?, come se la morte violenta fosse l’inevitabile tragico destino di queste creature. Non a caso, una situazione ricorrente berardiana ? la sparatoria nel bordello, in cui proiettili destinati ad altri troncano la vita delle giovani prostitute. Un barlume di speranza per queste donne si intravede comunque nella pi? recente avventura firmata da Berardi, dove Lita, una giovanissima prostituta dalle forme acerbe e lo sguardo ancora innocente (splendidamente disegnata da Trevisan), decide di cambiare vita dopo l’incontro con Teddy Parker.
Altra tipologia ricorrente in Berardi ? rappresentata dalla moglie infedele o comunque incline al tradimento. Una donna del genere (lo abbiamo scoperto nello Special n. 2) ha iniziato al sesso il diciassettenne Ken; ? Jane, una bionda dal seno prosperoso e la faccia da ninfomane, che, invece di sollazzarsi con l’erculeo marito, preferisce traviare gli adolescenti inesperti, travolgendoli letteralmente con una sensualit? da panico. La storia proibita fra Ken e Jane ? narrata da Berardi tra erotismo e umorismo e illustrata con un tocco di malizia da un insuperabile Milazzo. In altre avventure, la figura della donna infedele ? stata analizzata con notevole finezza psicologica. Abbiamo conosciuto mogli facili a tradire perch? in preda alla follia, come Laura (KP n. 9), o perch? debilitate da un forte esaurimento, come Sarah Andrews (KP n. 53); quest’ultima, protagonista della bella avventura I pionieri, si innamora di Ken e trova in questo amore la forza di reagire a un forte stato di depressione e abbandono fisico. Ken per? tronca il rapporto, seppure a malincuore, per non strapparla alla famiglia. Altre donne abbandonano il vincolo matrimoniale perch? si sentono trascurate, come la Joan di Un alito di ghiaccio (KP Serie Oro n. 61) o sono sul punto di tradirlo sull’onda della nostalgia della giovent?, come Claire ne Il giudizio di Dio (KP n. 21). Sembra quasi che Berardi voglia mettere in evidenzia la fragilit? che caratterizza il matrimonio quando esso scivola nella monotonia e non ? stimolato da un continuo scambio di idee e una presenza costante dei due coniugi. Tuttavia, sebbene l’infedelt? caratterizzi molte delle donne sposate comparse nelle sue storie, Berardi non sembra nutrire una totale sfiducia nel vincolo matrimoniale; talvolta le coppie in crisi riescono a ritrovarsi, ma non senza una profonda presa di coscienza da entrambe le parti. Se la donna berardiana appare spesso infedele nelle vesti di moglie, non lo ? per? quasi mai in quelle di madre: i figli sono costantemente nel suo cuore ed ella ? pronta ad ogni sacrificio per loro.
Altro personaggio classico ? quello della maestrina. E’ una figura che incarna la donna che intende superare con la cultura la condizione di inferiorit? a cui l’uomo vorrebbe relegarla. Ken ha incontrato molte maestre giovani e piacenti e ha sempre evidenziato una forma di ammirazione e di fiducia verso questa figura: la maestra, infatti, ? colei che pu? insegnare agli uomini a saper distinguere la verit? senza falsi pregiudizi. La maestra di Berardi ha una personalit? forte e spesso scontrosa, ama mettersi a confronto con gli uomini e non di rado ? sensuale e dotata di costumi liberi e spregiudicati: come Vera Hanson, che nell’albo La lunga pista rossa, disegnato da Renzo Calegari, va a letto con Ken pur avendo gi? un fidanzato che l’aspetta (KP n. 17).
Un’altra figura molto cara a Berardi ? quella dell’adolescente che vede il proprio corpo trasformarsi e inizia a provare i primi turbamenti. Dell’adolescenza —et? critica in cui nell’individuo ? in corso una dura lotta fra la parte ancora infantile e quella gi? adulta— Berardi e Milazzo hanno creato una figura fortemente paradigmatica con Pat O’Shane, comprimario di cui si ? gi? scritto molto (e su cui, pertanto, non ci dilungheremo). Negli albi in cui ? protagonista (KP nn. 12-15), la piccola Pat vive il passaggio dalla fanciullezza all’et? matura e, nella storia in cui si separa da Ken, si innamora per la prima volta. Questa et? ? stata analizzata anche nel personaggio di Adah, che inizia con sgomento ad accorgersi delle rotondit? che affiorano sul proprio corpo, vive con sorpresa mista a terrore il sopraggiungere delle prime mestruazioni e arriva traumaticamente alla scoperta del sesso. Berardi ? riuscito a cogliere con finezza quel misto di ingenuit? e malizia che accompagna l’adolescenza e ne ha tratto uno dei capolavori di Nick Raider, Mosaico per un delitto (n. 1Cool, in cui lo sbocciare di una ragazzina ? alla base di un’incredibile tragedia famigliare. Spesso l’adolescente di Berardi sogna un amore tenero e delicato e arrossisce di fronte alle attenzioni dei ragazzi. A volte per?, finisce per scoprire l’amore in maniera brutale, come avviene a Amy, violentata selvaggiamente dal ragazzo di cui si stava innamorando (KP Collezione n. 4). Milazzo ha sempre caratterizzato molto bene le adolescenti, evidenziando le forme acerbe ma gi? provocanti e le espressioni tormentate di queste fanciulle in fiore.
Un altro personaggio ricorrente e ben caratterizzato ? quello dell’“indianina”. Nelle storie di Berardi ? sempre una figura energica, ardita, pronta a uccidere se necessario e non meno “femminista” delle colleghe dalla pelle bianca: un esempio ? Occhio d’anitra (KP Collezione n. 7), una squaw molto determinata, che non ha paura di condannare apertamente la guerra che strappa alle donne i mariti; o la bella Inuit Enja, che pu? anche accettare di essere prestata all’amico del marito come vuole il costume del suo popolo, ma si rifiuta fieramente di essere barattata con una pistola. Anche le indiane hanno dei costumi sessuali molto liberi, come si evince bene dall’albo Razza selvaggia (KP n. 4Cool: non hanno paura di fare l’amore prima del matrimonio e sono capaci di prendere l’iniziativa quando l’uomo che desiderano ? particolarmente timido o imbranato. Lo stesso Ken, come ? noto, ha sposato una indiana molto bella, Tecumseh, una figura che, purtroppo, ? stata poco approfondita. Nelle storie disegnate da Milazzo abbiamo incontrato le indianine pi? sensuali, dotate di una bellezza selvaggia spesso mostrata in scene di nudo molto ardite per un fumetto bonelliano ma mai volgari.

