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Autore Messaggio
Doc Lester 1975
Iper Zagoriano
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Registrato: 16/11/15 23:07
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MessaggioInviato: Sab Lug 01, 2017 9:11 am    Oggetto: Rispondi citando

E invece è una bella pensata!
Tre Hellingen contro Zagor! Che titolo intrigante! Che storia memorabile che potrebbe uscirne fuori! Perfetta per rilanciare definitivamente la collana! Il curatore potrebbe affidarne la sceneggiatura a Mignacco e farla disegnare da Piccatto e poi cominciare a pubblicizzarla e spoilerarla con almeno due anni d'anticipo, per alimentare l'attesa spasmodica degli zagoriani e non solo. Sarebbe l'evento fumettistico del 2020!

Si potrebbe pensare anche ad un sondaggio: quale dei 3 Hellingen preferite?
A) il vecchio poveraccio sclaviano, che ascolta rapito le filosofate di Kiki Manito sul senso della vita e con amore e tenerezza chiama Zagor "nemico mio carissimo";
B) l'androide boselliano, che vive in un maniero mitteleuropeo dove si diverte a guardare la tv, a giocare con i mostri e ogni tanto va a trovare l'amico Wendigo in un'altra dimensione per un goccetto o una partita a carte;
C) il clone burattiniano, frustrato nazista ante-litteram rinato in una vasca da bagno nei sotterranei di Altrove.

Tutto questo sarebbe senza dubbio la più grande operazione di rilancio della testata mai attuata in più di cinquant'anni, troverebbe ampio consenso nei social e chi non dovesse gradirla sarebbe senz'altro un detrattore.
Wink
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Luca Barbieri ha scritto:
Sergio Bonelli ha sempre prestato estrema attenzione alla plausibilità degli avvenimenti, base fondante di una convincente "sospensione dell'incredulità". Nolitta ha ben chiaro in testa che le storie di Zagor devono essere sempre verosimili e solide, con i piedi radicati per terra, nonostante l'ambientazione sia aperta alla più sfrenata fantasia.
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Zagrosky
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Messaggi: 36820
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MessaggioInviato: Sab Lug 01, 2017 9:18 am    Oggetto: Rispondi citando

Doc Lester 1975 ha scritto:
un detrattore.
Wink



Presente! salute
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Sacco di carbone, faccia di limone spremuto, muso di terracotta, figlio di centomila vermi....ipocriti dementi schiavi del politically correct , finitela di romperci i cogl....



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qui non si fanno distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani! Qui vige l'eguaglianza: non conta un cazzo nessuno!

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zagoriano
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MessaggioInviato: Dom Ott 22, 2017 10:37 am    Oggetto: Rispondi citando

UN CAPOLAVORO da portare anche al cinema. E' una sceneggiatura cinematografica ed abbiamo avuto la fortuna di averla su ZAgor
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LA MIA VITA, QUESTA VITA, E' STATA BUIO E LUNA PIENA. OGNI TANTO DEI BASTARDI AD ABBAIARMI NELLA SCHIENA.
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Akkron96
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MessaggioInviato: Mar Feb 26, 2019 8:28 pm    Oggetto: Rispondi citando

Ebbene sì, mi accingo a leggere il ritorno boselliano di Hellingen e quindi ho sentito la necessità di rileggere Incubi... Riaprendo il vaso di Pandora di questo forum, premetto che invito detrattori e adoratori ad astenersi dal commentare con sterili post mono-riga in cui ripetere per l'ennesima volta un parere privo di argomentazioni.
Che piaccia o non piaccia, qualsiasi opera può essere analizzata per rivelare significati e stili, ci tengo a precisare la mia prospettiva in questa parte calda del forum sperando di evitare commenti gratuiti. Dopo questa premessa possiamo cominciare!

Analisi extra-testuale:

La maggior parte dei discorsi intorno a Incubi si concentra su ricadute e categorizzazioni che rimandano a questioni esterne, più legate a percezione, legittimità ed eredità della storia invece che al racconto vero e proprio. Ritengo che sia utile affrontare prima questi argomenti per poi soffermarsi sul fulcro del discorso, cioè la narrazione interna al testo.

