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MessaggioInviato: Mer Feb 21, 2018 7:01 pm    Oggetto: Rispondi citando

30 Neve rossa
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MessaggioInviato: Mer Feb 21, 2018 7:01 pm    Oggetto: Rispondi citando

Andrea67 presenta

31_LA PALUDE DEI FORZATI

#464 La palude dei forzati
#465 Tragica fuga
#466 Acque del sud
#467 L’isola dei serpenti
Testi: Moreno Burattini
Disegni: Mauro Laurenti
Aprile, luglio 2004; pagine 376
Con:
ZAGOR: è un eroe invincibile sin dalla prima scena in cui combatte contro Scrawl ed i suoi uomini. Straordinaria la sicurezza che mostra nell’affrontare gli indiani di Quanah nonostante questi si trovino sul loro territorio. La scena è di forte impatto per ogni zagoriano, che si può gustare quelle poche tavole in cui il nostro, da solo, riesce a mettere in difficoltà quegli uomini che fino a quel momento sembravano invincibili, colpendo e fuggendo, in una sorta di guerriglia che solo lui sa attuare quando si trova in una foresta. Oltre che uomo d’azione, come siamo già abituati a vederlo, l’eroe dimostra anche una sensibilità non comune nei confronti di Rita quando chiede insistentemente allo sceriffo Graham di calibrare bene le parole che lo stesso usa molto duramente nei confronti di suo fratello.
CICO: non è il solito messicano pasticcione. Anzi, è fin troppo serio da dar fastidio ai puristi, che lo vorrebbero sempre combinaguai. Sarà che forse la storia non consentiva divagazioni comiche, ma il suo ruolo qui è diverso, ed è strano leggere quelle righe in cui usa un tono consolatorio nei confronti di Rita.
RITA DUFF: Laurenti la rappresenta molto bella, ma è anche coraggiosa e determinata. Riesce a sfuggire più volte alla cattura da parte di Scrawl e dei suoi uomini e dimostra un sentimento nei confronti di Zagor, al quale si aggrappa come unica speranza per la salvezza del fratello.
ELIAS DUFF: il sosia del protagonista de “Il miglio verde” è il motore della storia, il motivo da cui parte l’avventura e, alla fine, è a lui e alla sua capacità di comunicare con gli animali che i nostri devono la loro salvezza.
JONAH JOYCE: l’unico sopravvissuto, oltre naturalmente ad Elias, tra i detenuti evasi; probabilmente era anche più colpevole degli altri ma la morale è che anche chi ha sbagliato, se gli viene concessa l’occasione, può dimostrare di redimersi e di essere diverso, e lui supera in pieno la prova.
MCNALLY: il poeta del gruppo. Dotato di enorme cultura, ci delizia con frasi e detti di poeti famosi. Molto toccante la sua morte.
COFFEE: era uno schiavo ed é fuggito al nord per cambiare la sua condizione, ma non ci é riuscito. Generoso il suo sacrificio per la salvezza dei compagni.
QUANAH: non é completamente cattivo. La sua rabbia nasce da un episodio del passato, quando vennero uccisi sua moglie ed i suoi figli, e gli è stato fatto credere che a compiere l’efferato delitto fossero stati dei detenuti evasi. Alla fine rivela il suo senso di giustizia.
BRYCE: direttore del carcere di Waterwall, si fa corrompere dallo sceriffo Graham, ma il suo delitto più grave lo compie ai danni dei familiari di Quanah, che non si fa scrupoli di massacrare con lo scopo di ottenere il suo appoggio nella ricerca degli evasi, dopo avergli raccontato che sono stati proprio degli evasi ad ucciderli.
SCRAWL: ex detenuto. Era stato rinchiuso nel carcere di Waterwall in quanto colpevole di una rapina in combutta con lo sceriffo Graham. Diventa complice anche del direttore nel momento in cui questi lo fa evadere in cambio di una lauta ricompensa.
SCERIFFO GRAHAM: raffigurato con le fattezze di John Wayne, non gli rende onore. Scopriamo, infatti, alla fine, come soluzione del giallo ben mascherata dall’autore, che il colpevole dell’omicidio di cui era accusato Elias era lui.
BIMBO SULLIVAN: non più il delinquente di mezza tacca creato da Nolitta e neanche quello modificato da Toninelli, ma bandito di ben altro spessore, capace di uccidere una guardia a sangue freddo con un’accetta e di tenere testa a Zagor, sia pur per brevissimo tempo, in un corpo a corpo. Memorabile la sua morte per mano di un indiano con una freccia in gola.
GLI INDIANI DI QUANAH: spaventosi e crudeli nella ricerca degli evasi, vengono più volte ridicolizzati da Zagor nel corso degli scontri nella foresta. Non viene mai menzionato il nome della tribù, ma è probabile che gli stessi siano seminole, vista la zona in cui si svolge l’avventura.

Un giovane con problemi psichici è stato condannato ai lavori forzati in un carcere di massima sicurezza tra le paludi della Florida per un reato che non ha commesso. Zagor e Cico accompagnano sua sorella, Rita Duff, e lo sceriffo Graham presso il carcere di Waterwall, in quanto un giudice ha deciso di riaprire il caso ed ha disposto un nuovo interrogatorio del condannato. In questa cornice si svolge una delle più belle avventure dello spirito con la scure, che dovrà affrontare molteplici nemici per portare a galla la verità. La sceneggiatura, infatti, è cinematografica e quest’avventura potrebbe essere considerata tra le papabili qualora ci si volesse cimentare nella realizzazione di un film. Infatti, aldilà del suo significato e dei suoi valori positivi, la stessa è avventura allo stato puro raccontata con tale maestria da non sfigurare accanto alle migliori e più celebri storie di Nolitta.
Occasione perduta, purtroppo, il bacio tra Zagor e Rita, che pare fosse stato già scritto dallo sceneggiatore, ma che è sparito dalla trama finale, probabilmente per ordini superiori.
Sul forum spiritoconlascure.it la storia è stata promossa come capolavoro dalla gran parte degli utenti.

E’ il capolavoro di Burattini, la sua Odissea Americana o Marcia della disperazione; l’autore pistoiese si è superato, sbizzarrendosi sia nella caratterizzazione dei personaggi che nella costruzione delle scene d’azione, gran parte delle quali spettacolari, con l’apice raggiunto dalla scena in cui si vede l’effetto del massacro compiuto dagli indiani nei confronti dei soldati. Notevoli anche i dialoghi.

Laurenti splendide le scene che vedono Zagor svolazzare tra gli alberi come un novello Tarzan. Del resto, il disegnatore è maestro delle scene d’azione oltre che della rappresentazione di belle donne, come dimostra quella data a Rita Duff.

Tra le copertine di Gallieno Ferri la più bella è sicuramente la seconda, che raffigura Zagor tuffarsi dal carcere mentre due sentinelle, dagli spalti, gli sparano addosso. Le altre tre cover non sono particolarmente memorabili, ma si segnala, nella terza, la bella Rita che rema su una piroga in compagnia di Zagor.

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MessaggioInviato: Mer Feb 21, 2018 7:02 pm    Oggetto: Rispondi citando

32 il segreto dei sumeri
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33 il villaggio del mistero
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Kramer76 presenta