A letto col nemico.
Sarebbe imperdonabile non dedicare un po’ di spazio a quello che ? forse il pi? riuscito personaggio femminile di Berardi & Milazzo. Si tratta di Fanny Reid, una spietata cacciatrice di taglie che pu? essere considerata a buon diritto il “nemico numero uno” di Lungo Fucile. Capelli lunghi neri, labbra carnose, fisico minuto ma conturbante e una sensualit? accresciuta da gesti provocanti e un’espressione languida… Fanny si ? presentata a Ken nelle vesti di donna indifesa, ingenua e simpatica, per poi rivelarsi un’autentica vipera nel drammatico episodio Silenzio bianco (KP Collezione n. 1). Fra i due c’? un odio violento (Fanny ha causato la morte di Kamoose, grande amico di Ken, che l’ha vendicato abbandonandola fra le nevi), ma anche una fortissima attrazione fisica, sfociata in un amplesso quasi selvaggio poi lasciato a met?. Non a caso, Ken ha definito la ragazza “dolce come il miele d’autunno e infame come una morte senza onore”.
Fanny possiede molte caratteristiche della tipica donna berardiana, rivolte per? verso il male: in particolare, sa mentire spudoratamente grazie a una innata capacit? di vestire la pelle dell’agnello e di passare repentinamente dallo sguardo pi? candido a quello pi? perfido. La ragazza ha iniziato a uccidere per vendicare il fratello e ha continuato a farlo quando ha scoperto che era redditizio. Sa usare con implacabile bravura pistole, fucili e coltelli, ma la sua arma infallibile ? senza dubbio il sesso, di cui si serve con una disinvoltura sconcertante: in una sequenza di Ore d’Angoscia (KP Collezione n. 2), arriva addirittura a orinare in un bicchiere di fronte agli occhi increduli di un bandito per sedurlo (e nel disegno ne intravediamo il pelo pubico); poi, una volta tra le sue braccia, gli “massacra” i genitali con un calcio, per insegnargli che non ci si deve mai mettere in mano ad una donna. La stessa spregiudicatezza Fanny l’assume quando deve uccidere e lo fa sempre senza scomporsi e senza provare rimorsi, come quando, con un cuscino, soffoca Alec Browne immobilizzato a letto. Nell’ultima sua apparizione, realizzata graficamente da Polese (KP Collezione n. Cool, la bella assassina sembra quasi cambiata e umanizzata, ma ? solo apparenza: la partita con Ken, a cui ormai ? entrata nel sangue, ? ancora aperta.

Separati in casa.
Le pi? sensuali figure femminili create da Berardi sono senza ombra di dubbio quelle disegnate da Milazzo: l’illustratore si ? infatti rivelato pi? abile degli altri nel conferire un tocco provocante alle sue donne, dotandole di una figura flessuosa, di forme seducenti ed espressioni invitanti; in pi?, ? riuscito a disegnare numerose scene d’amore particolarmente ardite senza mai scadere nel cattivo gusto. Tuttavia, anche gli altri professionisti con cui ha lavorato Berardi ci hanno presentato dei piacevoli personaggi femminili. Con il suo stile ricco di tratteggi, Giorgio Trevisan ci ha regalato figure delicate e raffinate quali lady Barbara, bella come una bambola di porcellana, o la presunta madre di Pat O’Shane (KP n. 13). Bruno Marraffa ci ha presentato donne semplici ma con tutti gli attributi al posto giusto, come la bella Enja (KP n. 12) e Claire (KP n. 20). Anche Polese ha disegnato delle stuzzicanti figure femminili e la sua versione di Fanny ? solo di poco inferiore a quella di Milazzo. Su Nick Raider n. 18, Bruno Ramella (allievo di Milazzo) ha ottimamente caratterizzato la figura di Elisa, una sensualissima ninfetta bionda che ? al centro di un intricato caso. E Guglielmo Letteri, sul mitico albo speciale di Tex Oklahoma!, ha dato una splendida interpretazione delle due figure femminili che vi compaiono: la bella Rose Paxton, una timida e vereconda ragazza alle prese con la prima storia d’amore, e sua madre, una donna capace di soffrire in silenzio ed energica nonostante la salute cagionevole. Dal canto suo, anche Milazzo ha dato vita ad alcune interessanti figure femminili al di fuori della collaborazione con l’amico genovese. Nell’albo di Nick Raider Omicidio al Central Park (n. 5), scritto da Claudio Nizzi, le belle ragazze abbondano: dalla bionda vittima alla sfortunata Tessa, una mora tutto fuoco, procace e disponibile. E’ inoltre perfetta la caratterizzazione dell’assassina, Claire, nel cui volto si legge la disperazione che l’ha spinta al suo delitto. Nell’albo Jimmy e Juanita (n. 22), invece, ancora su testi di Nizzi, Milazzo ci offre un’indimenticabile interpretazione di Juanita, una bella brunetta che fa perdere la testa al giovane passacarte amico di Nick. Il personaggio ? caratterizzato da un forte contrasto tra l’aspetto da ragazzina e la consumata disinvoltura con cui diventa per Jimmy maestra d’amore.
La donna ha dunque occupato uno spazio considerevole nella carriera professionale di Berardi e Milazzo e questo ha fatto s? che i due autori sviluppassero una conoscenza sempre maggiore dell’universo femminile. Le donne nate dall’intesa artistica dei due autori sono senza dubbio tra le figure pi? complesse presentate dal fumetto e, coi loro pregi e difetti, hanno in s? il carisma della verit? o, quantomeno, della credibilit?. Era quindi inevitabile che, dopo tanti anni di approfondimento della figura femminile, Berardi facesse il grande passo e decidesse di fare di una donna la protagonista di una serie a fumetti. Negli ultimi anni, numerose eroine di carta hanno invaso le edicole, ma con risultati non sempre convincenti: o perch? erano figure eccessivamente mascoline o perch? costituivano un semplice pretesto per situazioni pi? o meno piccanti. Conoscendo per? la capacit? di introspezione di Berardi in campo femminile, siamo sicuri che l’imminente Julia sar? un personaggio interessante, una donna “vera”, e l’attendiamo con impazienza.
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Axel80
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 8:45 pm    Oggetto: Rispondi citando