Credo che criticare questa storia sulla base di elementi prettamente extra-testuali tradisca una certa partigianeria, in cerca di elementi esterni per sostenere la propria tesi, piuttosto che essere una riflessione oggettiva sulle sue ricadute e implicazioni. Vediamo per punti le tematiche principali:

- Inizio della deriva pseudo-spirituale: se non piacciono le scelte successive di Boselli e Burattini, mi sembra scontato che la responsabilità sia da attribuire esclusivamente a loro, e non a una storia di Sclavi. Altrimenti, sarebbe come prendersela con Steno o Monicelli per aver gettato le basi da cui poi è derivato il cine-panettone;

- Storia nolittiana o non nolittiana: uno degli atteggiamenti che disapprovo maggiormente è il giudizio di una storia sulla base dell'aderenza al modello stilistico del creatore. Dopo sessant'anni, se si fosse continuato a seguire esclusivamente lo stile di Nolitta, la collana si sarebbe interrotta per ripetitività o avrebbe assunto dei tratti di monotonia apprezzabili solo da seguaci pluri-decennali interessati nostalgicamente al mero ritrovare ogni mese lo stesso identico fumetto della propria infanzia.
Per me la questione non sussiste: è una storia che Nolitta non avrebbe scritto, allo stesso modo in cui non avrebbe scritto Vendetta Vudu o Il tessitore, come Arthur Conan Doyle non avrebbe scritto la recente versione cinematografica di Sherlock Holmes: se si vuole continuare a leggere Nolitta si può tranquillamente riprendere una storia classica, invece di pretendere che una narrazione seriale continui a ripetersi senza variazioni, contraddicendo uno dei principi costitutivi di questa modalità narrativa.
La questione, semmai, è se Incubi sia o meno una storia zagoriana, e ciò rientra nel campo dell'analisi testuale di cui mi occuperò più avanti;


- Pubblicazione non idonea: vorrei fare presente a chi sostiene che Incubi sarebbe dovuta uscire su uno speciale, o peggio ancora come storia di Dylan Dog, che queste affermazioni sono poco sensate per due motivi: innanzitutto criticare il luogo di pubblicazione non inficia in alcun modo sulla qualità, oltre a non aggiungere nulla al giudizio; in secondo luogo, Incubi non avrebbe avuto senso al di fuori della serie regolare, in quanto uno dei suoi obiettivi ed effetti principali è far collidere il what if con il convenzionale, e non proporlo come pura e semplice alternativa. Pubblicata su uno speciale non avrebbe creato questo attrito, facendogli perdere buona parte del significato e creando meno scompensi nei tradizionalisti, che l'avrebbero vista come storia innocua facilmente tralasciabile (e non era sicuramente questo l'intento di Sclavi e Bonelli). Per quanto riguarda il paragone con DYD non vorrei sprecarci troppe parole: i due personaggi sono figure così diverse che non avrebbe alcun senso vedere Dylan come eroe mitico né Zagor come protagonista sensibile, romantico e malinconico; Incubi è così legata al genere proprio di Zagor che una sua versione dylaniata potrebbe mantenere solamente i tratti horror e i diversi livelli di realtà, elementi formali del racconto che non corrisponderebbero ai contenuti profondi della storia di Sclavi;

-De gustibus: se non piacciono il genere o lo stile, si dovrebbe cercare di dividere il puro apprezzamento personale dal riconoscimento della qualità presente in un'opera. In questo topic ho visto molti commenti tipo "la storia più brutta di Zagor IMO", quando sarebbe più corretto dire "la storia che mi è piaciuta di meno", dato che in quanto a qualità mi sembra innegabile che, negli stessi anni di Incubi, la collana presentava prodotti mediocri in cui è difficile trovare qualcosa a parte la piatta riproposizione di cliché del genere e di Zagor, cosa che senza dubbio non si può dire di Incubi, almeno per il fatto di aver provato a esplorare vie nuove.

Analisi testuale:

La storia inizia come lo Zagor più classico. Ma la situazione di pace, con l'eroe a caccia e Cico che ozia, viene stravolta da subito e in maniera diretta, esplicita: è il cervo, la preda, a sorprendere il predatore, avvisando quest'ultimo e il lettore che "d'ora in poi tutto può accadere". Fin da questa prima scena possiamo rilevare il modus operandi di Sclavi: il massimo del convenzionale, o meglio il suo ricordo, viene a scontrarsi con il massimo dell'imprevedibile e dell'irrazionale.
La scena successiva conferma questo approccio e lo sposta su un altro livello ontologico: il cervo parlante e il ragno gigante, reminiscenze di scene horror classiche di avventure precedenti, si presentano sotto forma di allucinazioni.
Ricordo e follia si alternano e si intrecciano nella prima parte della storia, con i personaggi che ripercorrono i luoghi e incontrano i personaggi di Magia senza Tempo, e con la crescente incertezza di Zagor sulla percezione della realtà. Questa confusione continua a complicarsi, e lungo l'intero racconto verranno aggiunti e sovrapposti diversi gradi del reale e e del surreale: il viaggio interiore nella mente, l'assurda "recita" dei soldati, il sogno premonitore di Makuaty sulla fine del popolo rosso, la realizzazione esplicitamente autoriflessiva e ironica del sogno di La Plume.
A queste scene isolate, che già conferiscono un peso diverso al valore della realtà, si vanno ad aggiungere delle cornici che non solo rimettono in discussione le scene precedenti, ma interferiscono a vicenda tra di loro causando una serie di ambivalenze inestricabili: sto ovviamente parlando del racconto leggendario del vecchio indiano e dell'esperienza metafisica e introspettiva di Hellingen, che rappresentano in sintesi i due temi principali di Incubi; mito e individualità, traiettorie fondamentali che si intrecciano e si determinano a vicenda in questa epopea secondo le spaventose coordinate dell'incertezza. Se il carattere leggendario del mito si fonda sempre sull'oscillazione tra ispirazione reale e costruzione retorica, di contro l'individuo si trova in una tensione costante tra realtà interiore ed esteriore.