34_I BASSIFONDI DI NEW ORLEANS
#474 I bassifondi di New Orleans
#475 Sulla pista del nemico
#476 Nella giungla dello Yucatan
#477 La città nella palude
#478 Piramide di sangue
Testi: Moreno Burattini
Disegni: Gallieno Ferri
Gennaio, Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio 2005; pagine 470
Con:
ZAGOR: ha ragione Cico. E' un singolare fato quello che scandisce le avventure di Zagor: il professor Richter è diretto proprio verso il luogo in cui è prigioniero Lafitte... Così Zagor unisce l'onore all'onere: va in Messico per salvare il mondo da un'imprecisata minaccia e, allo stesso tempo, coglie l'occasione per sdebitarsi con dei vecchi amici.
CICO: l'aria di casa fa sempre bene al messicano, tanto che non si limita alle gag o alle solite battute sugli avi conquistadores, ma si prodiga anche come traduttore dal dialetto nahuatl allo spagnolo e all'inglese, come in una indimenticabile sequenza di "Oceano".
DENISE LAFITTE: tra i personaggi femminili, creati da Boselli e Burattini, è quello in grado di affrontare l'avventura come e meglio di un uomo. Si porta dietro tre guardie del corpo, ma non ne avrebbe bisogno. La figlia del pirata è protagonista assoluta della rivincita femminista su Zagor. Salva capre e cavoli sia in Africa che in Messico.
JEAN LAFITTE: attraverso un piccolo sermone nel secondo albo, Zagor prende definitivamente le parti del contrabbandiere gentiluomo, come lui insofferente verso l'autorità costituita. Non solo armi; da vendere anche carisma, pur in un ruolo passivo. Qualche storico ipotizza che Lafitte sia morto proprio nello Yucatan.
PARENTI DI CICO: l'esercito di affettuosi e asfissianti nipotini; la sorellona Maria; il fumantino Porfirio; il narcolettico Alonso. E' qui la fiesta. Si rivelano anche di discreto aiuto in quel di Veracruz. Un valore aggiunto a qualsiasi storia.
JOHN CONNOR: esce quasi subito di scena, il tempo di farla sotto al naso (non senza danni fisici) ai gendarmi di due diverse nazioni. Ruolo marginale e passivo anche per Van Sutter.
MOUSTACHE, DUMAS E BLACK: tre figuranti chiamati a fare numero. Dai claustrofobici labirinti della piramide uscirà vivo il solo Black.
MOORE E WRIGHTON: mercanti d'armi del Belize. Avrebbero fatto la gioia di Marcello Toninelli. Un pò ispirati ai due noti maestri del fumetto, un pò versione bordeline di Gianni e Pinotto, sono i più furbi del lotto perchè riescono (non si sa bene come) a convincere gli Aztechi che basta qualche fucile per riprendersi l'Unico Mondo. Passano dalla parte dei buoni al momento opportuno; ma non sono stinchi di santo e l'avidità li tradisce. Una morte in stile Indiana Jones.
LUDWIG RICHTER: si era presentato in "Il segreto dei Sumeri" come una sorta di versione boselliana del diabolico Mortimer. Nelle mani di Burattini si caratterizza per un profilo più basso (anche rispetto al collega e connazionale Weiss di "Il mistero dell'unicorno"), condito da crudeltà gratuite. E' troppo immerso nel suo didascalico esoterismo e nelle sue teorie new age per ingaggiare una vera sfida personale con l'Eroe, diversamente dai grandi nemici del passato.
ENRIQUE VELASQUEZ: concittadino di Cayetano, l'uomo dalle quattro dita asseconda i sadici istinti di Richter sempre con stile beffardo; non sfugge alla vendetta furiosa di Zagor, mentre il suo principale riesce a sgattaiolare via non si sa bene come... Un espediente grottesco che diventerà un classico delle storie con Richter.
ROJO: lui e i suoi sgherri vengono arruolati da Velasquez come carne di porco utile ad attraversare la giungla e portare lo scompiglio nella città nascosta.
AZTECHI: Lafitte e Zagor, anime belle, credono che le armi servano alla causa dei ribelli o degli indios. E invece finiscono in questa sorta di Serenissima apocalyptica in cui si praticano quotidianamente l'abusivismo (visto che hanno occupato gli immobili di proprietà dei cugini maya) e altri riti di ancestrale barbarie.
CUITLUHUAC: principe di Nuova Tenochtitlán, ossessionato dalla figura perdente di Montezuma. Condivide con il suo cerchio magico un delirante e contorto sogno di riscatto che, oltre a richiedere la barbara uccisione di ostaggi, mette in pericolo l'isolamento dei sopravvissuti alla colonizzazione. Finale coerentemente ignominioso.
IZCALLI: grande sacerdote di Nuova Tenochtitlán; per tutto il corso della storia non ha altri pensieri se non quello di trovare poveri disgraziati da sacrificare come agnellini sull'altare della patria. Non si può che gioire alla sua brutale dipartita.
XAMAC: consigliere del principe. Apparentemente saggio; in realtà, non meno cattivo degli altri. Vorrebbe torturare Zagor e Cico.
GENERALE MAXTLI: tanta è la riprovevolezza suscitata dai principali personaggi aztechi, che l'autore avverte il bisogno di inserire un personaggio positivo. Si capisce subito che il principe e il grande sacerdote gli stanno sulle scatole, pur nel leale rispetto delle gerarchie. Stimato dai suoi uomini, guida un golpe conservatore, approfittando dell'arrivo di Zagor (senza incrociarne mai la strada).
XINZIN: moglie del generale. In pochi tratti gli autori riescono a descrivere un pregevole personaggio femminile, delicato ma forte; anche in questo caso è chiaro il contrasto con il contesto non proprio idilliaco.

"I bassifondi di New Orleans" è una storia notevole per due motivi ben chiari anche ai commentatori del forum spiritoconlascure.it, pur nella diversità dei giudizi finali. Il primo è che si tratta della più lunga storia di Zagor dopo "Incubi" e addirittura di una delle più lunghe pubblicate da Sergio Bonelli; e dove ci sono record, non può che esserci il Maestro Ferri. Il secondo motivo è che si tratta della prima odissea zagoriana sul suolo messicano: è la seconda tappa della saga atlantidea iniziata in "Il segreto dei Sumeri" e conclusa in "Ultima Thule". Alla fine della storia ambientata nel museo archeologico di Richmond, il professor Richter e il suo braccio destro Velasquez uccidono Ferdinand, maggiordomo del professor Oldbones, e scappano con il diamante del diadema di Dumuzi, necessario alla ricostruzione della fantomatica "chiave della conoscenza", un'altra delle "armi fatali" lasciate in eredità dalla misteriosa civiltà di Atlantide. Il loro nuovo obiettivo è il bracciale di Atzlan, nascosto da qualche parte in Messico. Zagor li insegue, ma arrivato a New Orleans scopre che John Connor è in prigione e che anche Lafitte e il resto del suo equipaggio lo sono ma in Messico, per un traffico di armi finito male. E' solo l'inizio di un lento avvicinamento al cuore pulsante della vicenda, ovvero una città maya nello Yucatan in cui convergono fatalmente tutti i personaggi della storia.

Questa storia fa da seguito anche a "Il tesoro di Jean Lafitte" e "L'impero di Songhay" per via dei riusciti personaggi ricorrenti che vi compaiono e di altre similitudini, tra le quali la tematica della caccia al tesoro e quella delle città nascoste e delle civiltà perdute. Lo Yucatan fa ripensare a certe storie di Tex con Yama e Morisco. Zagor e Cico vi erano già stati nella breve e spassosa "Puerto Juarez". In effetti, sono molti i collegamenti con il lato più leggero di Zagor, anche per via del ritorno a casa di Cico; Boselli ("Veracruz") e Burattini ("Sangue apache") hanno saputo fare buon uso del patrimonio creato da Nolitta con "Cico story". Inoltre, ci sono altri due speciali di Cico, scritti da Burattini, che anticipano i contenuti di questa storia: "Cico conquistador" e "Cico archeologo". Zagor aveva già avuto a che fare con gli antichi abitanti del Messico nella storia di Melloncelli "La città nascosta"; da non dimenticare, in tema di piramidi, anche "Gli adoratori del sole", citata nell'erculea prova di forza con la sbarra. Tutto questo per dire che "I bassifondi di New Orleans", pur non essendo al livello epico di altri kolossal zagoriani, è comunque una bella collezione di situazioni avventurose: tra le altre, si veda l'inedito duello con l'anaconda. Memorabile anche l'ultima scena del primo albo: Burattini porta su Zagor l'orrore dei sacrifici umani, all'insegna di un macabro realismo che lo accompagna da sempre. Tuttavia, va rimarcata una certa ripetitività nei dialoghi tra i nemici aztechi e, in genere, tra i cattivi. Le vignette, come capita spesso con questo autore, sono molto verbose.

Grande merito alla riuscita di questi cinque albi va attribuito al sensazionale lavoro di Gallieno Ferri: l'ennesimo, verrebbe da dire. Nel 2005, il papà di Zagor era già piuttosto anziano ma questo sembra non avere alcun riflesso degno di nota sulla qualità dei suoi disegni. La foresta pluviale è uno dei cavalli di battaglia di Ferri, ma il vero piatto forte risulta essere l'evocativa città maya; qualcosa di simile lo si può ritrovare in "Antartica", ma anche in "Le sette città di Cibola", in "Il ritorno di Cain" e in "La mummia delle Ande". Ferri si trova a disagio solo con il personaggio di Denise, almeno nelle prime vignette: poi, pur senza mai eguagliare Chiarolla, riesce a prendere le misure. In generale, si tratta di una storia abbastanza violenta come tante ne ha disegnate Ferri negli anni ottanta e novanta.

Le copertine sono tutte quante all'altezza del Maestro Ferri, con un uso vivace dei colori. Se le prime due e "La città della palude" sono copertine tutto sommato ordinarie per quanto riguarda il soggetto, "Nella giunga dello Yucatan" e "Piramide di sangue" si spingono oltre, con due immagini di grande impatto e attrattiva, entrambe sul medesimo tema "massonico". "Nella giungla dello Yucatan" riprende una meravigliosa quadrupla presente nell'albo; ricorda anche "L'impero di Songhay". L'ultima è la classica copertina con Zagor in una scomodissima situazione, di un genere assai diffuso negli anni sessanta e settanta: "Piramide di sangue" raffigura una scena ad altissima tensione in uno scenario da incubo, liberamente ispirata a quanto accade nell'albo.
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MessaggioInviato: Mer Feb 21, 2018 7:03 pm    Oggetto: Rispondi citando

Walter Maddenbrook presenta:


35_ULTIMA THULE
#479 Ultima Thule
#480 Discesa nel maelstrom
#481 I fuorilegge della valle nascosta
#482 Il trono degli dei

Testi: Mauro Boselli
Disegni: Raffaele Della Monica
Giugno, settembre 2005; pagine: 376

Con:
ZAGOR: Iper protagonista, sempre al cento delle scene importanti, quelle che “se c’è bisogno di qualcuno che rischi la vita, lo faccio io”.
CICO:: Alcuni siparietti divertenti all’inizio, poi scompare progressivamente nella seconda metà.
DEXTER GREEN:: A questo giro l’archeologo rimane un po’ sullo sfondo, ha più il compito di “Manale delle giovani marmotte”, nel senso di figura consultabile per spiegazioni culturali e scientifiche. Il suo amore per l’avventura è tale che non riesce a non estasiarsi di meraviglia nemmeno dentro i gorghi di un maelstrom.
HONEST JOE:: Come per Dexter, anche il capitano ha un senso solo funzionale. Scarrozza Zagor e gli altri sulla sua nave, con ovviamente una maggiore centralità nella scena della tempesta.
BORK GRIMSSON:: Forzuto scagnozzo di Richter, gli è fedele in quanto questi si occupò del suo sostentamento dopo la morte del padre, che partecipò alla prima missione islandese col professore. Rapisce Felix per usarlo come ostaggio, ma poi finisce per affezionarcisi molto (anche eccessivamente). Nel finale ritrova il padre creduto morto, scoprendo che fu abbandonato da Richter.
GUTHRUM:: Il re vichingo e i suoi fedelissimi sembrano abbastanza infilati a forza in questa vicenda per assonanza con le origini scandinave, e se non ci fossero stati non sarebbe cambiato niente. L’intervento finale in cui aiutano a sgominare i cattivi da’ proprio l’idea di una scusa per permettere loro di fare almeno qualcosa.
LUDWIG RICHTER:: Archeologo alla ricerca delle pietre atlantidee per ricostruire la mitica “chiave della conoscenza”. Acuto e malvagio, è forse il personaggio meglio delineato da Boselli in questa run. Nel finale si impossessa delle armi di Loki, impazzendo. Sparisce nel crollo del laboratorio.