grande akenat,da tuti gli articoli traspare la tua grande competenza, sei un altro dei valori aggiunti di questo forum Applause Applause
Quasi quasi si potrebbero mettere quelli Zagorinai in prima pagina sul portale Think
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Raglan
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MessaggioInviato: Lun Set 19, 2005 9:11 pm    Oggetto: Rispondi citando

Mi s? che questo FORUM st? doppiando quello l?! Laughing Laughing Laughing
E ancora la strada ? lunga.,.... Wink
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MessaggioInviato: Mar Set 20, 2005 10:12 am    Oggetto: Rispondi citando

Ciao Akenat, su Dime Press hai sempre scritto alla grande Wink
E' un vero piacere leggerti.
Complimenti e Applause Applause Applause
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Akenat
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MessaggioInviato: Mar Set 20, 2005 1:04 pm    Oggetto: Rispondi citando

Gracias, amigos! La proposta dell'Amministratore mi pare molto bella. Nel frattempo vi propongo qui questo articolo che ho scritto per Darkwood Monitor 4 in occasione della chiusura di TuttoZagor:

REQUIEM PER UNA RISTAMPA
di Angelo Palumbo


Nel mese di febbraio, la collana di ristampe TuttoZagor ha chiuso i battenti con il numero 235, intitolato “Il marchio dell’infamia”. La chiusura era nell’aria gi? da qualche tempo, ma fino all’ultimo si sperava che Sergio Bonelli rivedesse questa decisione. Purtroppo con le cifre non si pu? discutere e, negli ultimi tempi, le vendite della testata erano scese a livelli troppo bassi per permetterle di continuare la sua corsa in edicola.
Sembra quasi assurdo che il personaggio perda questa prestigiosa ristampa in un periodo invece cos? positivo per la serie inedita, che, grazie alla crescente qualit? delle nuove avventure, ? riuscita ad arrestare il trend negativo che le sottraeva ogni anno una percentuale di lettori. Tuttavia, non ? difficile intuire i motivi del fatale calo di vendite di TuttoZagor. La collana aveva ormai ristampato tutte le storie scritte da Nolitta e stava riproponendo quelle del periodo pi? recente, probabilmente gi? conosciute dalla maggior parte dei lettori pi? giovani. Non ? poi da escludere che qualche fan abbia smesso di acquistare la serie deluso da uno Zagor troppo diverso da quello nolittiano. Va inoltre aggiunto che gli albi Zenith successivi a “Zagor 200” sono facilmente reperibili a prezzi pi? che ragionevoli, dunque non ? improbabile che i neo-zagoriani abbiano preferito recuperarli alle mostre-mercato o richiederli all’editore, piuttosto che aspettare che fossero ristampati. A sottrarre altri lettori avranno infine massicciamente contribuito la crisi generale che ha investito il fumetto e il recente aumento delle testate edite da Sergio Bonelli, che pu? aver spinto molti lettori a fare delle rinunce. In questi casi, le ristampe sono le prime a essere abbandonate, specialmente da chi le acquistava pur avendo gi? gli originali.
Naturalmente non si deve respirare aria di sconfitta in questa chiusura, poich? 235 numeri e quasi dodici anni di ininterrotta presenza nelle edicole sono tutt’altro che pochi per una collana di ristampe. N? la fine di questa serie deve suscitare oscuri presagi sul futuro di Zagor, che continua ad avere un pubblico vasto e affezionato. E’ tuttavia innegabile che questo addio ci rattristi, perch? TuttoZagor era qualcosa di pi? di una semplice ristampa.