L'eroe, punto di incontro tra individualità e mito, in questo caso arriva a scontrarsi con una serie di ostacoli e difficoltà macroscopiche che hanno un'origine microscopica: la mente di Hellingen, che crea in quella di Zagor - e nella sua realtà - gli incubi astratti e concreti che danno il titolo alla storia.
Nella pregnante riflessione sul rapporto tra eroe e antagonista si articolano i diversi livelli del conflitto del personaggio: interiore/psiche, relazionale/interpersonale, esteriore/mondo/realtà. La maestria di Sclavi risiede nella struttura che articola i due percorsi di Zagor e Hellingen tra questi diversi livelli: essi si costituiscono seguendo traiettorie opposte, arrivando poi a incontrarsi nel finale.
Zagor parte dal confronto con se stesso, che ha luogo nella sua mente con la battaglia contro il demone della follia; dall'insicurezza e dall'indecisione iniziali passerà a un'impulsività e a una suscettibilità sempre più accentuate, arrivando a reagire in maniera violenta e incontrollata di fronte anche al minimo turbamento. La dimensione interpersonale comincia dunque a vacillare, e l'eroe si scoprirà incapace di distinguere gli amici dai nemici, di proteggere e salvare gli alleati e di controllare il proprio ruolo di re di Darkwood. È così che si delinea il conflitto di proporzioni maggiori, quello con la realtà circostante: la messa in discussione e lo svelamento dei metodi di impressione sugli indiani, lo statuto di inviato immortale di Manito, la realizzazione del destino fallimentare della missione di pacificazione tra pellerossa e bianchi; in questo scenario apocalittico, in cui Zagor si confronta con una verità finora impenetrabile grazie all'artificio della finzione narrativa, che lo ha sempre ritratto come eterno difensore di un mondo in cui i due schieramenti rimangono in un precario ma costante equilibrio, si compie la totale decostruzione della figura mitica e del personaggio fumettistico. A rafforzare questa tesi, le tre morti affrontate dal protagonista in questa storia: all'interno della propria mente; per mano di Shalak; e addirittura il suicidio. Solo tramite questa serie di ostacoli e sofferenze l'eroe potrà risorgere dalle ceneri e diventare mito universale.
Per quanto riguarda Hellingen, il mad doctor compie un percorso inverso: il suo viaggio comincia con l'incontro di un nuovo mondo (l'astronave), si sposta sul piano delle relazioni quando ritorna sulla Terra e comincia a interagire con la sua nemesi e con gli altri personaggi, e si conclude con il confronto e la realizzazione della verità individuale più difficile da accettare, quella della propria morte.
Si delinea così un'evoluzione parallela e opposta dei due personaggi: se Zagor parte da una condizione di umanità per poi perderla in maniera esponenziale - e, di fatto, non riacquistarla più, diventando il campione divino del Bene e mito immortale - Hellingen invece compie una trasformazione inversa, da entità metafisica onnipotente a essere umano fragile e impotente.

La dimensione epica, sostenuta da un Ferri che non toccherà più simili vette di maestosità e virtuosismo (grazie anche all'impostazione non convenzionale di molte tavole), culmina nello scontro tra titani attraverso le dimensioni, una delle sequenze più potenti e cariche di significato dell'intera pubblicazione Bonelli, tanto che è stata ripresa nell'ultimo team-up di Dylan Dog e Martin Mystere per porre le basi del multiverso.
Questo finale epico (in verità sarebbe più corretto parlare di un doppio finto finale seguito da un epilogo circolare con sospensione) scioglie ogni dubbio sulla natura profonda di questa storia. Essa è un'epopea anti-zagoriana, in quanto si pone come spartiacque e momento autoriflessivo dell'intera serie tramite la problematizzazione di tutti i canoni di Zagor, dalla quale nasce una nuova visione capace di esplicitare sia l'elasticità del genere che gli elementi paradossali sui quali si fonda l'universo narrativo. E questo approccio antitetico è ben diverso dall'essere non-zagoriano.