Trama:
Zagor e Cico si imbarcano sulla nave di Honest Joe per proseguire la caccia a Richter, diretto in Islanda A bordo trovano anche Green e il suo servitore Yambo, nonché Guthrum e la sua ciurma. Durante la traversata li coglie una terribile tempesta che li precipita nel leggendario gorgo marino del maelstrom. Quasi arrivati sul fondo, vi scorgono le rovine della città di Atlantide. Scampati all’affondamento, sbarcano in Islanda dove incontrano casualmente Bork che rapisce Felix, il giovanissimo mozzo, per rallentare l’inseguimento al suo padrone Richter.
Zagor, nel tentativo di inseguire con una scialuppa la nave in cui è prigioniero Felix, naufraga ma viene salvato da un monaco solitario. Prosegue allora a piedi, in una suggestiva traversata della pianura islandese, la marcia verso Reykjavik dove già si trovano i suoi amici. Viene assalito da una banda di fuorilegge tra cui il misterioso Eyvind che nasconde il volto dietro una maschera, ma riesce a farseli amici. Essi si imbattono anche in Bork e questi riconosce in Eyvind il padre che credeva morto, che gli rivela che fu Richter a tradirlo. Quindici anni prima, infatti, scoprirono insieme il laboratorio di Loki, scienziato atlantideo inventore delle armi di distruzione di massa, e passato per questo alla storia come dio del male. Evyvind/Grim si introdusse dentro di esso ma ne causò inavvertitamente il crollo, e si infettò con alcuni manufatti. Richter decise di sacrificarlo in quanto ormai contagioso e fuggì.
Il finale si svolge nello stesso laboratorio, in cui Richter si impadronisce del casco e dell’anello di Loki, impazzendo e credendosi il dio nordico, e tenta di eliminare i nostri. Alla fine il laboratorio crolla, i buoni si mettono in salvo e Richter scompare tra le macerie.

Commento:
Come nella miglior tradizione boselliana, anche in questo caso il “di cosa parla la storia” riveste solo un’importanza relativa, diventando poco più di un canovaccio su cui costruire varie situazioni avventurose. Ma poiché l’autore è particolarmente abile in tale modus operandi, ci si lascia volentieri accompagnare in varie digressioni da quella che dovrebbe essere l’asse portante o la meta. Il migliore è a mio parere la scena della tempesta narrata con grandissima efficacia e pathos (anche grazie agli spettacolari disegni), quanto con discutibile realismo. Ma qua, se vogliamo c’è tutto il bene e il male di Boselli, un autore capace di avvincerti, al quale perdoni anche crasse forzature alla logica. Così può dirsi di Zagor che, per salvare un marinaio caduto, si tuffa dalla nave in mezzo ad una tempesta marina senza pensarci; o della stessa nave che viene sbatacchiata da onde alte come montagne senza danni né feriti; o che questa possa entrare addirittura nell’occhio di un maelstrom per poi essere risputata fuori, e di nuovo senza conseguenze per cose o persone.
E’ questa faciloneria nel risolvere passaggi apparentemente complicati, la vera spina che tormenta in questa piacevole lettura. L’eccessiva casualità del provvidenziale incontro con Bork; Zagor che si lancia all’inseguimento di una nave a tre alberi su una scialuppa a remi; il fatto che il governatore, che giorni prima aveva accolto Richter come studioso, ora lo consideri d’un tratto un pericoloso criminale basandosi solo sulle parole dei nostri, senza che questi forniscano alcuna prova; Zagor che viene assalito da una banda di feroci predoni e se li fa amici in quattro e quattr’otto; gli abitanti di Torshavn sobillati in due minuti dai cattivi a credere che i buoni fossero pirati e lanciati come un sol’uomo contro di loro; Bork che prima rapisce Felix come un pacco e poi ci si affeziona in modo eccessivo, dato che questo non è giustificato da alcunché.
Ma soprattutto il finale nella caverna: l’anziano Richter viene investito da una valanga, precipita per molti metri in una caverna e non ha un graffio. Non solo, riesce in poco tempo a trovare gli oggetti di Loki e a mettere in funzione dei congegni sconosciuti. Ma se al limite la macchina spara-raggi può anche essere manovrabile intuitivamente, mi paiono davvero troppo azzardate e poco scientifiche le caratteristiche del casco respingente e soprattutto dell’anello. Come funziona quest’ultimo? Con la forza del pensiero? E una volta lancia raggi distruttivi, un’altra fa muovere dei meccanismi?…Mah! Lascia altresì perplessi la follia demente di Richter, tanto che Boselli nel capitolo successivo del 2011 si sentirà in dovere di tamponare questo imbarazzante buco fornendo alcune spiegazioni un po’ più sensate.
Si tratta quindi di una brutta storia? No: come detto, tutto ciò rappresenta un fastidio, anche se non da poco, che però non inficia il valore della grande componente avventurosa, specie nei primi due albi, stimolata dalle inedite location islandesi che poi Boselli sviluppa con la consueta abilità, inserendo i sempre apprezzabili arricchimenti culturali, geografici, ecc.
E’ poi curioso il fatto che Zagor in questo tipo di ambientazione atlantidea si comporti sempre come un uomo in nero, distruggendo senza ritegno laboratori e tecnologie avanzate. Ma del resto cosa pensa di questi strumenti lo aveva già ben fatto capire nel finale di “Magia senza tempo”.
Sul forum spiritoconlascure.it, la run è stata sicuramente apprezzata, anche se quasi tutti hanno trovato il finale scadente e troppo veloce.

Disegni: :
Parlavo sopra, nel commento al testo, della fascinosa sensazione di vivere quanto si sta leggendo: in questo processo mentale una parte gigantesca la aggiungono sicuramente le straordinarie matite di Della Monica, qui giunto secondo me al suo capolavoro.
Anatomie perfette, volti ed espressioni efficacissime, dinamismi vivi, che si vanno ad aggiungere ai soliti precisi fondali, storico punto di forza del disegnatore. All’interno di un lavoro davvero ineccepibile, entusiasta nota di merito per tutta la sequenza della tempesta marina, assolutamente FAN-TA-STI-CA!
Non granché il viso di Zagor se l’inquadratura si allontana. Strabiliante, al contrario, la resa di quello di Cico.

Copertine: :
Gonfia di promesse avventurose quella di “Ultima Thule”, con Zagor sulla prua della nave a vele spiegate, e scure in mano. Nel secondo albo, si bara gravemente sulla discesa nel maelstrom, dato che Zagor è fuori dalla nave inghiottita dal gorgo. D’ordinanza la terza, vagamente inquietante la quarta, col casco di Richter che ricorda molto quello del Thor kirbyano, quindi curiosamente proprio l’opposto del Loki che invece vuol rappresentare.
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Puro Veleno presenta:

36_ UN LORD A DARKWOOD

#483 Un Lord a Darkwood
#484 Gente di Frontiera
Testi: Luigi Mignacco
Disegni: Alessandro Chiarolla
Ottobre 2005, novembre 2005; pagine: 188
Con:
ZAGOR: svolge efficacemente il ruolo di “mediatore culturale” che si è assunto nella foresta di Darkwood consentendo al lord britannico di entrare pacificamente in contatto con la tribù dei Blackfeet.
E’ anche una guida affidabile, padrona del territorio e delle sue caratteristiche, oltre che giustiziere nei confronti delle due bande di malfattori che infestano la zona e che riesce a debellare.
CICO: il cibo si conferma la principale preoccupazione per il nostro messicano. Forse fin troppo. Da segnalare la composizione di una canzoncina in tema e la sua cattura nella foresta a scopo di esca.
LORD ALBERT LANCASTER: nobiluomo britannico, duca di Greenshire, ha varcato l’oceano per ritrovare il figlio Adam che da anni non dà più notizie dopo la sua venuta in America. Lo affianca nella ricerca il fedelissimo O’Rourke. Non teme i disagi e i pericoli che lo attendono, ma è ben lieto di poter contare su una guida come Zagor nell’affrontarli.
SEAN O’ROURKE: è il fido assistente di Lord Lancaster. Lo accompagna con il compito di proteggerlo nel suo viaggio alla ricerca del figlio scomparso. L’irlandese si dimostra, a più riprese, valido elemento sia con i pugni che con le armi.
ROCHAS: una fugace apparizione nel rendez-vous annuale dei trappers per la classica sfida a chi fa volare più lontano l’avversario. Consueta vittoria di Zagor che stabilisce il nuovo primato (8 metri) della categoria.
DOC LESTER: qualche tavola in più per l’ex dentista impegnato nella gara delle pertiche sui tronchi contro un nuovo avversario, l’irlandese O’Rourke. Della sfida con Zagor viene dato invece maggior risalto in copertina.
L’EQUIPAGGIO DELLA ROSEBUD: si rivedono brevemente i marinai del capitano Carpenter (Tobah, Quattrocchi, Kit, Noè, Bourbon, Reverendo, Gable) dopo l’avventura “La corsa sul fiume” [pubblicata sull’Almanacco dell’Avventura 1999]. Anche qui siamo sui livelli di un’allegra rimpatriata con Zagor che approfitta per raccogliere informazioni sulla sorte di un loro temporaneo compagno di viaggio.
ADAM LANCASTER alias PIOGGIA SILENTE : secondogenito del Lord Lancaster. Spirito ribelle e irrequieto, dopo un diverbio con il padre, decide di abbandonare la Gran Bretagna per cercare fortuna nel Nuovo Mondo. Proverà la vita del battelliere, del trapper e del cercatore d’oro.
Scampato fortunosamente alla morte compirà la svolta più radicale diventando un blackfoot con il nome di Pioggia Silente. Il suo intervento nello scontro con gli uomini di Beaver Joe si rivela provvidenziale oltre a consentirgli di ottenere una personale vendetta. Malgrado le aspettative del padre confermerà la propria scelta di vita rinunciando al ritorno in patria.
GLI SCIACALLI DEL FIUME: sono i sei fratelli Donner, da mesi specializzati nell’uccidere e rapinare i malcapitati viaggiatori lungo il Pleasant River. Dallo scontro a fuoco con Zagor e compagni sopravvivrà solo Elias per essere consegnato ai giusti rigori della legge.
BEAVER JOE: dietro la bonaria facciata di gestore del trading post di Golden Point, prodigo di consigli e raccomandazioni, si cela il criminale assassino dei cercatori d’oro scomparsi nelle terre dei Blackfeet . Con un pugno di complici, travestiti da indiani per far ricadere le colpe sui nativi, uccide e deruba gli sventurati avventurieri fino allo scontro con Zagor e Pioggia Silente dove avrà la peggio. Beaver Joe salva la pelle, ma lo aspetta un duro castigo.
I BLACKFEET: sono dipinti, artatamente, come una tribù spietata, pronta a colpire duramente chiunque si avventuri nelle loro terre. La realtà, però, sarà diversa, come scopriranno Zagor e i suoi tre compagni di avventura.
LUNA GIALLA: squaw blackfoot, salva la vita ad Adam Lancaster e ne diventa la moglie inducendolo ad abbracciare la vita della tribù.
CIELO TONANTE: sakem dei blackfeet. Alle domande di Zagor e Lord Lancaster fornisce risposte criptiche, ma non false. Starà allo Spirito con la Scure interpretarle correttamente.