La filosofia editoriale.
Se pronunciate l’espressione “ristampa anastatica” di fronte a Sergio Bonelli, aspettatevi che tiri fuori la colt. L’Editore ha sempre visto nelle ristampe un’occasione per apportare ai vecchi albi correzioni o modifiche finalizzate a renderli, nei limiti del possibile, al passo coi tempi. Anche le famigerate censure effettuate sui primi albi di Tex rientrano in qualche modo in questa prospettiva. Siamo dunque ben lontani dalla politica di case editrici come la Dardo e la Max Bunker Press, che, per non scontentare i nostalgici, ripropongono le loro vecchie glorie senza neppure correggere gli errori di ortografia. Sergio Bonelli non ha mai privilegiato i nostalgici, si rivolge invece a un pubblico che immagina di gran lunga pi? smaliziato e meno indulgente di una volta. La sua tendenza a intervenire sulle vecchie avventure ? riscontrabile, anche se in misura minima, gi? nella prima ristampa di Zagor, pubblicata dal 1970 al 1983 per un totale di 161 numeri. Confrontando gli albi di questa collana con gli originali, si notano piccole correzioni, aggiunte riempitive nei dialoghi e talvolta anche interventi sui disegni (il pi? clamoroso ? nel n. 106, “Terre bruciate”).
In seguito, questa filosofia ? stata portata all’estremo nelle collane accomunate dal marchio Tutto, introdotto nel 1985 con la seconda ristampa ufficiale della serie Tex Gigante: Sergio Bonelli non ha semplicemente ristampato le avventure dei suoi eroi, ha voluto radicalmente rimodernarle. Ecco perch?, quando nel giugno 1986 ? iniziata la seconda ristampa di Zagor, i vecchi lettori hanno rivisto in edicola gli albi in una veste nuovissima, con la costoletta del tutto diversa e un’inedita grafica di copertina. Nella nuova versione, il titolo non ? pi? scritto a mano, bens? stampato in basso in un rettangolino, mentre la testata appare ingrandita e sistemata regolarmente in alto, con accanto la dicitura “Ristampa completa della Collana Zagor”e intorno una fascia contenente numero e prezzo. Ma i cambiamenti pi? macroscopici sono all’interno degli albi: il lettering ? rifatto al 90%, in modo che la forma e la posizione dei balloon sia pi? vicina ai gusti estetici moderni; non c’? pi? traccia di espressioni antiquate e dialoghi fiacchi o incongruenti; alcuni disegni risultano ritoccati o completamente rifatti, al fine di eliminare madornali dimenticanze o gravi contraddizioni; i credits sono finalmente completi. Con questa formula, ogni numero di TuttoZagor ha costituito una novit? non solo per chi non aveva mai letto le vecchie avventure dello Spirito con la Scure, ma anche per i lettori gi? in possesso degli albi originali, che li hanno riscoperti totalmente rinnovati. A partire dal n. 46, con cui la collana ? divenuta a grande richiesta quindicinale, ogni volume si ? poi arricchito di quattro pagine in pi?, contenenti il frontespizio e le interessanti rubriche “Darkwood Fermo Posta” (firmata da Sergio Bonelli), “Cico & Company” (interessante rassegna degli eroi della risata) e “I personaggi del mondo di Zagor” (galleria dei comprimari della serie, curata per alcuni anni nientemeno che da Tiziano Sclavi).