Menzione speciale ai disegni del maestro Ferri, che qui firma il suo ultimo capolavoro dando forma a contenuti più surreali, macabri, cruenti e mitici grazie alla visionarietà dei testi di Sclavi, il quale conclude la sua carriera su Zagor con una pietra miliare capace di conciliare al tempo stesso gli elementi narrativi tradizionali della serie - per quanto sconvolti - e il proprio stile, con le tematiche ricorrenti della sua poetica: la follia, l'orrore, la comicità grottesca e fuori-luogo, addirittura la critica alle istituzioni, ma soprattutto la capacità della mente di immaginare e creare nuovi mondi talmente inaspettati da scuotere qualsiasi certezza del lettore.
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- Serie regolare fino a 524 (Zagor contro Mortimer) da 654 a 670 (I sette vikinghi)
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Doc Lester 1975
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MessaggioInviato: Mar Feb 26, 2019 9:46 pm    Oggetto: Rispondi citando

Mi perdonerai se scrivo un "commento gratuito" Wink
Trovo che la tua recensione sia più bella ed interessante della storia stessa.
Ti faccio i miei complimenti più sinceri Applause Applause Applause
Però rimango della mia idea: a me ha molto disturbato la "diversità" di Incubi, storia che ho letto 4-5 volte ad età diverse senza mai cambiare parere...
Probabilmente e semplicemente, sono un amante del realismo, nel fumetto come in tutte le arti, e non amo ciò che è surreale. Chiaro, per me, che anche una storia del versante horror o fantastico può essere "realistica": dipende dal suo grado di credibilità. Invece Incubi va completamente fuori, e dove vuole andare Incubi io non riesco proprio ad entrare. Se il fumetto Zagor fosse stato scritto sempre in questo modo, io sicuramente non l'avrei comprato.
Comunque grazie per il tuo contributo Very Happy tanto competente come sempre.
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Luca Barbieri ha scritto:
Sergio Bonelli ha sempre prestato estrema attenzione alla plausibilità degli avvenimenti, base fondante di una convincente "sospensione dell'incredulità". Nolitta ha ben chiaro in testa che le storie di Zagor devono essere sempre verosimili e solide, con i piedi radicati per terra, nonostante l'ambientazione sia aperta alla più sfrenata fantasia.
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Akkron96
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MessaggioInviato: Mar Feb 26, 2019 10:02 pm    Oggetto: Rispondi citando

Doc Lester 1975 ha scritto:
Mi perdonerai se scrivo un "commento gratuito" Wink
Trovo che la tua recensione sia più bella ed interessante della storia stessa.
Ti faccio i miei complimenti più sinceri Applause Applause Applause
Però rimango della mia idea: a me ha molto disturbato la "diversità" di Incubi, storia che ho letto 4-5 volte ad età diverse senza mai cambiare parere...
Probabilmente e semplicemente, sono un amante del realismo, nel fumetto come in tutte le arti, e non amo ciò che è surreale. Chiaro, per me, che anche una storia del versante horror o fantastico può essere "realistica": dipende dal suo grado di credibilità. Invece Incubi va completamente fuori, e dove vuole andare Incubi io non riesco proprio ad entrare. Se il fumetto Zagor fosse stato scritto sempre in questo modo, io sicuramente non l'avrei comprato.
Comunque grazie per il tuo contributo Very Happy tanto competente come sempre.

Grazie Doc, ma il tuo commento non è gratuito, hai portato i tuoi motivi!
Ti posso rispondere che senza la sua diversità non avrebbe avuto senso come storia, e sicuramente esiste dentro a Zagor proprio perché è un unicum isolato e folle, sarebbe stato assurdo un fumetto di questo stampo con uno standard del genere Very Happy
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jupiter973
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MessaggioInviato: Mer Feb 27, 2019 4:04 am    Oggetto: Rispondi citando

Akkron96 ha scritto:
Menzione speciale ai disegni del maestro Ferri, che qui firma il suo ultimo capolavoro dando forma a contenuti più surreali, macabri, cruenti e mitici grazie alla visionarietà dei testi di Sclavi, il quale conclude la sua carriera su Zagor con una pietra miliare capace di conciliare al tempo stesso gli elementi narrativi tradizionali della serie - per quanto sconvolti - e il proprio stile, con le tematiche ricorrenti della sua poetica: la follia, l'orrore, la comicità grottesca e fuori-luogo, addirittura la critica alle istituzioni, ma soprattutto la capacità della mente di immaginare e creare nuovi mondi talmente inaspettati da scuotere qualsiasi certezza del lettore.


Bellissimo questo passaggio io ho sempre pensato che Ferri perdesse tempo con Nolitta e fosse sprecato per Zagor e questa storia ne è la prova definitiva
Ferri ha dimostrato che su un fumetto con toni più surreali macabri e cruenti (come hai scritto tu) diretto da maestri come Sclavi (secondo me il più
grande di sempre in SBE) poteva diventare tranquillamente uno dei più grandi disegnatori del mondo con dei fumetti adatti al suo specifico talento
(introvabile per ora e forse per sempre) nel panorama mondiale dei Comics.