Una storia lineare con il tema della ricerca del figlio di un lord inglese scomparso da anni nella foresta di Darkwood. Un’avventura con i topoi narrativi classici (i trapper, i cercatori d’oro, i malfattori, i pellerossa e la natura come scenario sul quale si muovono i protagonisti). A questi si aggiunge lo spunto di collocare un elemento come il nobiluomo inglese in un ambiente a lui estraneo. A parti rovesciate rispetto a quando Zagor si reca nelle grandi città “per vedere l’effetto che fa”.

Sul forum SCLS la storia ha riscosso complessivamente giudizi di moderato apprezzamento. E’ piaciuto il suo tono quasi minimalista nel riportare, dopo diverso tempo, atmosfere più familiari e rassicuranti della foresta di Darkwood in alternanza ad avventure dai tratti più pirotecnici e fantasmagorici.

Per la sua seconda prova sulla serie mensile Mignacco scrive una storia senza la ricerca di effetti speciali, senza mostri, senza bisogno di solleticare il “sense of wonder” del lettore. Il ritorno di Zagor e Cico nella loro Darkwood dopo una lunga assenza è l’occasione, complice l’escursione con il lord inglese, per mostrare volti e luoghi familiari della foresta. Per ricordare, con qualche strizzata d’occhio al lettore più esperto, il ruolo che lo Spirito con la Scure ricopre e le sue prerogative. Lo sceneggiatore dimostra di conoscere la materia, di aver “studiato”. A tratti è persino calligrafico, vedi incipit nella prima vignetta con Pleasant Point che riprende testuali le parole apparse sul mitico “La foresta degli agguati”. Qua e là si evoca, senza nominarlo, Drunky Duck oppure si accenna alle entrate spettacolari di Zagor quando vuole impressionare le tribù locali.
I dialoghi scivolano via quasi tutti in maniera abbastanza naturale, pur non risultando particolarmente memorabili. Il plot si dipana egregiamente trascinando il lettore verso una conclusione che appare plausibile nell’economia delle vicende narrate.

Per il disegnatore Chiarolla è l’ottava fatica sulla serie mensile. Forse la più convincente rispetto le precedenti. Il suo tratto bene si adatta nel raffigurare i molti ambienti esterni presenti nella trama. Cico, probabilmente, rimane tra i character quello con le fattezze più discutibili mentre Zagor viene ritratto, soprattutto nei primi piani, in maniera generalmente soddisfacente, pur mantenendo alcune peculiarità (capelli più lunghi del solito) tipiche del disegnatore. Tra i punti di forza da segnalare le scene di azione e tra le piante dove il lato “tarzanide” del nostro eroe ha modo di eccellere.

Le due copertine di Gallieno Ferri illustrano, con qualche licenza, situazioni presenti nella trama della storia. Nel primo caso Zagor difende a Pleasant Point il lord britannico dalle prepotenze di qualche rude uomo della frontiera. Anche se lo scontro non si svolgerebbe nel pontile, ma all’interno del saloon.
Nel secondo caso Zagor affronta con la consueta maestria l’amico Doc Lester nella sfida sui tronchi galleggianti. Scena questa che non appare, con una ellissi narrativa, nelle pagine interne dell’albo.
Perplessità sulla figura di Zagor tratteggiata nella prima cover con un testa troppo incassata nel busto (collo inesistente). Apprezzabile nella sua semplicità e dinamicità la seconda cover.
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Puro Veleno presenta:

37_ L’UOMO VENUTO DALL’ORIENTE

#485 L’uomo venuto dall’Oriente
#486 Il cuore e la spada
#487 Il tempo della vendetta
Testi: Moreno Burattini
Disegni: Massimo Pesce
Dicembre 2005, gennaio 2006, febbraio 2006; pagine: 282
Con:
ZAGOR: risponde alla richiesta (fittizia) di aiuto del vecchio amico Robson per scoprire che l’ingegnere è davvero nei pasticci e che la sua mano è sempre gradita nel risolvere i guai. Oltre alla contingente indagine sui sabotaggi in atto presso il cantiere ferroviario deve però affrontare l’altra minaccia costituita dai propositi di vendetta che il giapponese Takeda ha intessuto per onorare la memoria del suo padrone e antico avversario di Zagor: il principe Minamoto.
CICO: presenza molto discreta in quest’avventura quella del pancione messicano. Tolta la breve gag iniziale con il portalettere pellerossa Drunky Duck il suo ruolo nell’economia della storia risulta assai defilato.
DRUNKY DUCK: abituale latore di missive anche questa volta la presenza del postino pellerossa offre l’occasione per imbastire una simpatica gag con Cico nel ruolo di vittima. Allo spavento procurato per l’inattesa apparizione dalle coltri del proprio letto si aggiunge l’amara scoperta che la preziosa dispensa è stata saccheggiata dalla fameliche fauci del postino. La reazione del messicano sarà, come al solito, furibonda con la colt spianata pronta a investire di piombo il malcapitato divoratore.
ROBSON: ingegnere addetto alla costruzione di tratti ferroviari in zone generalmente limitrofe alla foresta di Darkwood. E’ alla sua sesta apparizione nella saga zagoriana. Quando si ritrova nei guai sa di poter sempre contare sul generoso aiuto dell’amico Zagor, così non sorprende che il nostro eroe risponda alla sua chiamata. Questa volta, però, pur avendo le sue immancabili gatte da pelare, l’ingegnere non aveva spedito alcuna lettera di soccorso perciò quella arrivata allo Spirito con la Scure è di natura quanto mai misteriosa.
TAKEDA: samurai della casata del principe Minamoto, riceve dal maestro Saigo l’incarico di vendicarne la morte. Lascia così il Giappone e raggiunge per nave le coste americane da dove inizia a tessere il proprio piano. La sua feroce determinazione viene però, nel corso dell’avventura, attenuata prima dall’incontro con la giovane cinese Jeng, della quale si innamora ricambiato, e poi dallo scontro con il messicano Carrizo e i suoi vigilantes. L’inattesa alleanza con Zagor contro le malefatte di questi ultimi lo porterà a riconsiderare la propria posizione al punto di decidere di rinviare i propositi di vendetta ad altri momenti.
Maestro SAIGO: Appresa la notizia della morte del proprio signore, il principe Minamoto, e dei samurai che l’accompagnavano in terra americana decide, fedele ai dettami del proprio codice cavalleresco, di togliersi la vita assieme ai suoi discepoli. Prima di compiere il fatidico gesto, però, affida al giovane Takeda il compito di vendicare il proprio padrone rinunciando, momentaneamente, all’harakiri per adempiere al ruolo assegnato.
JENG: giovane e avvenente cinese, assieme ad altri suoi connazionali è diretta verso la Pennsylvania per lavorare in un cantiere ferroviario. Conosce e si innamora del giapponese Takeda quando questi si unisce a loro. In seguito viene rapita da Carrizo e dai suoi uomini allo scopo di attirare in una trappola l’odiato Takeda. Verrà liberata da Zagor, ma nel corso del conflitto sarà colpita da una pallottola vagante.
Ferita e curata dallo Spirito con la Scure dimostrerà la propria riconoscenza quando interverrà risolutamente impedendo a Takeda di colpire a morte Zagor al termine del loro scontro.
CARRIZO: bieco messicano, entrato in forte attrito con Takeda dopo un primo sanguinoso scontro, approfitta del suo ruolo di vigilante presso i cantieri ferroviari per cercare di regolare i propri conti. Alle sue vendette personali unisce anche la paga che riceve da concorrenti dell’ingegner Robson per coprire e favorire atti di sabotaggio ai suoi danni. Riesce, con i suoi fidi, a catturare il giapponese, ma a guastare i suoi piani provvederà Zagor. Lo scontro a fuoco con lo Spirito con la Scure si rivelerà per lui mortale.
WEBSTER : collega di Robson e responsabile dei lavori presso un altro cantiere pare preoccupato per i ritardi dell’amico ingegnere. In realtà manovra per metterlo in cattiva luce agli occhi dei dirigenti della compagnia ferroviaria promuovendo, nell’ombra, gli atti di sabotaggio che vengono compiuti.
Al momento della resa dei conti ha la grande occasione di impallinare uno Zagor alla sua mercé, ma finisce infilzato dalla micidiale spada di Takeda.
GRIMM: assoldato dall’ingegner Webster è l’uomo all’interno del cantiere di Robson che coordina i vari sabotaggi. Con Carrizo partecipa alle sue trame. Scoperto, catturato e messo alle strette il furfante confesserà le malefatte prima di essere assicurato alla giustizia.