I pregi
TuttoZagor ha dato non poche soddisfazioni ai lettori. Un suo grande merito ? sicuramente l’aver riproposto le avventure con indicati i nomi degli autori. Nella serie originale, infatti, i disegni cominciarono a essere regolarmente accreditati solo nel 1979. Inoltre, dal 1971 al 1987, furono sistematicamente celati i nomi degli sceneggiatori che sostituivano Nolitta nella stesura dei testi. L’autore di Zagor temeva che i lettori potessero essere prevenuti verso storie scritte da altri e, soprattutto, non voleva che si pensasse che la collana fosse diventata una sorta di palestra per sceneggiatori sconosciuti. La nuova politica editoriale ci ha consentito di scoprire cose interessantissime: ad esempio che Alfredo Castelli inizi? a collaborare con la casa editrice di Sergio Bonelli proprio scrivendo una storia di Zagor, “Molok” (Zenith Gigante nn. 127-128 = TuttoZagor nn. 76-77). Ci ? stato inoltre rivelato che avventure prima ritenute di Nolitta, come “Il cavaliere misterioso” (Zenith Gigante nn. 190-192 = TuttoZagor nn. 139-141) e “Affondate il Destroyer!” (Zenith Gigante nn. 212-216 = TuttoZagor nn. 161-165), erano in verit? frutto della collaborazione con Decio Canzio; dulcis in fundo, abbiamo saputo che per circa un anno, tra il 1981 e 1982, tutte le storie di Zagor furono scritte da Tiziano Sclavi. L’aggiunta dei credits non solo ha reso giustizia agli autori, ma ha anche fatto felici i “lettori-filologi”, dissipando i dubbi che esistevano sulla controversa paternit? di numerose storie. Purtroppo, con la chiusura della collana, le avventure pubblicate dal n. 236 al 267 resteranno per sempre anonime: ? solo grazie all’opera meritoria di alcuni studiosi del fumetto se possiamo dire di conoscerne gli autori.
Altro grande pregio della ristampa ? nelle interessantissime rivelazioni contenute nelle rubriche postali sui retroscena delle avventure. Come in un confessionale, Sergio Bonelli ha svelato ai lettori molte delle fonti di ispirazione delle sue storie e ha raccontato numerosi e impensabili aneddoti riguardanti il suo lavoro e i suoi collaboratori.
Naturalmente, il maggior pregio della collana ? nello zelo quasi maniacale con cui ? stata condotta l’opera di revisione. Forse non tutti se ne sono accorti, ma il lavoro che la redazione si ? accollato per rinverdire i classici zagoriani ? stato enorme. Persino modifiche apparentemente semplici come quelle relative al lettering hanno comportato un impegno considerevole: spostare un balloon rende poi necessario ricostruire il disegno nello spazio che quello occupava; inoltre, per adeguare le immagini alla nuova forma tondeggiante e alla diversa collocazione delle nuvole parlanti, si ? spesso reso necessario rimpicciolire o “ribaltare” numerosi disegni. L’incredibile puntigliosit? con cui ? stata condotta l’operazione TuttoZagor emerge soprattutto osservando le scene ambientate all’interno di palazzi, saloon, case o capanne. Artisti veloci come Ferri e i compianti Donatelli e Bignotti si preoccupavano soprattutto di realizzare tavole belle ed efficaci e conferivano meno peso all’esattezza degli interni. Perci? non era raro che, nelle suddette scene, la posizione di oggetti, porte, finestre, armadi o caminetti mutasse da vignetta a vignetta, generando piccole contraddizioni di cui comunque pochi si accorgevano. I redattori hanno eliminato questi errori ridisegnando ex-novo gli sfondi di centinaia di pagine senza che nessuno se ne sia avveduto. Altra svista ricorrente riguardava le scene con personaggi seduti attorno a un tavolo, nelle quali potevano verificarsi erronei scambi di posto. Nella ristampa, fotocopiando, ribaltando o ridisegnando ex-novo i personaggi, questi errori non facili da notare sono stati corretti. Per far questo, ? chiaro che in redazione gli albi sono stati revisionati con una attenzione incredibile alle planimetrie e ai particolari. L’esecutore materiale di molti ritocchi grafici ? stato il valente disegnatore di Diabolik Giorgio Montorio.
Naturalmente, i redattori non sono intervenuti solo su queste minuzie, ma anche sulle sviste pi? evidenti disseminate a piene mani negli albi di Zagor. Storie gi? di per s? belle lo sono divenute ancor pi? una volta “depurate” da quegli errori che, in qualche modo, ne offuscavano la qualit?. In TuttoZagor sono state eliminate varie contraddizioni relative alle armi dell’eroe, che in molte occasioni apparivano o scomparivano in maniera incoerente, come negli albi “L’ultima sfida” (Zenith Gigante n. 88 = TuttoZagor n. 37), “La Marcia della disperazione” (Zenith Gigante n. 165 = TuttoZagor n. 114), “Masai Killer” (Zenith Gigante n. 194 = TuttoZagor n. 143) o “L’idolo cinese” (Zenith Gigante n. 210 = TuttoZagor n. 159). Con accurate modifiche nei dialoghi, ritocchi nei disegni e spostamenti di vignette, sono state corrette anche numerose situazioni poco credibili e addirittura dei buchi di sceneggiatura. E’ avvenuto, ad esempio, nell’albo “Fiamme nella notte” (Zenith Gigante n. 121 = TuttoZagor n.70), in cui si preannunciava un imminente assalto dei ferocissimi Malecite che poi, stranamente, non si verificava. Una situazione del tutto improbabile ? stata modificata sull’albo “L’uomo invisibile” (Zenith Gigante n. 218 = TuttoZagor n. 167), in cui Zagor e il malvagio maggiore Parker, pur essendo entrambi invisibili, riuscivano a fare tranquillamente a pugni. Nella ristampa, la sequenza ? stata modificata in modo che i due si affrontino mentre iniziano a tornare visibili. Sono stati inoltre modificati (qualcuno potrebbe dire “censurati”) alcuni comportamenti dell’eroe poco in linea con la sua indole. In molti dei primi albi, ad esempio, sono stati eliminati atteggiamenti troppo duri o perfino violenti nei confronti di Cico. Gli schiaffoni rifilati al povero Messicano in albi come “La furia di Zagor” (Zenith Gigante n. 72 = TuttoZagor n. 21), “Odio” (Zenith Gigante n. 90 = TuttoZagor n. 39) e “L’uomo Lupo” (Zenith Gigante n. 100 = TuttoZagor n. 49) sono spariti grazie a opportuni interventi sui disegni. Ancor pi? interessante ? il modo in cui sono state eliminate certe azioni dell’eroe incompatibili con la sua abituale lealt?. Nolitta scriveva di getto e poteva capitare che talvolta facesse agire l’eroe in maniera troppo istintiva. Nello Zenith Gigante n. 194, ad esempio, Zagor, dopo aver evitato una lancia scagliata a tradimento da Masai Killer, estraeva la pistola e uccideva l’avversario ormai disarmato. Nella ristampa questa situazione ? stata modificata in modo tale che Zagor estragga e spari nello stesso istante in cui Masai Killer lo bersaglia con la lancia: in questo modo l’uccisione del villain avviene in maniera senza dubbio pi? leale. Un analogo comportamento “scorretto” era nell’albo “Febbre Gialla” (Zenith Gigante n. 207 = TuttoZagor n. 156), in cui Zagor uccideva con una pistolettata alle spalle un soldato disarmato che cercava di scappare. Nella ristampa l’uomo ? stato graziato, anche perch?, alcune pagine dopo, ricompariva inspiegabilmente vivo e vegeto.
Alcune modifiche negli albi sono state veramente ardite. Si pensi al rimaneggiamento della figura di Tonka nella avventure “Ora Zero” (Zenith Gigante nn. 158-160 = TuttoZagor nn. 107-109), “Arrivano i samurai” (Zenith Gigante nn. 167-169 = TuttoZagor nn. 116-118) e “Agli ordini dello Zar” (Zenith Gigante nn. 176-179 = TuttoZagor nn. 125-128), nelle quali Donatelli e Bignotti avevano fornito un’interpretazione grafica del capo dei Mohawk ben diversa da quella definita da Ferri. E ancor pi? coraggiosa ? stata la decisione di invertire le copertine degli albi “Il giorno della giustizia” e “Addio, fratello rosso!” (Zenith Gigante nn. 172 e 173 = TuttoZagor nn. 121 e 122). Questo per rimediare a un erroneo scambio di copertine verificatosi a suo tempo: la drammatica immagine della morte del capo indiano Wakopa, destinata all’albo conclusivo dell’avventura, era finita sul precedente, a cui invece doveva essere assegnata l’imponente immagine di Zagor fra le rocce pubblicata sul n. 173. E’ una scelta che forse avr? infastidito i pi? tradizionalisti, ma indubbiamente giusta. Particolarmente felice ? stata inoltre l’idea di rifare ex-novo non solo i colori di tutte le cover, ma anche quelli dei due albi speciali “Indian Circus” e “Il mio amico Guitar Jim” (Zenith Gigante nn. 135 e 151 = TuttoZagor nn. 84 e 100), che nell’edizione originale non erano del tutto convincenti. Vanno invece considerate veri e propri “aggiornamenti” le modifiche effettuate sui primi 13 albi, dove il nome “Darkwood” (che all’epoca Nolitta non aveva ancora inventato) ? stato sostituito alle generiche indicazioni riguardanti il regno di Zagor.
Interventi del genere hanno dato un volto nuovo alla saga e hanno dimostrato quanto a Sergio Bonelli, principale promotore delle modifiche, stesse a cuore far giungere in mano agli zagoriani un prodotto di qualit?.