Se Zagor ha resistito tutto questo tempo in edicola è indubbiamente merito di Ferri come è indubbio che Ferri (dopo 11 anni con il mediocre Toninelli)
ha disegnato questa storia con tutto l'amore possibile per il suo personaggio che era a un passo dal baratro.
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bordenchase ha scritto:
jupiter973 ha scritto:
Quando ho visto comparire l'ennesimo bimbominkia boselliano (questa volta cioccolatino) ho ritrovato l'entusiasmo dei giorni migliori

Questa faccenda del bimbominkia mi fa incacchiare più di quanto immaginiate. Il prossimo che lo dice lo vengo a prendere a casa!


Zeb Dowler ha scritto:
jupiter973 ha scritto:
Rauch non fare il timido sappiamo che hai rispolverato Stiletto dal suo oblio cheers

E' talmente nell'oblio, che ho dovuto ricercarlo sugli Index, per vedere di chi parlavi... Laughing

cama69 ha scritto:
L'utilizzo del nome Jupiter per il capo discepolo di Hellingen vale il costo di tutti e tre gli albi della storia
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Super Mark
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MessaggioInviato: Mer Feb 27, 2019 11:04 am    Oggetto: Rispondi citando

Citazione:
Bellissimo questo passaggio io ho sempre pensato che Ferri perdesse tempo con Nolitta e fosse sprecato per Zagor e questa storia ne è la prova definitiva


La piantiamo di bestemmiare?
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Super Mark

felipecayetano ha scritto:
se mark fosse stato schliemann, una volta scoperte le prime rovine di troia avrebbe ricoperto tutto pensando di aver trovato i resti di un film di pastrone Brick wall
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Akkron96
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MessaggioInviato: Mer Feb 27, 2019 12:10 pm    Oggetto: Rispondi citando

Super Mark ha scritto:
Citazione:
Bellissimo questo passaggio io ho sempre pensato che Ferri perdesse tempo con Nolitta e fosse sprecato per Zagor e questa storia ne è la prova definitiva


La piantiamo di bestemmiare?

Sono d'accordo, semmai Ferri veniva limitato da un eccessivo impiego in storie esclusivamente realistiche come quelle di Toninelli, mentre con Nolitta ha dato vita a capolavori anche surreali come Tigre, Il vampiro e Magia senza Tempo.
Però è vero che forse se non si fosse dedicato a tempo pieno su Zagor e avesse spaziato con lavori meno classici, fuori dall'impostazione a striscia, avrebbe realizzato altre illustrazioni più libere come quelle di Incubi.
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Wolfenstein1976
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MessaggioInviato: Mer Feb 27, 2019 1:18 pm    Oggetto: Rispondi citando

A dire il vero la maggior parte delle storie realistiche di Toninelli le disegnava Donatelli, che non e'certo il mio disegnatore preferito.Con altri disegnatori, alcune sue storie come ad esempio "Le belve del black river" sarebbero state di altro livello.In quanto a Toninelli, non lo reputo un autore mediocre, ha scritto delle ottime storie e due capolavori,poi ha avuto un calo vistoso, ma d'altronde si e' sobbarcato da solo quasi completamente la collana per 10 anni di seguito o quasi.
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Walter Maddenbrook
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MessaggioInviato: Gio Feb 28, 2019 2:50 pm    Oggetto: Rispondi citando

Strepitosa recensione di Akkron96! Applause Applause Applause
Io la lessi in diretta a 18 anni, con un hype mai più provato su Zagor, e la trovai fantastica.
Quando l'ho riletta successivamente, mi si sono evidenziati alti e bassi che a una prima lettura avevo perso.
Gli "alti" sono altissimi, ma spesso ha delle cadute quasi da dilettante.
Ma sono contentissimo che sia stata prodotta.
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Akkron96
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MessaggioInviato: Ven Mar 01, 2019 2:02 am    Oggetto: Rispondi citando

Wolfenstein1976 ha scritto:
A dire il vero la maggior parte delle storie realistiche di Toninelli le disegnava Donatelli, che non e'certo il mio disegnatore preferito.Con altri disegnatori, alcune sue storie come ad esempio "Le belve del black river" sarebbero state di altro livello.In quanto a Toninelli, non lo reputo un autore mediocre, ha scritto delle ottime storie e due capolavori,poi ha avuto un calo vistoso, ma d'altronde si e' sobbarcato da solo quasi completamente la collana per 10 anni di seguito o quasi.

Ma sì, Toninelli in questo caso era un esempio di autore di storie realistiche. Ferri faceva sempre un buon lavoro, almeno fino al '90-'95, ma devo dire che credo abbia dato il massimo del suo estro in storie con elementi fantastici, come Incubi, che gli permettevano di spaziare dal realistico al surreale/horror in un'unica opera.
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MessaggioInviato: Ven Mar 01, 2019 2:04 am    Oggetto: Rispondi citando

Walter Maddenbrook ha scritto:
Strepitosa recensione di Akkron96! Applause Applause Applause
Io la lessi in diretta a 18 anni, con un hype mai più provato su Zagor, e la trovai fantastica.
Quando l'ho riletta successivamente, mi si sono evidenziati alti e bassi che a una prima lettura avevo perso.
Gli "alti" sono altissimi, ma spesso ha delle cadute quasi da dilettante.
Ma sono contentissimo che sia stata prodotta.