Una storia con una struttura “tripolare” dove l’iniziale scontro Zagor/Takeda si trasformerà in una alleanza contro il comune nemico Carrizo e i sabotatori della ferrovia. Si attinge a una classica storia nolittiana (Arrivano i Samurai – Zagor # 116-118, marzo-maggio 1975) per riportare sulla scena un altro avversario orientale che segue i dettami del Bushido e che ha come unico scopo di vita vendicare la morte del suo principe Minamoto uccidendo lo Spirito con la Scure. Avversario, dunque, nuovo ma mosso da avvenimenti ben radicati nella memoria del lettore che ha così modo di rivedere sulla scena lo scontro fra concezioni e filosofie di vita assai distanti tra loro. A differenza della storia nolittiana in questa intervengono fattori “destabilizzanti” per Takeda (in particolare l’incontro con la cinese Jeng e la storia d’amore che ne segue) che lo porterà ad allontanarsi dalla rigida impostazione ricevuta e ad assumere una visione più conciliante e meno restrittiva della propria vita.

Sul forum SCLS la storia è stata accolta alla sua uscita con un quasi unanime consenso. Qualche perplessità in più viene sollevata con il secondo albo mentre alla conclusione si registrano caldi apprezzamenti dalla maggioranza degli utenti. In particolare viene elogiato il fatto che una sceneggiatura, tutto sommato, prevedibile nel suo svolgimento lasci comunque soddisfatto il lettore al termine per la sua scorrevolezza e per le scene d’azione ben costruite. Non manca tuttavia più di una voce dissonante come non mancano segnalazioni di passaggi narrativi discutibili. Uno fra tutti il fatto che Zagor venga salvato dalla voce di Jeng un attimo prima che Takeda lo colpisca mortalmente durante il loro duello. L’inferiorità di Zagor nello scontro è risultata assai poco gradita. Come il “cambio di marcia” del samurai che rinvia la vendetta per occuparsi della nuova situazione familiare risulta poca credibile presso altri utenti. Insomma, una storia che ha lasciato alla finenella platea dei lettori di SCLS pareri contrastanti.


Per Moreno Burattini il problema della questione di “rinnovare nella tradizione” si sarà sicuramente posto ogni volta che si trovava davanti alla stesura di una nuova narrazione delle avventure di un eroe seriale, non creato da lui, e sulle scene da vari decenni con una rimarchevole produzione alle spalle.
Qui affronta il compito di introdurre un possibile nuovo (e temibile) avversario di Zagor riprendendo lo spunto di una vecchia e affascinante avventura del creatore Nolitta che, nella sua atipicità, era rimasta “incontaminata” e apparentemente conclusa.
Gli cuce addosso una delle motivazioni più credibili (e abbastanza banali, diciamolo pure) nella letteratura del genere (il motore della vendetta) e sembra preparare il campo al duello finale.
Lo scontro che pare inevitabile (e che ci sarà, ma senza arrivare all’ultimo sangue) viene gradatamente affievolito fino ad arrivare ad un armistizio prodromo di future riconciliazioni.
Questo accade senza stravolgere troppo il personaggio di Takeda che conserva le proprie caratteristiche, ma arricchendolo attraverso le esperienze maturate che gli consentono di uscire dalla bidimensionalità iniziale.
In questo senso si vedano le didascalie iniziali con i versetti dell’ “Hagakure”, dove tutto sembra stabilito senza discussioni e quelli finali dove invece si lascia spazio a una sorta di libero arbitrio.
Passa il messaggio, in maniera abbastanza esplicita, che persino il fanatismo più ottuso possa essere sconfitto da un sentimento di speranza, di rinascita, di vita.
A mantenere uno stretto rapporto con la tradizione della serie si possono naturalmente citare il ritorno alla capanna dopo una lunga assenza con la felicità di Cico che subisce una cocente delusione, il siparietto con il postino Drunky Duck e l’incontro con l’ingegnere Robson sempre alle prese con nuovi tratti ferroviari da stendere.
Per quasi tutta l’avventura assistiamo poi a un parallelismo tra il percorso di Zagor e quello di Takeda prima di giungere al faccia a faccia finale.
Per questa storia lo sceneggiatore inoltre si avvale a più riprese della tecnica del flashback. Inizialmente, quando ha bisogno di far conoscere al lettore gli antefatti, Takeda sogna (a bordo della nave che lo porta nel continente americano e al cantiere dove lavora come operaio) ripensando così ai principali eventi che gli sono accaduti mentre la narrazione procede con gli sviluppi delle situazioni evocate.
Va anche segnalata la ricerca di suspense al termine dei primi due albi (nel primo Robson sorprende affermando di non saper nulla della lettera ricevuta da Zagor e nel secondo con Jeng colpita da una fucilata) per creare nel lettore l’attesa sugli sviluppi successivi.

Per il disegnatore Massimo Pesce si tratta della quinta prova in ordine di pubblicazione sulla serie mensile, la prima a distendersi su tre albi. L’autore conferma le proprie doti offrendo una interpretazione grafica dei personaggi e dell’ambiente circostante discretamente convincente e apprezzabile. Tra i suoi pregi rimane da evidenziare l’ottima resa delle rappresentanti del gentil sesso presenti nelle sue storie. La cinese Jeng si aggiunge così alla sensuale e raffinata galleria di ritratti femminili comprendenti la “ragazza selvaggia” Riannon, Elizabeth Fitzmayer, Pearl Nightshade, la brasiliana Helena, Geena e sua figlia Liz.

Le tre copertine di Gallieno Ferri sono accomunate nell’illustrare la netta contrapposizione Zagor/Takeda e nel mostrare uno Spirito con la Scure in costante tensione .
Nella prima abbiamo uno Zagor pronto a cogliere l’insolita minaccia che si sta profilando alle sue spalle: l’orientale a cavallo, immobile ma non per questo meno temibile, lo scruta quasi pregustando il momento tanto atteso del duello finale. A caricare la scena un cielo plumbeo, notturno, un paesaggio scarno con i rilievi oscuri lontani ravvivati da raggi aurorali. Nella seconda la presenza del samurai è simboleggiata dalla sua scintillante katana, infissa su una traversina della ferrovia , davanti alla quale Zagor impugna la scure e pare pronto a contrastarne la minaccia. Copertina che può essere intesa come un omaggio al classico “La scure e la sciabola” (Zagor #118) riprendendo le armi che sintetizzano lo “scontro di civiltà” anche se il titolo “Il cuore e la spada” riflette maggiormente un dissidio interno del nipponico fra ragione e sentimento. Nella terza fa la sua irruzione la bella Jeng, qui esanime tra le braccia di Zagor, che pare offrire alle velleità bellicose di Takeda (spada sguainata pronta per la battaglia) il motivo per arrestare la sua cieca missione e riflettere sulla situazione. A differenza della prima cover qui abbiamo alle spalle di Zagor un sole nascente che sprigiona i suoi raggi illuminando la scena come a portare la verità e una nuova alba di vita.
Copertine, dunque, ottimamente concepite e realizzate con la consueta maestria
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Walter Maddenbrook presenta


38_LA’ DOVE SCORRE IL FIUME

# 488 Là dove scorre il fiume
# 489 I trappers di Fort arrows

Testi: Luigi Mignacco
Disegni: Marcello Mangiantini
Marzo, aprile 2006; pagine: 188

Con:
ZAGOR: E’ uno Zagor che mostra diversi lati della sua personalità, e non solo quelli da “macchina da giustizia”. La lunga sequenza della chiacchierata con Cico durante il cammino assolve perfettamente a questa restituzione di caratteristiche nolittiane, perché nolittiani sono i tempi dilatati di svolgimento. Risulta forse un po’ ingenuo a non dubitare mai di Kirk, ma anche questa apparente caduta è in realtà una definizione aderente al personaggio. Gli dice infatti il villain: “Non sarei mai riuscito ad imbrogliarti se tu non ti fossi fidato di me come un amico. Tu mi hai creduto perché credi nell’amicizia” (chiedere a Guitar Jim nel n. 100 per referenze).
CICO: Quanto detto su Zagor, può riversarsi sul suo amico messicano, perché è questo che appare profondamente Cico. Personalmente ne apprezzo sopratutto il lato umoristico e le lunghe gags, ma in questo caso, pur non essendo presenti, il risultato è ugualmente ottimo, perché il suo profilo tutto espresso sul piano dell’amicizia, innalza un personaggio quasi a persona.
KIRK WHEELER: Anche se sicuramente non occupa un posto primario nei ricordi degli zagoriani, credo che sia una delle nemesi più azzeccate su un piano realistico e simbolico. Approfondirò nel commento.
TRAPPERS DI FORT ARROW: I villain secondari, predoni di pelli in combutta con Kirk. Tra i principali: Carter, Oldman, Fox, I gemelli Zack e Jerry Peach, Moose, Rocky, Hands.
JIM JOHNSON: Come Kirk, anche il ragazzino rapito presenta interessanti spunti paralleli con Zagor ma al contrario del villain, questo viene solo abbozzato. Ed è un peccato.
ALTRI: Molti occhi appare in un cameo brevissimo ma significativo, in cui spiega a Zagor come lui sia davvero un inviato di Manito, solo che gli occhi dei bianchi non possono vederlo, con una logica simile a quella delle varie dimensioni dell’esistenza che i Tralfamadoriani spiegano a Billy Pilgrim in “Mattatoio n. 5”.
I SENECA: Lontra rossa è il capo dei Seneca che alla fine, guidato da Cico, risolve la situazione al forte. Da notare che un indiano qua cita ribaltandola di prospettiva la famosa frase “Il solo indiano buono che conosco è l'indiano morto”.