I difetti.
Naturalmente, come ogni cosa, TuttoZagor ha avuto anche degli aspetti negativi. Potr? sembrare strano, ma uno dei suoi difetti ? proprio nella rinnovata veste grafica. E’ vero, ha un aspetto pi? moderno, ordinato e affine alle recenti pubblicazioni bonelliane. Eppure, mi sia consentito dirlo, le collane con i titoli strillati a grandi lettere in copertina hanno tutto un altro fascino. Il titolo diventa parte integrante del disegno, salta subito agli occhi e conferisce un impatto pi? immediato alla tematica dell’albo. Non possiamo poi fare a meno di notare che la collocazione fissa della testata e la fascia che l’attraversa limitano notevolmente il copertinista, che praticamente non pu? utilizzare lo spazio in alto. Nelle copertine originali di Zagor, invece, quello spazio era particolarmente sfruttato, tant’? vero che spesso vi sconfinavano le monumentali figure di Ferri. Per adeguare l’immagine delle cover alla nuova impostazione grafica, i redattori hanno dovuto effettuare interventi decisamente peggiorativi, rimpicciolendo parecchi disegni, spostando pi? in basso alcuni personaggi ed eliminando i particolari disegnati in alto. La perdita del titolo scritto a mano ha tra l’altro lasciato uno spazio vuoto che ha reso inevitabili delle aggiunte riempitive non sempre gradevoli. Altra scelta poco felice ? stata la pur bellissima costoletta gialla, troppo diversa da quella della serie madre. Indubbiamente, Bonelli voleva rendere al meglio l’idea del totale rinnovamento che caratterizzava la collana, concepita soprattutto per chi iniziava da zero la collezione o intendeva intraprenderne una seconda. Ma non ha tenuto conto del fatto che una buona fetta degli acquirenti delle ristampe ? costituita da collezionisti intenzionati a completare le loro raccolte. I pi? pignoli fra questi hanno rinunciato in partenza a seguire TuttoZagor perch? gli albi non si amalgamavano con quelli in loro possesso: hanno preferito recuperare per altre vie i volumi originali o quelli della prima ristampa, di gran lunga pi? richiesti perch? molto pi? omogenei con la Collana Zenith, nonostante la diversa numerazione. Non ? un caso che, dopo le vendite incoraggianti del primo numero, la tiratura di TuttoZagor si sia poi stabilizzata su cifre pi? modeste, intorno alle 40.000 copie. E non ? un caso che anche le altre collane marchiate Tutto non abbiano mai avuto vendite strabilianti (tre su sei hanno interrotto le pubblicazioni). Quando si ? trattato di ristampare Dylan Dog, Bonelli si ? guardato bene dal compiere la stessa operazione: ha riproposto gli albi con la costoletta identica e minime varianti, con ottimi risultati di vendita. E nella Nuova Ristampa di Tex non ha ripristinato la veste grafica di TuttoTex, ha invece parzialmente recuperato quella degli albi originali, facendo riscrivere il titolo in caratteri pi? eleganti. Se avesse mantenuto la stessa costoletta della serie inedita, forse la collana avrebbe venduto anche di pi?.
Un altro difetto di TuttoZagor ? nel fatto che spesso, per migliorare la qualit? estetica del lettering, ? stata rovinata quella dei disegni. Come si ? accennato, per meglio collocare i balloon di forma tondeggiante, alcune vignette di Ferri sono state ribaltate (ossia stampate al contrario, come riflesse in uno specchio): ma in certi casi sarebbe stato meglio evitarlo, perch? molti disegni del creatore grafico di Zagor hanno la particolarit? di diventare bruttissimi una volta sottoposti a questo trattamento. In altri casi, la tendenza ad avvicinare i balloon ai personaggi che parlano ha fatto coprire dei bei particolari delle vignette. Altre volte sono state le correzioni stesse ad alterare la qualit? dei disegni, perch? non tutte le persone incaricate di effettuarle hanno imitato bene lo stile degli autori originali: la presenza di un piccolo errore a molti pu? sfuggire, ma un disegno brutto non sfugge a nessuno.
Talvolta i redattori sono rimasti vittime di una eccessiva smania di effettuare cambiamenti, che si ? concretizzata in interventi non indispensabili o decisamente peggiorativi. Ad esempio, nell’avventura dei Samurai, non c’era nessun valido motivo per cambiare il nome del corrotto maggiore Barry in Perry: in questo modo, anzi, il carognone si ? ritrovato con lo stesso cognome di uno dei pi? cari amici di Zagor, il colonnello Norman Perry. Altre inopportune modifiche hanno addirittura generato errori che non troviamo negli albi originali. Ad esempio, ne “La montagna degli dei” (Zenith Gigante n. 236 = TuttoZagor n. 185), un intervento grafico del tutto gratuito nelle prime pagine ha fatto s? che nella ristampa circolino per errore due casacche di Zagor. E nell’albo “L’orda del male” (Zenith Gigante n. 247 = TuttoZagor n. 196), l’incauto ritocco di una frase del tutto corretta ha fatto s? che Galad il Riol sfidi il Signore Nero chiamandolo col nome sbagliato.
In altri casi, l’eccessiva attenzione alle minuzie ha fatto perdere di vista errori giganteschi. Ad esempio, in una vignetta dell’albo “Guerriero Rosso” (Zenith Gigante n. 200 = TuttoZagor n. 149), tra coloro che assistono al tragico rientro della spedizione contro gli Shawnee si intravede la figura di Cico: ma il pancione non pu? affatto trovarsi l?, visto che ? stato sbattuto in galera in seguito a una rissa. Altra svista sfuggita ai redattori ? nell’albo “I tagliatori di teste” (Zenith Gigante n. 243 = TuttoZagor n. 192), in cui, tra i partecipanti all’annuale raduno dei capi, si vede anche Absaroka, che invece ? passato a miglior vita ed ? stato sostituito alla guida dei Wyandot dal sanguigno Akenat. Ma l’errore pi? clamoroso ? nell’albo “Il volto del nemico” (Zenith Gigante n. 280 = TuttoZagor n. 229): in una vignetta, Ferri aveva disegnato Zagor con la casacca di Supermike. E’ una svista che salta agli occhi ed ? anche abbastanza buffa, tanto che Sergio Bonelli ne aveva addirittura parlato in una rubrica postale, promettendo che su TuttoZagor sarebbe stata corretta. Invece ? rimasta l?. Simili dimenticanze sono abbastanza deludenti, anche se quest’ultima si pu? spiegare immaginando che, con la chiusura ormai alle porte, gli albi pi? recenti siano stati curati con meno attenzione. Solo cos? si giustifica l’incredibile svarione commesso nella rubrica “I personaggi del mondo di Zagor” del n. 234, in cui la nave del Capitano Fishleg viene chiamata col nome di una celebre marca di calze da donna!
Eppure, nonostante questi difetti, TuttoZagor era una gran bella collana. Mi mancher? molto l’appuntamento quindicinale con i classici zagoriani corretti e riveduti. Ritengo di aver respirato pi? di tanti altri questa serie, avendone scandagliato buona parte degli albi per scrivere la mia parte di note dello “Zagor-Index 1-100” e quelle dell’“Index 101-200”, attualmente in lavorazione. Questo confronto mi ha consentito di cogliere in dettaglio la cura e la meticolosit? che si nasconde dietro la nascita di un fumetto bonelliano. E naturalmente mi ha dato occasione di scoprire tanti particolari che mi erano sempre sfuggiti, pur avendo letto innumerevoli volte gli albi di Zagor. Spero che i due Index, svelandovi o facendovi notare i numerosi interventi effettuati su TuttoZagor, riescano a trasmettervi le stesse emozioni che questa ristampa ha fatto provare a me.
Augurandoci che da Bonelli si studi prima o poi qualche formula vincente per riproporre in edicola le vecchie glorie zagoriane (comprese quelle degli anni ‘80), ci consoleremo con la bella ristampa anastatica degli Albi a Striscia curata da Stefano Mercuri, che ci sta regalando interessanti sorprese sullo Zagor delle origini. Lo Spirito con la Scure non finir? mai di stupirci.