Grazie Walter!
Immagino e ti invidio per l'hype Red face
A cosa ti riferisci, cioè quali sono per te gli "altissimi" e i "bassissimi"?
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MessaggioInviato: Sab Mar 09, 2019 9:46 pm    Oggetto: Rispondi citando

Akkron96 ha scritto:
A cosa ti riferisci, cioè quali sono per te gli "altissimi" e i "bassissimi"?

I BASSISSIMI sono alcune tipicità dello stile di Sclavi che, se stanno come un guanto su Dylan, danno invece la sensazione di una cosa forzata se portati su altre testate. E' l'impressione che ebbi anche leggendo i suoi Martin o Mister No.
Qua sono rappresentate in particolare dalla struttura a scatole cinesi, che in più mi rese davvero insopportabile la lettura all'epoca, probabilmente perché dovevo aspettare un altro mese per sapere cosa fosse vero e cosa falso.
Ma a parte questo, si tratta comunque di una struttura ultra-lontana da Zagor di suo, che è di base un fumetto CONCRETO, in cui il fantastico è tale proprio perché spezza la realtà e diventa gustoso quanto più è contrasto a questa (quindi questa deve essere ben presente).
Qua invece non ci sono più regole, tutto è possibile, il reale non esiste: e allora no, non è Zagor, è un altro fumetto, mi dispiace.
E il primo effetto di questa impostazione è proprio vedere uno Spirito con la scure che non è lui, ma Dylan, appunto. Se tutti infatti sappiamo che Zagor non è Tex ma un personaggio più fallace e umano, non è nemmeno Dylan e le sue paturnie e la sua fragilità psicologica.
In particolare tutta la sequenza nella caverna con Akoto è il punto più basso: continue trasformazioni, ribaltamenti e controribaltamenti della realtà, e Zagor che impazzisce, non sa cosa fare, ogni suo gesto è sbagliato. Ripeto: se ogni scelta che fa Tex è sempre quella giusta, e Zagor si distingue da questo perché può essere fallace, nemmeno può diventare che ogni scelta è quella sbagliata, altrimenti diventa un altro personaggio ancora.
E questa conduzione viene ripetuta in tutte le altre situazioni, con uno Zagor ormai devastato psicologicamente, isterico, incapace di tenere a freno le proprie emozioni, pronto ad aggredire chiunque gli desse del pazzo come una tredicenne permalosa, violento, perfino omicida. Mi fece venire in mente Superman II (quello con Reeve) in cui l'azzurrone ha comportamenti analoghi, che mi parve veramente fuori luogo anche da ragazzino. Non importa che fosse condizionato da Hellingen e dal chip akkroniano, ci sono modi di far vedere Zagor che non hanno diritto di cittadinanza, e qua siamo andati oltre. Perché altrimenti se Hellingen lo avesse condizionato anche a stuprare delle ragazze, ci sarebbe andato bene perché: "Eh, ma era sotto il controllo di Hellingen"? No, ripeto: ci sono scene che Zagor non può interpretare.

Anche la sua versione di Cico è di sicuro la peggiore, almeno tra i grandi nomi che si sono cimentati. Basta rileggere del resto i suoi extra dedicati al pancione perché diventi lampante. Anche qua, Cico non è Cico, ma Groucho: si tralascia lo slapstick per muoversi nella battuta, e di fondo è un mezzo beota che combina pasticci non a seguito di alcune caratteristiche ben precise che Nolitta gli fornì, ma quasi fosse un demente o un ubriaco che va in giro. La sequenza top è quando Cico vaneggia lanciandosi dal giroscopio e Zagor poi lo afferra con una manovra assurda, e peggio ancora fa Icaro per recuperarli: una sequenza che simboleggia bene quel che intendo sul "forzare le caratteristiche dei personaggi ben oltre il loro limite" (che peraltro e purtroppo negli anni a venire capiterà molto spesso).


Gli ALTISSIMI sono alcune tipicità dello stile di Sclavi, e che non calzano alla grande solo su Dylan, come già in questi lidi Il cerchio della vita aveva dimostrato.
Mi riferisco ad una diffusa ricchezza stilistica dei dialoghi e, in questi, molti passaggi che definirei poetici o anche filosofici, e che ora sono troppi per poterli riportare (partendo dal primo: "Anch'io ho fame, uomo... ma non per questo voglio uccidere te").
Notevole anche la spettacolarizzazione di certe scene aprendo la gabbia bonelliana (allora molto più tabù di adesso), nonché la capacità di creare aspettative sul mistero in corso, anche se erosa dall'irritazione di cui sopra. Proprio in un iniziale svelamento troviamo il primo "altissimo", e precisamente nella discesa in campo di Hellingen e nel suo racconto del post morte (straordinaria la descrizione dell'angoscia di un uomo perso nel nulla cosmico, l'insopportabile e finora inedita sensazione di una autentica deprivazione sensoriale), fino alla scoperta delle meraviglie dell'astronave: la sua struttura affascinante e incomprensibile, i fantasmi che vi aleggiavano, l'incontro col misterioso ragazzino indiano.