Trama:
Un battello carico di pelli discende il fiume Monangehela. A bordo si trovano i marinai, il commerciante di pelli Johnson e il figlio Jim, un quindicenne sognante appassionato di romanzi della fronteria, che con quest’ultima avrà il peggiore impatto. Il battello viene infatti attaccato da una banda di predoni che uccide l’equipaggio e rapisce il ragazzo a scopo di ricatto.
Nel frattempo Zagor e Cico si stanno dirigendo nella zona su invito di Tonka, per verificare che l’arrivo di una tribù di Seneca, che lì si sta trasferendo, non possa creare problemi. Durante il viaggio, i due amici rievocano alcuni ricordi tra cui l’incontro tra Zagor e Kirk, il capo del forte di trappers verso cui faranno tappa, che in gioventù gli salvò la vita. All’arrivo al forte, allo sguardo attento di Zagor non sfuggono alcuni oggetti costosi in possesso dei trappers, che gli fanno supporre che tra loro si nascondano alcuni tra i predoni che hanno assaltato tre battelli nella zona di recente. Ma anche i trappers capiscono che Zagor ha fiutato qualcosa, e decidono di ucciderlo durante la notte. Il tentativo però non riesce, e lo Spirito con la scure insegue i fuggitivi, fino a perderne le tracce al buio.
Al mattino torna alla ricerca, in compagnia di alcuni trappers che però si rivelano essere in combutta coi fuggitivi e tentano di uccidere i due pards, vanamente. Zagor decide di proseguire ugualmente la ricerca fino a scoprire il rifugio dei predoni, nascosto sulla montagna. Si divide da Cico e attacca il rifugio, riuscendo a liberare il ragazzo. Tornato al forte, capisce che i i trappers predoni hanno imprigionati Kirk e gli altri a lui fedeli, per cui attacca di notte il forte, liberandoli. Una volta fuggiti nella foresta, tutto si rivela però una messinscena per fargli rivelare dove fosse il ragazzo e riprenderlo, scoprendo così che tutti i trappers fanno parte della stessa banda, Kirk compreso.
Zagor viene riportato al forte e costretto a partecipare ad uno scontro mortale con una enorme orsa, da cui comunque riesce a liberarsi. Contemporaneamente il forte viene attaccato dai Seneca, che Cico aveva incontrato nella foresta, che sterminano i trappers. Kirk fugge, e inseguito da Zagor, finisce in un burrone ma il suo corpo non viene ritrovato.

Commento:
Dopo diverse prove un po’ fiacche, specie in relazione al suo curriculum, Mignacco scrive la sua prima bella storia a Darkwood.
Peccato per la relativa brevità, perché ci sono diversi personaggi che mostrano in nuce (e non solo) interessanti potenzialità: sviluppandole avrebbe potuto perfino diventare un capolavoro, anche se occorre dire che l’autore alessandrino è famoso per ottimi inizi che poi smarrisce durante lo sviluppo.
Il maggior pregio sta nei tempi di conduzione, tutt’altro che sincopati (un piccolo miracolo per il periodo storico) che permette passaggi di approfondimento e dialoghi non banali.
Ne è un mirabile esempio la lunga e deliziosa sequenza centrale del primo albo in cui Cico e Zagor in cammino parlano della loro amicizia, anziché di malfattori da punire e piani e contro piani d’attacco, proprio come farebbero due amici, appunto, che passeggiano. C’è una bella rievocazione di episodi passati, compreso il ricordo delle origini di Zagor (utile a potenziali neo lettori) e il loro primo incontro, con tanto di reciproche prese in giro.
In questo frangente Zagor racconta all’amico di come ha conosciuto Kirk e di come questi gli abbia salvato la vita. Ci viene inizialmente presentato come un potenziale Fitzy 2.0, nel suo ruolo di mentore e salvatore del giovane Pat, nella filosofia che ne traspare e nel look (Mangiantini mi è parso lo abbia voluto far assomigliare al primissimo Ken Parker). Successivamente lo ritroveremo come un uomo incattivito dalla vita e quasi compiaciuto di dar sfogo al suo cinismo amaro, proprio come se sottolineando questo, volesse in realtà sottolineare il dolore per la perdita della sua positività giovanile.
Il giovane Kirk è molto simile a livello embrionale al giovane Pat, entrambi appaiono come cellule staminali di ottima fattura, in grado di diventare qualcosa di importante in base al lupo a cui ognuno di due deciderà di dare da mangiare, secondo una celebre fiaba Cherokee. Proprio la collocazione di queste signore pedine sulla scacchiera, poteva portare ad interessanti confronti tra i due sulle rispettive filosofie di vita e/o ciò che porta un uomo su una strada o su un’altra, proprio come il citato Ken nella memorabile “Casa dolce casa”. Purtroppo ciò non avviene e, pur rimanendo comunque un ottimo villain già così, rimane l’amaro in bocca per un personaggio non sfruttato fino in fondo. Anche se non sono esclusi ritorni, dato che nel finale, in una scena peraltro non riuscita, precipita in un burrone e scompare. Addirittura all’epoca di pubblicazione, pensai che avrebbe potuto essere per Mignacco ciò che Nat Murdo fu per Boselli, ma ormai sono passati 12 anni e non è mai tornato.
Parimenti a Kirk, anche il giovane Jim appare come un personaggio narrativamente forte, ma anch’esso viene lasciato a metà, e ancor più del primo. Contiene infatti lo stesso parallelo con Zagor, ovviamente declinato in altra età. Ci viene così introdotto nelle prime pagine come un ragazzino pieno di sogni e voglia di avventura, stroncate dalla brutale uccisione del padre, proprio come il piccolo Pat. Però poi scompare completamente dalla scena, per riapparire solo nell’ultimo quarto della run. Le pagine sono rimaste poche, e c’è tempo solo per un veloce confronto con Zagor a cui il ragazzo esterna i suoi sentimenti di odio e di vendetta (mentre lo Spirito con la scure spiega per esperienza l’inutilità della stessa) e per un finale in cui Jim finirà per uccidere un l’assassino del padre, rimanendone apparentemente sconvolto ma appunto è tutto narrato con troppa fretta. Nel dialogo di cui sopra ci sono le stesse identiche posizioni che si ebbero all’epoca tra il giovane Pat e Wandering Fitzy, solo che questa volta è Zagor – come meravigliosamente accade nella vita vera – a tenere la parte della pedina del buon senso, perché la lezione di allora è stata recepita. Sarebbe stato quindi molto affascinante approfondire questo “passaggio di testimone” tra generazioni, che avrebbe conferito un ulteriore ed inesplorato spessore alla personalità dello Spirito con la scure. Purtroppo tali attese sono andate abbastanza deluse, chiudendo affrettatamente questi interessanti spunti.
Ciò nonostante rimane a mio parere una buonissima storia.

I forumisti di spiritoconlascure.it ne danno un giudizio abbastanza positivo, sottolineando la grande conoscenza dell’ universo zagoriano da parte di Mignacco. Il soggetto è considerato non originale, ma la sceneggiatura lo eleva, in particolari i dialoghi.

Disegni:
Esordio per Marcello Mangiantini, che parte con un discreto botto, specie nei fondali molto ricchi e bilanciati, nelle particolareggiate scene notturne e nelle attente e variegate caratterizzazioni dei trapper. E’ però presente anche il suo principale difetto, che lo accompagnerà per grossa parte della sua produzione, e cioè un viso di Zagor troppo imberbe, con espressioni un po’ legnose che denotano una certa insicurezza, e perfino cangiante troppo spesso da vignetta a vignetta.
A parte questo particolare, benché non da poco, si trattò comunque di un notevole debutto, che lo ha reso giustamente una delle colonne attuali della testata.

Copertine:
Buone e accattivanti le copertine di Ferri. La seconda contiene in realtà un clamoroso spoiler sulle ultimissime pagine, ma lo si capisce solo a lettura finita, mentre all’edicola appare come una semplice scena drammatica. Qua Ferri bara un pochetto sulla aderenza alle pagine interne, dato che il trapper appeso chiaramente non è Kirk (o al massimo ne è una sua riproposizione giovanile), ma si tratta di un accorgimento necessario onde non rivelare appunto il finale.
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MessaggioInviato: Mer Feb 21, 2018 7:05 pm    Oggetto: Rispondi citando

39 Huron!
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Wakopa presenta:

40_ IL VAGONE BLINDATO

#494 Il vagone blindato
#495 I rapinatori
Testi: Iacopo Rauch
Disegni: Gianni Sedioli
Settembre, Ottobre 2006; pagine: 188
Con:
ZAGOR: entra in scena sventando l’attentato a Mister Steel, viene ferito seriamente dalla banda di Palmer nell’inseguimento al blindato, ma sale sugli scudi quando scopre che Palmer e’ complice di Mister Steel e sono stati loro gli autori della rapina e dei relativi omicidi. I banditi lo credevano morto ed erano tornati a Leyton certi di non essere riconosciuti da nessuno. Sgominera’ il velenoso duo Palmer-Goldberg nel finale.
CICO: prima della cena di riconoscenza offerta da Mister Steel, il pancione si guadagna pure un bagno caldo durante il quale si produce in una delle sue solite canzoncine a dire il vero non riuscitissima. Prosegue da buon comprimario fino alla fine della storia senza alcun particolare sussulto comico da parte sua.
BURTON e RAYMOND: i due fratelli ladri di bestiame che accolgono il bounty killer Griffin nella ghost town ad inizio storia.
GRIFFIN: l’inquietante bounty killer dell’incipit che buca a suo dire un dollaro da cento passi, davvero abile col suo arnese, forse la figura più riuscita del racconto sia da punto di vista grafico che scenico.
PALMER : l’affarista capobanda, protagonista del doppio gioco ai danni della sua banda in combutta con Mister Steel.
HAROLD “STEAMER”: ex macchinista ferroviario facente parte della banda di Palmer.
POLLARD : altro membro della banda,scassinatore ed esperto di esplosivi.
JUBAL: delaware rinnegato a completare l’inquietante combriccola.
TENENTE MIKE DURRELL: vecchia conoscenza di Fort Pitt, diventato nel frattempo capitano, mette al corrente Zagor del denaro in arrivo a Leyton sul vagone blindato e destinato all’acquisto di bestiame prezioso. Bestiame che si produrrà in uno spettacolare stampede che raderà quasi al suolo Leyton, quando la banda di Palmer porrà in atto il piano per entrare in possesso del bottino blindato.
HARRY GOLDBERG alias MISTER STEEL: proprietario del treno blindato e infido ideatore del piano diabolico per impossessarsi con la complicita’ di Palmer del malloppo destinato all’acquisto del bestiame.
FRASER: braccio destro di Mister Steel.
PIKE TAYLOR: l’uomo che tenta di assassinare per vendetta Mister Steel.