Angelo Palumbo
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MessaggioInviato: Mar Set 20, 2005 1:13 pm    Oggetto: Rispondi citando

grazie Akenat Very Happy bella questa tua iniziativa Applause per? accidenti quanto spazio ti davano? Shocked Laughing Wink
saettainvidiosa che presto si legger? tutte le tue rece tuttodunfiato Smile
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MessaggioInviato: Mar Set 20, 2005 5:35 pm    Oggetto: Rispondi citando

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MessaggioInviato: Mar Set 20, 2005 8:16 pm    Oggetto: Rispondi citando

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MessaggioInviato: Mer Set 21, 2005 12:37 pm    Oggetto: Rispondi citando

Che dire, ragazzi, per me ? molto bello riproporre quanto ho scritto in dieci anni di intensa attivit? con riviste come Dime Press e Darkwood Monitor. Pensavo che quegli scritti fossero arcinoti, invece scopro che molta gente non li ha mai letti. In effetti, per certi argomenti mi veniva concesso molto spazio e potevo sviscerare tutto quello che avevo da dire. Con le recsensioni, invece, avevamo pi? restrizioni e dovevamo essere sintetici.
Qui sotto vi propongo l'unica intervista che mi ? capitato di realizzare per un volume su Zagor edito da Salvatore Taormina, dove c'era persino una mia foto, risalente agli anni in cui avevo ancora qualche capello in testa...


INTERVISTA A
FRANCESCO GAMBA
a cura di Angelo Palumbo


Francesco Gamba ? il creatore grafico del Piccolo Ranger e il disegnatore dei nuovi albi Speciali dedicati a Cico. Ma ? anche una persona molto cordiale e spiritosa, come scoprirete leggendo questa intervista.

A.P. - I suoi primi lavori per Zagor risalgono al 1977, quando, in veste anonima, aiut? il compianto Franco Donatelli a ultimare alcune storie (“Pericolo Biondo”, “Febbre Gialla” e “Affondate il Destroyer”). Pu? parlarci di questa collaborazione?

F.G. - Per me ? stato un grande piacere dare una mano al caro amico Donatelli. Mi spiacque che questa collaborazione avvenne a causa di alcuni suoi problemi di salute. Era una persona tanto affabile e gentile. Ricordo che attorno agli anni Cinquanta, in occasione del primo tentativo di riunione dei “fumettari”, fu lui ad accogliere me e mio cugino Pietro nel gruppetto. Io e Pietro (che venivamo da Barbaiana, quindi dalla campagna…) ci dirigemmo con aria incerta verso un gruppo con al centro Donatelli, D’Amy, Canale, Cimpellin e altri. Fu Franco a rassicurarci col suo accattivante sorriso. “Oh! Ecco i Cugini di Campagna!”, disse. Da allora fummo molto amici, anche se, a causa del lavoro impegnativo, ci vedevamo assai di rado.

A.P. - Tra il 1980 e il 1981, Lei firm? ben quattro storie di Zagor. In quel periodo era impegnato anche con le avventure dell’indimenticabile Piccolo Ranger. Come riusc? a conciliare il lavoro per le due serie?

F.G. - Ho disegnato le storie di Zagor in contemporanea con quelle del Piccolo Ranger. Non ho subito alcun trauma per questi sbalzi da un personaggio all’altro… sono abituato a simili condizioni di lavoro!

A.P. - Era pi? difficile disegnare le storie di Zagor oppure quelle di Kit Teller?

F.G. - Kit Teller, piaccia o meno, ? stato una mia creatura e l’ho amato tanto… ? cresciuto nelle mie mani e spero di non essere io il principale artefice della sua morte! Quanto a Zagor… beh, devo ammettere che lo disegnavo con qualche fatica maggiore: il personaggio non era il mio abituale. Penso sia cos? per tutti.