Ma è nella seconda parte, dalla metà di Ai confini della realtà che si raggiungono vette forse mai più toccate, specie di quel tipo.
Una è quella che si svolge durante il raduno dei capi, col sentito, amaro ma realissimo discorso di Shalak che disgrega, nei solidi fatti, il sogno di Zagor. Quanto dice è pura realtà storica, circa la "pace" imposta dai bianchi per portare a termine la loro opera di pulizia etnica senza dover più nemmeno sparare.
La magnificenza della caratterizzazione di quello che - ricordiamolo - in questo momento è il villain, è trasmessa al lettore tramite il tono di profondo dolore con cui espone il suo ruolo, ma è un ruolo a cui non vuole sottrarsi perché pensa sia la verità, e l'unica scelta. Fino ad arrivare alla fiera e insieme commovente risposta che da' al capo che gli chiede quale sia allora la differenza tra la pace e la guerra, se entrambe significano morte. "La differenza c'è, e ha un nome... si chiama dignità". Applausi.
Non da meno è il momento della lotta con l'eroe e della sua incredibile uccisione. Il cattivo continua qui ad essere quanto di più nolittiano: costretto da elementi esterni ad essere tale, è complesso, tormentato, e nel momento della morte del rivale sente che una parte di lui, e di un'epoca, vi muore insieme.
Per questo pronuncia un commiato funebre straordinariamente intenso, con una linea ("Ti onoreremo per sempre non come un dio o uno spirito, ma come un uomo") che mi ha ricordato la visione di Gesù ne La buona novella di De Andrè, di cui peraltro Sclavi è un dichiaratissimo fan.
Non posso, en passant ma con decisione, sottolineare come tutta questa sequenza e molte altre traggono buona parte della loro forza evocativa dalle oggi vituperate didascalie, che se splendidamente usate come qua gonfiano di passione e poesia lo spessore narrativo.

L'altro momento elevatissimo è il fnale. Preparato da una disgregazione progresiva del suo mondo, e passando attraverso due scene intensissime come il pianto di Zagor sulla rupe e infine il suo suicidio ai piedi della tomba del suo vecchio nemico, si arriva alla fase più grandiosa, con forti venature di misticismo poetico.
Qua Zagor arriva nientemeno che al cospetto di Kiki Manito, che Sclavi sembra dipingere non come una divinità di una specifica etnia, distinta dalle altre, ma proprio come quello che noi chiamiamo "Dio". Come se nella cosmogonia sclaviana esistesse un solo Essere Supremo, che poi ogni popolo "vede" con caratteristiche che gli sono simili e a cui da' un proprio nome. Si tratta di una riproposizione del divino assolutamente affascinante e per quanto mi riguarda condivisibile, con Manito che mostra di non voler imporre la salvezza ma di offrirla agli uomini, e di provare sincera compassione per chi non la sa cogliere.
E' una sequenza che spazia tra il fantastico e il filosofico, spiegando l'esistenza di universi paralleli, discettando sulla Verità ("LA Verità! Woah! E pretendi di saperla proprio tu, tra i miliardi di uomini che l'hanno cercata, la cercano e la cercheranno invano? Ma pensa un po'... Al massimo posso dirti UNA verità!"), constatando come gli uomini si debbano meritare il suo aiuto, anche a costo di dolorosi sacrifici, perché "che vita sarebbe la loro, se non riuscissero a cavarsela da soli?".

E poi, infine, lo scontro. Epico, grandioso, leggendario. I due giganti, archetipi del Bene e del Male, che si battono facendo crollare le montagne e vibrare la terra in una sequenza resa in modo solenne da un Ferri ispiratissimo, con vignette di adeguata dimensione. E' un crescendo di colpi ma sopratutto di presa di posizione dell'eroe, a cui finalmente si rivela la verità, ed è questa che da' forza al proprio lottare, e annichilisce la menzogna del rivale. Questa è una delle più belle - e nolittiane - sequenze della collana. Nolittiane: con queste arringhe di Zagor così cariche di quel particolare eloquio lirico, in cui lo Spirito con la Scure stabilisce la sua vittoria sul nemico su di un piano dialettico ed etico, prima ancora che su quello fisico.
Ma la componente assolutamente sublime di questo finale è scoprire COSA fosse quell'astronave, e il PERCHE' Kiki l'ha fatta trovare ad Hellingen. Si tratta, molto semplicemente, del Paradiso. Un Paradiso costruito su misura per un nerd come lui, un immenso giocattolo in cui avrebbe potuto passare l'eternità a baloccarsi con la scienza.
E lo fa perché lo perdona. In questa commovente pennellata, Sclavi ci mostra così l'infinita misericordia di Dio e l'infinito amore per ogni suo figlio, anche quello che ai nostri occhi potrebbe risultare il più spregevole e abietto, come Hellingen ci appare. Ma non per Lui, che ritiene che ognuno meriti una possibilità di redenzione.
Se, come diceva Meister Eckhart, "Come è il tuo cuore, così è il tuo Dio", Sclavi ci mostra il suo, in entrambi i casi. Nelle miliardi di rappresentazioni del divino che ogni religione e ogni adepto si è fatta a sua immagine, Sclavi ci rivela la sua. Ed è bellissima.