Sul forum spiritoconlascure la storia, pur ben giudicata, non ha suscitato particolari entusiasmi.

Rauch mostra la sua abilità nel soggetto di puro western, che però senza indiani non sembra proprio l’habitat naturale per Zagor.
Buona la tensione creata dalla sceneggiatura e i colpi di scena, forse un po’ semplicistiche certe soluzioni; da una parte, infatti, godibile il serio ferimento di Zagor, dall’altra però, forse appunto un po’ troppo semplicistico che si liberi nel vagone di un brutto cliente come Palmer pur essendo legato…

Da parte sua Sedioli esegue il solito ed onesto lavoro in grado di SEDare i tradizionalisti ma di far storcere un po’ il naso quando le scene richiedono più dinamismi ed espressioni rispetto alle solite impostazioni di maniera, peraltro non sempre riuscite; vedasi parecchi profili e campi lunghi di Zagor e Cico.

Buona la prima delle due copertine di Gallieno Ferri, con uno Zagor ben centrato anche se è sempre un po’ straniante vederlo a cavallo; molto più inquietante ed affascinante la seconda, con Griffin e la ghost town sullo sfondo.


Ultima modifica di INDEX il Mer Feb 28, 2018 7:41 pm, modificato 2 volte in totale
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Archer presenta

41_IL RITORNO DEL MUTANTE

#496 Il ritorno del Mutante
#497 Scorta militare
#498 Trappola di fuoco
#499 L’uomo dai due cervelli
Testi: Moreno Burattini
Disegni: Marco Verni
Novembre, dicembre 2006; pagine 376
Con:
Colin “Skull” Randall, sanguinario bandito, mutante dotato di un doppio cervello e di straordinari poteri ESP (tra i quali leggere e condizionare il pensiero altrui, avvertire presenze umane, sconvolgere il cervello di un uomo sino a farlo esplodere). Lo ritroviamo imprigionato a Hellgate dopo il precedente scontro con Zagor, apparentemente ridotto a più miti consigli e convinto a collaborare con le autorità, mentre in realtà ha architettato fin dall’inizio un rocambolesco piano per riguadagnare la libertà e vendicarsi di Zagor.

Algernon Quandy, corrotto agente segreto statunitense, ha sottratto e nascosto documenti riguardanti la sicurezza nazionale allo scopo di cederli a una potenza straniera. Scoperto e inseguito dalle autorità, durante la fuga precipita da un tetto e finisce in coma. Alla possibilità di mettersi in comunicazione con lui nonostante lo stato vegetativo in cui si trova è legata l’unica speranza di ritrovare i preziosi documenti.

Sophie Quandy / Sophie Randall, presentata inizialmente come la giovane moglie di Algernon, ignara dei loschi traffici del marito, è in realtà la figlia di Skull, anch’essa dotata di poteri paranormali e vero nemico nell’ombra dell’intera storia. A differenza del padre può solo esercitare una forma di controllo mentale su singoli individui o gruppi ristretti di persone: il tentativo disperato di abusare di queste facoltà, al termine della storia, le costerà molto caro.

A.J. Hassel, direttore del penitenziario di Hellgate, già apparso ne La vendetta di Mortimer di Burattini-Ferri e poi successivamente in Hellgate brucia! di Marolla-Bisi (evidentemente confermato nel suo ruolo nonostante il fallimento dell’operazione di trasferimento di Skull!).

Capitano McGregor, dello Stato maggiore dell’esercito statunitense, è il responsabile del trasferimento di “Skull” da Hellgate a Washington. Durante il percorso prende una serie di decisioni errate che offrono infine a Randall l’occasione di fuggire. Zagor lo definisce “il solito ufficiale ottuso e ostinato” ma in realtà, come si scoprirà alla fine, agiva almeno in parte sotto il condizionamento mentale di Sophie Randall.

Professor Donald Blaine, già alleato di Zagor ai tempi del primo scontro con Randall, ha continuato a studiare il mutante e i suoi poteri accresciutisi durante la reclusione a Hellgate. Alla fine dell’avventura si incaricherà della sepoltura di Skull, ma all’insaputa di Zagor sezionerà e sottrarrà la testa del mutante per portarla nei laboratori segreti di Altrove.

Larsen, bandito fatto arrestare in passato da Zagor (in un’avventura non narrata nella serie) e detenuto a Hellgate; aggredisce Zagor al suo arrivo nell’istituto penitenziario e riesce poi a evadere dalla cella d’isolamento dove viene rinchiuso, tentando nuovamente, ma invano, di vendicarsi dello Spirito con la scure.

Agente Luther, soldato di stanza a Hellgate, amico del soldato Ferry ucciso da Larsen nel tentativo di aggredire Zagor all’arrivo a Hellgate. Vittima del condizionamento mentale di Sophie, finisce per favorire suo malgrado l’evasione di Larsen dalla cella d’isolamento.

Kiwa, figlio del sakem dei Munsee. Ritiene Zagor responsabile dell’aggressione armata che un gruppo di Munsee subisce per mano della scorta di Skull (in realtà orchestrata da Sophie con i suoi poteri mentali) e guida poi la vendetta dei suoi guerrieri contro i soldati agli ordini di McGregor.

Tawadah, sakem dei Munsee, con l’avanzare dell’età ha perso l’ascendente sui guerrieri piu giovani a vantaggio del bellicoso Kiwa. Figura centrale dell’episodio dello scontro con i Munsee, incarna una variazione sul tema del sakem saggio e anziano, ma anche fatalista e rassegnato al punto da non intervenire per liberare Zagor (detenuto prigioniero al campo Munsee mentre Kiwa sferra l’attacco alla scorta di Skull) nonostante non condivida la mentalità guerrafondaia del figlio. Tuttavia, il suo successivo ravvedimento (grazie all’insistenza di Cico) si rivelerà fondamentale per la risoluzione positiva della storia.

Trampy, protagonista con Cico di una gag comica iniziale nella quale l’ineffabile duo come di consueto cerca di scroccare un pasto a discapito dei malcapitati ristoratori del paese. Come da copione, il raggiro funziona solamente a metà e Cico deve darsela a gambe levate prima di poter sedersi a tavola, ma per una volta il messicano ha ragione di lamentarsi della sfortuna, anzichè della propria dabbenaggine: per una serie di equivoci, viene scambiato per l’amante della moglie dell’iracondo titolare del saloon dove sperava di mangiare a sbafo.


Sinossi
Lo Stato maggiore dell’esercito americano decide di ricorrere ai poteri telepatici del mutante Colin “Skull” Randall, ex-bandito rinchiuso a Hellgate dopo il suo precedente scontro con Zagor (ne L’agguato del mutante, di Toninelli-Bignotti, nn. 217-219), per cercare di recuperare i documenti trafugati da Algernon Quandy, corrotto agente dello spionaggio al soldo di una potenza straniera, ridotto in stato vegetativo dopo uno scontro a fuoco con la polizia. Dopo che un primo tentativo di scandagliare il subconscio della moglie di Quandy, Sophie, si rivela infruttuoso, si decide di traferire Skull a Washington perchè possa leggere la mente del degente. Zagor e Cico si uniscono quindi al convoglio che scorta Randall, neutralizzato da una apposita maschera di legno che ne scherma i poteri; con loro viaggiano il professor Blaine, che aveva già affiancato lo Spirito con la Scure ai tempi del primo scontro con il mutante, Sophie Quandy e il capitano McGregor al comando di un nutrito manipolo di soldati. Durante il viaggio lo scetticismo di Zagor sulle reali intenzioni del mutante, apparentemente disposto a collaborare con le autorità, si rivela fondato: approfittando di uno scontro con la tribu dei Munsee, che costringe Zagor ad allontanarsi dalla carovana per una notte, Skull riesce a liberarsi e a trovare rifugio in una fattoria della zona, dove soggioga gli abitanti aizzandoli contro i propri inseguitori. Zagor tuttavia riesce a penetrare nella fattoria e a scoprire l’incredibile verità: Sophie è in realtà la figlia del mutante e da lui ha ereditato almeno in parte i poteri psichici, grazie ai quali aveva ordito fin dall’inizio l’astuto piano allo scopo di liberare il padre e aiutarlo a vendicarsi di Zagor. Aiutato da Cico e Blaine, l’eroe riesce ad avere la meglio: al termine di un drammatico scontro sul tetto della fattoria, il mutante precipita e muore, mentre Sophie rimane in stato catalettico dopo aver tentato di abusare dei propri poteri. Al termine della storia viene rivelato che Blaine, all’insaputa di Zagor, ha sezionato la testa del mutante e l’ha portata ad Altrove, per proseguire gli studi sugli incredibili poteri di Skull.


Burattini gestisce il ritorno di un personaggio indimenticato in maniera efficace, riuscendo a imbastire una storia appassionante e per nulla scontata. Il mutante è un personaggio indubbiamente naïf, originariamente pubblicato negli anni Ottanta ma appartenente idealmente al filone della fantascienza “ingenua” degli anni Cinquanta e Sessanta. Lo sceneggiatore ha trovato la chiave giusta per riproporlo negli anni Duemila, rinunciando a improbabili spiegazioni pseudo-scientifiche lavorando invece sull’approfondimento della psicologia del personaggio, così da regalargli una rinnovata e convincente caratterizzazione a tutto tondo.
Grazie all’aggiunta del personaggio della figlia del mutante, il tono della narrazione cambia sostanzialmente rispetto all’originale e da quella che era una storia improntata fondamentalmente all’azione, con situazioni tipiche quasi del fumetto supereroistico, si vira ora invece su tinte da thriller psicologico. La struttura a incastri della sceneggiatura, con i singoli episodi che solo alla fine si riveleranno essere stati tessere di un complesso mosaico ordito da un nemico nell’ombra, e un tipo di narrazione molto congeniale allo sceneggiatore toscano, che proprio su questa falsariga ha orchestrato le prime scorribande del suo villain piu riuscito, il diabolico Mortimer, e altri suoi lavori di spicco.