A.P. - Dopo la chiusura del Piccolo Ranger, Lei ha disegnato due lunghe avventure della miniserie River Bill, creata da Nolitta. Cosa ne pensa di questo personaggio? E come decise di tornare a Zagor?

F.G. - River Bill ? stato un personaggio poco sentito. Iniziato da Nolitta mal volentieri, fu poi passato a un Mauro Boselli giovane che forse aspirava gi? a qualcosa di pi? succoso… fatto sta che, in questo clima di scarsissimo entusiasmo, la cosa ha influenzato anche me e quindi… eccomi di nuovo a Zagor!

A.P. - Oggi Lei si occupa esclusivamente degli Speciali di Cico, serie in cui ha brillantemente messo a frutto il talento umoristico esercitato con i numerosi personaggi buffi che comparivano sul Piccolo Ranger. E’ contento di questa sua nuova attivit??

F.G. - Certo. E sono contento che gli Speciali di Cico abbiano un buon successo. Ho sempre avuto una vena umoristica, ma raramente ho potuto esprimerla appieno. Mi pare di aver letto da qualche parte che con Cico sto rivivendo una seconda giovinezza professionale… spero sia vero.

A.P. - Le garantisco che ? vero… anche perch? sono stato io a scrivere quella frase (su Dime Press 11 e Darkwood Monitor 3). Preferisce disegnare storie avventurose o umoristiche?

F.G. - Rispondere a questa domanda mi imbarazza un po’. Diciamo che ora, con Cico, preferisco quelle umoristiche. Resta per? sottinteso che la storia avventurosa con innesti umoristici non la disdegno! E, in fondo, gli Speciali di Cico non sono un po’ su questa linea?

A.P. - Quali sono i suoi ritmi di lavoro?

F.G. - Affronto il lavoro con uno spirito diverso da quello di un tempo. Venti o ventidue tavole al mese mi bastano, pur avendo la potenzialit? di disegnarne una trentina e pi? (volendo). Ma nei primi anni del Piccolo Ranger, nel corso di qualche folle exploit, raggiunsi le sessanta tavole! A quei tempi si doveva correre (pi? di Cico nelle sue gag!).

A.P. - Il suo ? un disegno estremamente leggibile, pulito e dinamico. Che tecnica usa principalmente?

Preferibilmente completo a matita le venti tavole. Poi inizio a inchiostrarle col pennino e le completo col pennellino. Ma non sono razionale nel procedimento e il pi? delle volte completo la vignetta col pennino stesso.
Per quanto riguarda lo stile, ho sempre cercato di fare in modo che il lettore non affaticasse la vista su un disegno molto tratteggiato o sovraccarico di particolari. Mi piace inoltre muovere i personaggi con un certo dinamismo: negli albi di Cico, che deve spesso darsela a gambe, dinamicit? ce ne vuole!

A.P. - Sul Piccolo Ranger Lei si ? dimostrato un ottimo copertinista. Le manca questa attivit??

F.G. - Un po’… e se l’editore mi chiedesse di riprenderla, senz’altro risponderei “obbedisco”. Per? questa richiesta non viene fatta e non per questo son qui a “torcermi le vesti”, come diceva il pittore De Chirico.

A.P. - Oltre che un valente umorista, lei ? piuttosto abile nelle resa delle figure femminili. Penso, ad esempio, alla sensuale Blondie di “Pericolo biondo”, o alle belle ragazze che spesso Kit Teller incontrava nelle sue avventure. Cosa ci dice di questa sua particolare versatilit??

F.G. - Dovendo rappresentare una figura femminile giovane, penso sia pi? piacevole per l’occhio del lettore se la raffiguro bellina (con tante racchie che circolano!). Ma a proposito di racchie, se proprio ne vuole vedere due belle (ma belle come racchie), guardi su “Cico Giornalista” le due figlie del pittore. Come vede, non disegno solo piacevoli creaturine… ma non confondiamoci con Manara.

A.P. - Oggi lei lavora esclusivamente su testi di Moreno Burattini. In passato, invece, ha disegnato storie scritte da G.L. Bonelli, Lavezzolo, Nolitta, Canzio, Pezzin e altri. Con chi si ? trovato meglio?

F.G. - Ho lavorato molto bene con Gianluigi Bonelli: ? un ottimo sceneggiatore, col quale non collaboro da tempo. Mezzo secolo fa abbiamo realizzato Yorga, Terry, Yado e perfino qualche Tex.
Su Nolitta non posso esprimermi… ? il mio capo, ho paura che mi cacci!
Anche Canzio ? un pezzo grosso (molto grosso!), non me la sento proprio di dar giudizi su di lui.
Lavezzolo, invece, ? morto da tempo e i morti ? meglio lasciarli in pace. Resta Pezzin, un bravo sceneggiatore che ho perso di vista. Di lui ricordo in particolare un episodio del Piccolo Ranger sugli uccelli assassini, ispirato al film di Hitchcock (nn. 188-190). A lui era piaciuto come lo avevo disegnato e pure a me e ad altri. Moreno Burattini ? un puledro rampante pieno di entusiasmo. Mi procura documentazione, mi allega suoi disegnini per mostrare ci? che vuole, si fa in quattro quando sono a corto di testi. Quando abbiamo realizzato “Cico Paladino”, ha schizzato di suo pugno i disegnini impressi sul lenzuolo che Cicobrando applica al muro (pp. 36-39). Io ho trovato quegli schizzi cos? adatti all’uopo, che li ho solo lucidati e ritoccati! Temevo di rovinarne il candore, ridisegnandoli. Certo per? che anche Moreno, con quel cognome… devo cercare di essere in GAMBA per tirarlo un po’ su!

Ringraziamo Francesco Gamba per la sua gentilezza e la sua schietta simpatia.
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MessaggioInviato: Mer Set 21, 2005 1:12 pm    Oggetto: Rispondi citando

questo sar? un forum scherzoso....ma ha altrettanta qualit?, non si scherza su questo Applause Applause Applause Applause Wink
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