"Ma tu credi... che posso ancora tornare a quella astronave?" - chiede uno stanco ed invecchiato Hellingen a Zagor - "Il ragazzo... Kiki me lo permettera? Mi concederà la pace?"
"...E Zagor vide allora davanti a sé non più il terribile Hellingen - racconta l'indiano ai bambini - ma nient'altro che un povero vecchio senza più illusioni e senza più speranze se non quella di dormire finalmente un sonno senza sogno... E lo Spirito con la Scure ebbe pietà di quel relitto alla deriva, malgrado tutto il male che gli aveva fatto... e questo è bello, poiché un uomo, ricordate, è fatto non solo di coraggio ma anche di paura... non solo di vendetta ma anche di perdono.. e il Signore di Darkwood guardò l'orizzonte come per cercare la risposta alla domanda di Hellingen... e proprio allora il sole sorse... Così Zagor si voltò di nuovo verso lo spettro e disse..."
"Sì, mio vecchio nemico. Kiki Manito ti concede la pace."
Una pagina struggente, anche in questo caso resa tale grazie ad un superbo uso del fuori campo, che ci conduce alfine al riposizionamento dello status quo, sottolineato dalla solare vignetta in cui Zagor contempla, dall'alto della rupe in cui in precedenza era crollato sconfitto e in pianto, il ritorno del suo "cerchio della vita".
Sclavi infatti risvolta Darkwood come un calzino ma poi lo rimette a posto, dopo averci fatto fare un roboante giro sulle montagne russe.
Si tratta di uno degli esempi migliori di un concetto a me caro, cioè il passare sopra a certi momenti bassi se poi gli alti raggiungono simili vette. Compiere anche delle digressioni o uscire perfino un po' dal canone zagoriano, se poi quando ti ci dedichi, lo esalti in modo così maestoso.
Nell'eterna disputa tra appassionati su Incubi SI o NO, io mi schiero alla fine con i primi. Se fossi stato io Bonelli, leggendo il soggetto avrei risposto: "Va bene, Tiziano. Riprendi pure Hellingen dalla cabina e portalo dove vuoi. Se lo faremo tornare, ci penseremo poi a dare una spiegazione. Ma ora fai vibrare i cuori dei lettori".
Perché per quanto mi riguarda è sempre questo che conta quando leggo una storia.
_________________
"Ahh, mò te ne pidjh' più sol' che Paperino, ma anc'.... Sagòr!"


Ultima modifica di Walter Maddenbrook il Dom Mar 10, 2019 7:07 pm, modificato 1 volta in totale
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jupiter973
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MessaggioInviato: Dom Mar 10, 2019 4:17 am    Oggetto: Rispondi citando

Cama hai scritto un post da brividi Applause

Ho sempre pensato che Incubi fosse per pochi eletti e che la maggior parte dei lettori zagoriani non fosse pronto per una storia del genere.

E ora che ci troviamo nel 2019 (nonostante siamo rimasti in 25mila) penso che gli eletti sono sempre gli stessi che l'hanno apprezzata all'epoca e
tra quelli di loro che non ci sono più auguro un paradiso consono come quello disegnato da Sclavi per Hellingen.
_________________
bordenchase ha scritto:
jupiter973 ha scritto:
Quando ho visto comparire l'ennesimo bimbominkia boselliano (questa volta cioccolatino) ho ritrovato l'entusiasmo dei giorni migliori

Questa faccenda del bimbominkia mi fa incacchiare più di quanto immaginiate. Il prossimo che lo dice lo vengo a prendere a casa!


Zeb Dowler ha scritto:
jupiter973 ha scritto:
Rauch non fare il timido sappiamo che hai rispolverato Stiletto dal suo oblio cheers

E' talmente nell'oblio, che ho dovuto ricercarlo sugli Index, per vedere di chi parlavi... Laughing

cama69 ha scritto:
L'utilizzo del nome Jupiter per il capo discepolo di Hellingen vale il costo di tutti e tre gli albi della storia
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