La storia in effetti è una macedonia gustosa di situazioni e ispirazioni care al lettore zagoriano: la divertente gag comica iniziale con Cico e Trampy (in cui Burattini sfrutta il tema della gelosia coniugale, uno dei suoi cavalli di battaglia quando si cimenta con il registro umoristico), il progressivo apparire sulla scena di una minaccia latente, il tragico malinteso con i Munsee e il tentativo disperato di Zagor di farsi mediatore con i nativi sono stilemi di chiara impronta nolittiana. La vicenda imbastita è in effetti piuttosto complessa: sono molti i personaggi, le ambientazioni, i piani temporali che si intrecciano, eppure lo sceneggiatore tiene saldo il timone e gli eventi si dipanano con scorrevolezza. Solo la sequenza finale nella fattoria tradisce un leggero calo di ritmo: più volte i personaggi sono costretti a spiegarsi a vicenda gli eventi, i passaggi si fanno più ripetitivi, e le potenzialità createsi fin a questo punto non vengono sviluppate appieno. In effetti in tutta la sequenza finale manca un nemico davvero temibile: il mutante e ferito e indebolito, di Sophie si rimarca a più riprese come sia meno abile del padre, e gli abitanti della fattoria che Randall controlla a propria difesa sono avversari tutt’altro che irresistibili. Lo spunto più stuzzicante e senz’altro quello di Zagor costretto a fronteggiare i fattori vittime del condizionamento mentale di Skull senza voler realmente far loro del male; purtroppo il potenziale da psico-dramma di questa situazione sembra sfruttato solo in parte.

I disegni di Marco Verni sono convincenti e godibili. Il disegnatore romagnolo, qui in una delle sue prime prove su una storia ambiziosa (solo tre anni prima aveva rilevato da Ferri la “titolarità” della saga di Mortimer), non tradisce le attese e si mette al servizio del personaggio di Skull, che eredita dal compianto Bignotti, donandogli una rinnovata gamma espressiva senza tradire il modello originale. Per tutti i tre albi che compongono la storia i disegni si mantengono ariosi e ben leggibili, anche se forse a discapito di sfondi spesso troppo essenziali e di qualche sequenza di combattimento poco dinamica. Se la caratterizzazione dei personaggi in generale non brilla per fantasia (i numerosi gruppi che compaiono nel racconto, come i detenuti di Hellgate, i soldati della scorta di Skull, i Munsee, i minatori e gli abitanti della fattoria, sono tutti piuttosto piatti), notevole è invece il character design di Sophie, che con il suo profilo greco e il taglio arrotondato degli occhi è immediatamente riconoscibile fra le altre protagoniste femminili della serie (non certo moltissime, ma a volte dalle fattezze difficilmente distinguibili l’una dall’altra).

Una delle tensioni portanti della storia è il contrasto tra Zagor e gli “esperti”, ossia il professor Blaine e gli ufficiali Hassel e McGregor che dall’alto rispettivamente delle proprie conoscenze medico-scientifiche e di politica carceraria pretendono di saper determinare in anticipo il comportamento di Skull, basandosi su quello che dovrebbe essere il suo miglior interesse. Sembra quasi di sentire i nostri analisti sbagliare immancabilmente le previsioni sui grandi appuntamenti alle urne, come il referendum di Brexit o le elezioni presidenziali statunitensi del 2016, e poi biasimare le scelte irrazionali dell’elettorato populista. Zagor invece si affida al proprio intuito e alla conoscenza dell’animo umano per comprendere che più dei promessi benefici materiali ad animare Randall è un folle e distruttivo desiderio di vendetta (cosi come a volte gli elettori si fanno guidare da sentimenti irrazionali come la paura del cambiamento o delle diversità, invece che da compiute analisi politiche o economiche). È un tema interessante che sembra sia, da un lato, precorrere i tempi (il dibattito sul populismo sarebbe diventato mainstream solo alcuni anni dopo l’uscita di questa storia) sia, dall’altro, proporre una variazione del classico topos nolittiano del contrasto tra scienza e natura.

La storia forma un ideale mini-ciclo di ritorni eccellenti, assieme al successivo numero 500 in cui Burattini orchestra una serie di cameo di grandi nemici creati dai principali sceneggiatori della serie. Nel numero 500 manca proprio Toninelli, “papà” del mutante, che pero proprio in questa storia era stato gia omaggiato. Lo stesso Burattini, peraltro, aveva gia realizzato il ritorno di quello che probabilmente è l’altro character toninelliano di maggior successo, Richard “Beau” Wyndham, protagonista di Viaggio nella paura (di Toninelli-Donatelli) e ricomparso, assieme ai suoi amici, nello Speciale I cavalieri del Graal (di Burattini-Ferri).
Il finale aperto di questo ritorno del mutante lascia sperare che in futuro questo fortunato villain si trovera di nuovo ad incrociare la strada dello Spirito con la scure, e tutto lascia intendere che il nuovo scontro avrà un ulteriore elemento di complessita, visto il coinvolgimento della base di Altrove. Sophie, come detto, è un personaggio intrigante la cui capacita di manipolare i comportamenti altrui per perseguire piani machiavellici ricorda il modus operandi di Mortimer. Ora che il diabolico truffatore sembra definitivamente uscito di scena, potrebbe essere stuzzicante per Burattini recuperare questo personaggio per reintrodurre una tipologia di storia che è quantomai nelle sue corde.
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MessaggioInviato: Mer Feb 21, 2018 7:06 pm    Oggetto: Rispondi citando

Wakopa presenta:

42_MAGIA INDIANA

#500 Magia indiana
Testi: Moreno Burattini
Disegni: Gallieno Ferri
Marzo 2007; pagine: 94
Con:
ZAGOR: protagonista dell’iniziale e spettacolare appparizione al raduno della cinquecentesima luna alla radura della piccola acqua a Darkwood. Sara’ vittorioso nel finale riuscendo a sconfiggere le proprie paure attraverso la forza di volonta’; quelle paure che la magia indiana di Devil mask aveva evocato.
CICO: osserva dal’alto e ben nascosto assieme ai Sullivan, l’apparizione di zagor al raduno; presenza discreta la sua nel corso della storia, piu’ nelle vesti di prevedibile e didascalico chiosatore che in quelle piu’ comiche e a lui familiari.
TONKA: il fedelissimo capo mohawk compare solo all’inizio al raduno.
MOLTI OCCHI: gran uomo della medicina e organizzatore di trucchi, questa volta fa da spettatore al raduno.
AKENAT: capo dei Wyandot compare pure lui soltanto al raduno.
WINTER SNAKE: celebre capo kiowa pure lui semplice comparsa.
I SULLIVAN: famosi saltimbanco legati alla genesi di zagor come 'spirito con la scure' e qui presenti in veste di organizzatori ed osservatori dell’apparizone spettacolare di zagor.
ICARO LA PLUME: assieme ai Sullivan collabora fattivamente con la sua mongolfiera, alla realizzazione dei trucchi per l’apparizione al raduno di zagor.
KANOXEN: primo nemico della saga e primo a materializzarsi pure negli incubi orditi dalla magia di Devil mask.
MARCUS: celebre uomo pipistrello comparso agli albori della collana, torna anche lui per vendicarsi sempre nel delirio di cui e’ vittima lo Spirito con la Scure.
MOLOK: Mostro creato dal prof. Talbot e inghiottito dalle sabbie mobili nella sua prima apparizione, torna pure lui nell’incubo ordito da Devil mask.
DEVIL MASK: gran cerimoniere di questo centenario, carismatico personaggio sclaviano ossessionato dalla vendetta; che ordisce l’incubo delirante di cui e’ protagonista zagor e muore nel finale ammazzato incidentalmente dai suoi stessi guerrieri.
UOMINI PESCE e WOLFINGHAM: mostri creati appunto dal barone Wolfingham, che partecipano al delirio dello spirito con la scure, sara’ proprio il duello finale con Wolfingham a suggerire a zagor la chiave per sconfiggere le proprie paure e la magia di Devil mask .


Questo centenario vede l’esordio nel numero celebrativo a colori, di Moreno Burattini accompagnato ovviamente dalla presenza fissa in questo tipo di pubblicazione ai disegni: Gallieno Ferri.
Sul forum SCLS la storia ha ottenuto commenti decorosi anche se non proprio esaltanti per via della brevita’ e semplicita’ del racconto, nonche’ per qualche incongruenza grafica e non.

Burattini si produce in un ottimo ed intrigante soggetto, recuperando la figura di Devil mask e imbastendo un’evocativa carrellata di nemici allo scopo di dar corpo vendetta del furioso sakem mascherato; meno efficace la sceneggiatura che si rivela piuttosto debole; ne e’ prova il fatto che la storia scorre via velocissima, quasi come un videogioco, e si rivela alla fine fin troppo semplice.
Sufficiente la caratterizzazione di Cico, anche se dall’autore di innumerevoli special cico, ci si attenderebbe qualcosa di piu’;
al centro della scena ci sono fondamentalmente Zagor e Devil Mask, tutti gli altri personaggi sono appena accennati e fanno da semplice comparsa, peraltro cosa difficilmente evitabile in un centenario celebrativo.

Da parte sua Ferri esegue il solito evocativo lavoro, con irresistibili autocitazioni, anche se mostra talvolta nelle figure dei protagonisti qualche sproporzione.

Buona la copertina di Gallieno Ferri, ma forse fin troppo semplice, un po’ come la storia.
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Zagor, l'eroe nella V centuria
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MessaggioInviato: Dom Mar 11, 2018 12:20 am    Oggetto: Rispondi citando

Cico, l'altro eroe nella V centuria
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